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Storia D'Italia, La vendetta di Didone (433-442) - Ep. 29 (2)

La vendetta di Didone (433-442) - Ep. 29 (2)

Nel frattempo, sembra che la situazione subì un leggero miglioramento anche in Spagna, dove, con la partenza dei Vandali per l'Africa, erano rimasti solo gli Svevi in Galizia a contendere la penisola ai Romani. Gli Svevi avevano provato ad annettersi l'intera penisola, ma Ezio aveva reagito con la solita efficienza. Lo testimonia un altro panegirico di Merobaude, che asserisce che in Spagna, dove prima «più niente era sotto controllo, Ezio, il guerriero vendicatore, ha riaperto la strada un tempo bloccata e ha cacciato il predatore, riconquistando le vie di comunicazione interrotte. La popolazione è potuta ritornare nelle città abbandonate.». Come al solito dobbiamo interpretare la propaganda imperiale: Ezio intervenne sì in Spagna con il suo esercito, ma più per dimostrare la potenza residua di Ravenna che per muovere guerra agli Svevi. Questi si accontentarono di tornare nella loro Galizia, dove fu raggiunto un accordo di coabitazione con i proprietari terrieri Romani, nonostante le pressioni esercitate da alcuni ispano-romani che avrebbero preferito un intervento militare. Ezio non intendeva però perdere preziose risorse e soldati nella riconquista di una provincia poco prospera come la Galizia e si limitò a ripristinare il dominio romano sul resto della Spagna, che ricominciò di nuovo a far affluire entrate fiscali nelle casse dello Stato a Ravenna.

Mentre era impegnato in Spagna, Ezio aveva lasciato la conduzione della guerra contro i Visigoti al suo fedele generale Litorio. Ezio ne aveva avuto abbastanza dell'insolenza con la quale i Visigoti si ribellavano ad ogni momento di difficoltà per Roma, pertanto arrivò al punto di concepire la distruzione della tribù Visigotica per mano degli Unni, come aveva fatto con i Burgundi. Il suo generale Litorio fu inviato a Tolosa ma questa battaglia non fu una replica della saga dei Nibelunghi. Litorio fu sconfitto, catturato e giustiziato da Theoderic I. Ezio si stava preparando ad una nuova spedizione in Aquitania per vendicare il suo generale quando fu costretto a firmare una frettolosa pace con Theoderic e i Visigoti, che ebbero confermato il loro status precedente e il dominio sull'Aquitania: l'intera guerra era stata solo una perdita di tempo e di risorse per entrambi, risorse che avrebbero potuto essere spese altrimenti. Era il 439.

Una nuova realtà per Roma

Nonostante quello di cui parleremo tra poco, ovvero il motivo per il quale Ezio fu costretto a firmare una frettolosa pace con i Visigoti, non si può non notare il successo che ebbe Ezio nel riportare ordine nell'occidente Romano: in 6 anni aveva posto fine alla guerra in Africa, firmando la pace con Genseric, aveva riconquistato il grosso della Gallia e della penisola iberica, aveva sottomesso Franchi, Alani e Alemanni, aveva annientato i Burgundi e dato materiale mitologico per le saghe germaniche, aveva riportato i Visigoti dentro la loro gabbia dell'Aquitania e firmato il primo patto di sempre tra Roma e Svevi di Galizia. Ci era riuscito grazie a due formidabili aiuti esterni che aveva ottenuto grazie alle sue capacità diplomatiche. Ezio aveva mantenuto Valentiniano III sul trono e continuava a rispettare il ruolo di Augusta di Galla Placidia: non assumendo il trono per sé era riuscito a mantenere ottime relazioni con l'oriente, a differenza di Flavio Costanzo e di Stilicone. Queste relazioni erano risultate decisive per la guerra in Africa: Costantinopoli aveva inviato aiuti in Nordafrica per mettere sotto controllo i Vandali. L'alleanza con Costantinopoli era stata cementata dallo splendido matrimonio imperiale tra Valentiniano III e Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II, che venne celebrato a Nuova Roma nel 437. Questo matrimonio era il coronamento di una alleanza matrimoniale che era stata stretta nel lontano 421 da Galla Placidia e Aelia Pulcheria, le formidabili auguste dell'impero, come condizione per mettere Valentiniano III sul trono occidentale con le armi dell'oriente.

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La seconda potenza alla quale Ezio doveva i suoi successi erano ovviamente gli Unni, e qui Ezio aveva un vantaggio fondamentale che è sempre utile ricordare: Ezio aveva vissuto presso gli Unni per anni, li conosceva bene e loro sapevano di potersi fidare di Ezio. La sua personale esperienza con gli Unni gli aveva permesso di comprendere anche a livello empatico i formidabili cavalieri nomadi, permettendogli di stringere un accordo di acciaio con la loro leadership. Ezio aveva utilizzato la potenza militare Unna per sottomettere i riottosi Germani che vivevano dentro l'impero, riportando una parvenza di ordine in un Impero che sembrava sempre di più una sorta di coalizione di popoli germanici armati e di una potente classe di proprietari terrieri romani entrambi sotto l'ombrello della sempre più teorica autorità imperiale Romana.

La vendetta di Didone

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In arancione: l'area conquistata da Genseric nel 439. Le frecce rosse ricostruiscono l'epopea della grande migrazione dei Vandali verso l'Africa del nord

Nonostante tutti questi successi innegabili nel 439 la fortuna di Ezio finalmente incontrò un nemico più forte della sua buona stella: Genseric. Per quattro anni Genseric era rimasto confinato nel suo piccolo dominio in Numidia, ora non poteva non notare come l'autorità imperiale fosse costantemente impegnata in Europa e si curasse sempre meno dell'Africa. È probabile che il grosso delle truppe comitatensi fosse stato spostato in Gallia nelle interminabili guerre che Ezio aveva condotto in quel quadrante e comunque le guarnigioni africane non è che avessero dimostrato di essere irresistibili: sono l'intervento di Costantinopoli aveva fermato Genseric nel 435. Questa volta nessuno riuscirà a fermarlo e il Re dei Vandali e degli Alani, dopo aver annientato le guarnigioni africane, arrivò sotto le mura di Cartagine con tanta velocità che riuscì a prendere la città di Didone senza neanche un assedio. Così, senza neanche combattere, cadde la seconda dell'impero, la chiave del dominio mediterraneo di Roma e la fonte di quello che rimaneva del suo reddito fiscale. E fu subito crisi.

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Va detto che Genseric da subito adottò una politica molto intelligente verso i nordafricani, sfruttando l'indubbio risentimento che covava verso l'amministrazione di Ravenna. Genseric disse sostanzialmente ai suoi nuovi soggetti che era intenzionato a fondare un nuovo Regno, che avrebbe avuto come capitale Cartagine. Non avrebbero più dovuto inviare il ricavato del loro sudore per finanziare l'autorità evanescente di Ravenna che aveva sempre evitato di investire nella loro sicurezza: dove era Ravenna quando i suoi Vandali erano arrivati in Africa? Erano o no consapevoli che era con le loro tasse, con il loro sudore, che Ravenna finanziava le guerre in cui loro non avevano alcun interesse? In sostanza Genseric fece capire agli Africani che Ravenna non li aveva protetti, le armi Vandale lo avrebbero fatto. E come pagamento dei loro servigi i Vandali chiedevano solamente di avere gli introiti e la proprietà delle terre imperiali e dei latifondisti italiani, entrambi proprietari assenteisti e lontani. E si, anche qualche plutocrate locale ebbe le sue terre confiscate, ma non è che la sfortuna di una manciata di latifondisti muovesse a chissà quale compassione i locali.

Le terre confiscate da Genseric come ricompensa per i suoi sudditi Vandali erano concentrate attorno a Cartagine, mentre i piccoli e grandi proprietari terrieri del resto del regno ebbero i loro diritti alla terra confermati: va da sé che a lavorare i campi sarebbero stati sempre i miseri coloni semiliberi che li lavoravano un tempo, per loro nulla cambiava. Solo, in alcuni casi, il nome del loro padrone. Genseric si ingraziò le leadership locali riducendogli il peso fiscale, migliorandone la sicurezza e inviando la bolletta a Ravenna e agli italiani: i grandi senatori italici ebbero all'improvviso il loro reddito devastato e le autorità imperiali non poterono più contare su quel fantastico residuo fiscale nordafricano che finanziava la macchina statale. Se volete sapere quale fu l'anno in cui l'Impero Romano d'occidente divenne irrimediabilmente ingestibile e instabile, bè questo è il 439

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Cartagine romana

La crisi del '39

La risposta di Ravenna da il senso del panico: nel 440 una serie di leggi furono emanate dalla corte per far fronte alla crisi. Il 3 marzo i mercanti dell'impero d'oriente ottennero una licenza speciale per rifornire Roma, Ezio voleva garantire che la popolazione non morisse di fame mentre si imbastiva la spedizione per riconquistare l'africa. Il 20 marzo una legge richiamava le reclute ad arruolarsi minacciando le più severe punizioni a chi avesse nascosto un disertore. Una terza legge, il 24 giugno, autorizzava la popolazione civile a portare le armi in pubblico: cito “non è del tutto certo, date le opportunità offerte alla navigazione dall'estate, su quali coste potrebbero approdare le navi nemiche”.

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Eh sì, perché la paura più grande di Ezio era un assalto all'Italia via mare: prendendo Cartagine infatti i Vandali non si erano impadroniti solamente del grano che sfamava l'Italia e del reddito necessario a finanziare gli esercito dell'occidente. Si erano impadroniti di una grande flotta e di una città con cantieri capaci di sfornarne una ancora più grande e in breve tempo. Per la prima volta dalla fine della prima guerra Punica nel 241 avanti cristo, quasi 700 anni prima, Roma non era padrona del mediterraneo: il Mare Nostrum non era più un lago Romano. L'ironia della sorte era che questo avveniva per mano proprio della città che era stata sconfitta 700 anni prima: Didone sarebbe stata fiera di Genseric.

Genseric non deluse Ezio e una serie di attacchi colpì l'Italia, in particolare la Sicilia dove la città di Palermo fu posta sotto assedio. L'ora era buia ma Ezio non dormiva. Durante l'inverno i suoi ambasciatori si erano recati nell'unico posto che aveva le risorse e la flotta per combattere i Vandali: Nuova Roma. Alla corte di Teodosio II era stato fatto presente che i Vandali a Cartagine ponevano un rischio enorme alla stabilità dell'intero mondo mediterraneo: se avessero trasformato Cartagine in un covo di pirati la navigazione e i commerci ne avrebbero risentito in modo terminale. Inoltre poteva assicurare Costantinopoli la sicurezza dell'Egitto con i Vandali a Cartagine? L'Egitto era la fonte del grano e delle rendite per l'oriente quanto il Maghreb lo era stato per l'occidente e Costantinopoli non poteva permettere che alcun rischio venisse alla sua gallina dalle uova d'oro. L'alleanza fu stretta e le corti riunite dell'Impero si decisero ad una colossale spedizione verso l'Africa, una spedizione che avrebbe distrutto il nuovo regno Vandalo.

Riprendere Cartagine

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Circo di Cartagine

L'invincibile armata iniziò a radunarsi in Sicilia nel tardo 440 e ne abbiamo eco nella legge succitata del giugno 440. La legge che aveva promesso agli Inglesi lacrime e sangue, sapendo che un giorno la potenza del nuovo mondo sarebbe venuta in soccorso del vecchio…ah no, scusate, quello era Churchill. No Ezio fece scrivere che oltre i mesi di sofferenza che avevano di fronte c'era l'alba di una speranza. Nella legge è infatti scritto: “l'esercito dell'invincibilissimo imperatore Teodosio arriverà presto e l'eccellentissimo patrizio Ezio sarà qui ad attenderlo con un grande esercito”.

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L'invincibile armata orientale era composta da 1100 navi e probabilmente almeno 40-50 mila uomini comandati da ben cinque Magister Militum, sostanzialmente l'intero alto comando orientale. Per mettere su la spedizione l'intera frontiera Danubiana era stata sguarnita e Costantinopoli aveva messo su un immenso sforzo economico e logistico per trasportare tutti questi uomini, e i rifornimenti necessari a sfamarli, verso la Sicilia. Tutto era pronto per il grande salto verso l'Africa.

Eppure nel 441 non ci fu nessuna grande battaglia navale, nessuno sbarco in Africa e Genseric mantenne il suo trono: anzi, nel 442 l'impero d'occidente fu costretto a firmare una umiliante pace con il Re dei Vandali e degli Alani. Genseric era riconosciuto Re socio e amico di Roma e il suo dominio sul cuore del Nordafrica veniva confermato, inclusa la città di Cartagine. A Roma tornavano la Mauritania e la Numidia, comunque di minor valore. Genseric si impegnava a continuare ad inviare spedizioni di grano in Italia, anche se avrebbe potuto tagliare in qualunque momento le spedizioni, da questo momento Genseric poteva dire di avere una spada puntata alla gola di Roma. Ovviamente Ravenna poteva scordarsi invece il flusso costante di cassa, in forma di tasse, che Cartagine un tempo aveva versato all'impero. Ciliegina sulla torta: l'erede di Genseric – Huneric – sarebbe venuto a Roma in qualità di ostaggio ma con la promessa di matrimonio con una delle figlie di Valentiniano III, inserendo quindi la casa di Genseric nella successione al trono imperiale, qualcosa che era stata anatema solo pochi anni prima, ai tempi di Galla Placidia e Athaulf.

La vendetta di Didone (433-442) - Ep. 29 (2) Die Rache der Dido (433-442) - Ep. 29 (2) Dido's Revenge (433-442) - Ep. 29 (2) La venganza de Dido (433-442) - Ep. 29 (2) A Vingança de Dido (433-442) - Ep. 29 (2)

Nel frattempo, sembra che la situazione subì un leggero miglioramento anche in Spagna, dove, con la partenza dei Vandali per l'Africa, erano rimasti solo gli Svevi in Galizia a contendere la penisola ai Romani. Gli Svevi avevano provato ad annettersi l'intera penisola, ma Ezio aveva reagito con la solita efficienza. Lo testimonia un altro panegirico di Merobaude, che asserisce che in Spagna, dove prima «più niente era sotto controllo, Ezio, il guerriero vendicatore, ha riaperto la strada un tempo bloccata e ha cacciato il predatore, riconquistando le vie di comunicazione interrotte. La popolazione è potuta ritornare nelle città abbandonate.». Come al solito dobbiamo interpretare la propaganda imperiale: Ezio intervenne sì in Spagna con il suo esercito, ma più per dimostrare la potenza residua di Ravenna che per muovere guerra agli Svevi. Questi si accontentarono di tornare nella loro Galizia, dove fu raggiunto un accordo di coabitazione con i proprietari terrieri Romani, nonostante le pressioni esercitate da alcuni ispano-romani che avrebbero preferito un intervento militare. Ezio non intendeva però perdere preziose risorse e soldati nella riconquista di una provincia poco prospera come la Galizia e si limitò a ripristinare il dominio romano sul resto della Spagna, che ricominciò di nuovo a far affluire entrate fiscali nelle casse dello Stato a Ravenna.

Mentre era impegnato in Spagna, Ezio aveva lasciato la conduzione della guerra contro i Visigoti al suo fedele generale Litorio. Ezio ne aveva avuto abbastanza dell'insolenza con la quale i Visigoti si ribellavano ad ogni momento di difficoltà per Roma, pertanto arrivò al punto di concepire la distruzione della tribù Visigotica per mano degli Unni, come aveva fatto con i Burgundi. Il suo generale Litorio fu inviato a Tolosa ma questa battaglia non fu una replica della saga dei Nibelunghi. Litorio fu sconfitto, catturato e giustiziato da Theoderic I. Ezio si stava preparando ad una nuova spedizione in Aquitania per vendicare il suo generale quando fu costretto a firmare una frettolosa pace con Theoderic e i Visigoti, che ebbero confermato il loro status precedente e il dominio sull'Aquitania: l'intera guerra era stata solo una perdita di tempo e di risorse per entrambi, risorse che avrebbero potuto essere spese altrimenti. Era il 439.

Una nuova realtà per Roma

Nonostante quello di cui parleremo tra poco, ovvero il motivo per il quale Ezio fu costretto a firmare una frettolosa pace con i Visigoti, non si può non notare il successo che ebbe Ezio nel riportare ordine nell'occidente Romano: in 6 anni aveva posto fine alla guerra in Africa, firmando la pace con Genseric, aveva riconquistato il grosso della Gallia e della penisola iberica, aveva sottomesso Franchi, Alani e Alemanni, aveva annientato i Burgundi e dato materiale mitologico per le saghe germaniche, aveva riportato i Visigoti dentro la loro gabbia dell'Aquitania e firmato il primo patto di sempre tra Roma e Svevi di Galizia. Ci era riuscito grazie a due formidabili aiuti esterni che aveva ottenuto grazie alle sue capacità diplomatiche. Ezio aveva mantenuto Valentiniano III sul trono e continuava a rispettare il ruolo di Augusta di Galla Placidia: non assumendo il trono per sé era riuscito a mantenere ottime relazioni con l'oriente, a differenza di Flavio Costanzo e di Stilicone. Queste relazioni erano risultate decisive per la guerra in Africa: Costantinopoli aveva inviato aiuti in Nordafrica per mettere sotto controllo i Vandali. L'alleanza con Costantinopoli era stata cementata dallo splendido matrimonio imperiale tra Valentiniano III e Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II, che venne celebrato a Nuova Roma nel 437. Questo matrimonio era il coronamento di una alleanza matrimoniale che era stata stretta nel lontano 421 da Galla Placidia e Aelia Pulcheria, le formidabili auguste dell'impero, come condizione per mettere Valentiniano III sul trono occidentale con le armi dell'oriente.

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La vendetta di Didone

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In arancione: l'area conquistata da Genseric nel 439. Le frecce rosse ricostruiscono l'epopea della grande migrazione dei Vandali verso l'Africa del nord

Nonostante tutti questi successi innegabili nel 439 la fortuna di Ezio finalmente incontrò un nemico più forte della sua buona stella: Genseric. Per quattro anni Genseric era rimasto confinato nel suo piccolo dominio in Numidia, ora non poteva non notare come l'autorità imperiale fosse costantemente impegnata in Europa e si curasse sempre meno dell'Africa. È probabile che il grosso delle truppe comitatensi fosse stato spostato in Gallia nelle interminabili guerre che Ezio aveva condotto in quel quadrante e comunque le guarnigioni africane non è che avessero dimostrato di essere irresistibili: sono l'intervento di Costantinopoli aveva fermato Genseric nel 435. Questa volta nessuno riuscirà a fermarlo e il Re dei Vandali e degli Alani, dopo aver annientato le guarnigioni africane, arrivò sotto le mura di Cartagine con tanta velocità che riuscì a prendere la città di Didone senza neanche un assedio. Così, senza neanche combattere, cadde la seconda dell'impero, la chiave del dominio mediterraneo di Roma e la fonte di quello che rimaneva del suo reddito fiscale. E fu subito crisi.

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Va detto che Genseric da subito adottò una politica molto intelligente verso i nordafricani, sfruttando l'indubbio risentimento che covava verso l'amministrazione di Ravenna. Genseric disse sostanzialmente ai suoi nuovi soggetti che era intenzionato a fondare un nuovo Regno, che avrebbe avuto come capitale Cartagine. Non avrebbero più dovuto inviare il ricavato del loro sudore per finanziare l'autorità evanescente di Ravenna che aveva sempre evitato di investire nella loro sicurezza: dove era Ravenna quando i suoi Vandali erano arrivati in Africa? Erano o no consapevoli che era con le loro tasse, con il loro sudore, che Ravenna finanziava le guerre in cui loro non avevano alcun interesse? In sostanza Genseric fece capire agli Africani che Ravenna non li aveva protetti, le armi Vandale lo avrebbero fatto. E come pagamento dei loro servigi i Vandali chiedevano solamente di avere gli introiti e la proprietà delle terre imperiali e dei latifondisti italiani, entrambi proprietari assenteisti e lontani. E si, anche qualche plutocrate locale ebbe le sue terre confiscate, ma non è che la sfortuna di una manciata di latifondisti muovesse a chissà quale compassione i locali.

Le terre confiscate da Genseric come ricompensa per i suoi sudditi Vandali erano concentrate attorno a Cartagine, mentre i piccoli e grandi proprietari terrieri del resto del regno ebbero i loro diritti alla terra confermati: va da sé che a lavorare i campi sarebbero stati sempre i miseri coloni semiliberi che li lavoravano un tempo, per loro nulla cambiava. Solo, in alcuni casi, il nome del loro padrone. Genseric si ingraziò le leadership locali riducendogli il peso fiscale, migliorandone la sicurezza e inviando la bolletta a Ravenna e agli italiani: i grandi senatori italici ebbero all'improvviso il loro reddito devastato e le autorità imperiali non poterono più contare su quel fantastico residuo fiscale nordafricano che finanziava la macchina statale. Se volete sapere quale fu l'anno in cui l'Impero Romano d'occidente divenne irrimediabilmente ingestibile e instabile, bè questo è il 439

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Cartagine romana

La crisi del '39

La risposta di Ravenna da il senso del panico: nel 440 una serie di leggi furono emanate dalla corte per far fronte alla crisi. Il 3 marzo i mercanti dell'impero d'oriente ottennero una licenza speciale per rifornire Roma, Ezio voleva garantire che la popolazione non morisse di fame mentre si imbastiva la spedizione per riconquistare l'africa. Il 20 marzo una legge richiamava le reclute ad arruolarsi minacciando le più severe punizioni a chi avesse nascosto un disertore. Una terza legge, il 24 giugno, autorizzava la popolazione civile a portare le armi in pubblico: cito “non è del tutto certo, date le opportunità offerte alla navigazione dall'estate, su quali coste potrebbero approdare le navi nemiche”.

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Genseric non deluse Ezio e una serie di attacchi colpì l'Italia, in particolare la Sicilia dove la città di Palermo fu posta sotto assedio. L'ora era buia ma Ezio non dormiva. Durante l'inverno i suoi ambasciatori si erano recati nell'unico posto che aveva le risorse e la flotta per combattere i Vandali: Nuova Roma. Alla corte di Teodosio II era stato fatto presente che i Vandali a Cartagine ponevano un rischio enorme alla stabilità dell'intero mondo mediterraneo: se avessero trasformato Cartagine in un covo di pirati la navigazione e i commerci ne avrebbero risentito in modo terminale. Inoltre poteva assicurare Costantinopoli la sicurezza dell'Egitto con i Vandali a Cartagine? L'Egitto era la fonte del grano e delle rendite per l'oriente quanto il Maghreb lo era stato per l'occidente e Costantinopoli non poteva permettere che alcun rischio venisse alla sua gallina dalle uova d'oro. L'alleanza fu stretta e le corti riunite dell'Impero si decisero ad una colossale spedizione verso l'Africa, una spedizione che avrebbe distrutto il nuovo regno Vandalo.

Riprendere Cartagine

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Circo di Cartagine

L'invincibile armata iniziò a radunarsi in Sicilia nel tardo 440 e ne abbiamo eco nella legge succitata del giugno 440. La legge che aveva promesso agli Inglesi lacrime e sangue, sapendo che un giorno la potenza del nuovo mondo sarebbe venuta in soccorso del vecchio…ah no, scusate, quello era Churchill. No Ezio fece scrivere che oltre i mesi di sofferenza che avevano di fronte c'era l'alba di una speranza. Nella legge è infatti scritto: “l'esercito dell'invincibilissimo imperatore Teodosio arriverà presto e l'eccellentissimo patrizio Ezio sarà qui ad attenderlo con un grande esercito”.

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L'invincibile armata orientale era composta da 1100 navi e probabilmente almeno 40-50 mila uomini comandati da ben cinque Magister Militum, sostanzialmente l'intero alto comando orientale. Per mettere su la spedizione l'intera frontiera Danubiana era stata sguarnita e Costantinopoli aveva messo su un immenso sforzo economico e logistico per trasportare tutti questi uomini, e i rifornimenti necessari a sfamarli, verso la Sicilia. Tutto era pronto per il grande salto verso l'Africa.

Eppure nel 441 non ci fu nessuna grande battaglia navale, nessuno sbarco in Africa e Genseric mantenne il suo trono: anzi, nel 442 l'impero d'occidente fu costretto a firmare una umiliante pace con il Re dei Vandali e degli Alani. Genseric era riconosciuto Re socio e amico di Roma e il suo dominio sul cuore del Nordafrica veniva confermato, inclusa la città di Cartagine. A Roma tornavano la Mauritania e la Numidia, comunque di minor valore. Genseric si impegnava a continuare ad inviare spedizioni di grano in Italia, anche se avrebbe potuto tagliare in qualunque momento le spedizioni, da questo momento Genseric poteva dire di avere una spada puntata alla gola di Roma. Ovviamente Ravenna poteva scordarsi invece il flusso costante di cassa, in forma di tasse, che Cartagine un tempo aveva versato all'impero. Ciliegina sulla torta: l'erede di Genseric – Huneric – sarebbe venuto a Roma in qualità di ostaggio ma con la promessa di matrimonio con una delle figlie di Valentiniano III, inserendo quindi la casa di Genseric nella successione al trono imperiale, qualcosa che era stata anatema solo pochi anni prima, ai tempi di Galla Placidia e Athaulf.