×

We use cookies to help make LingQ better. By visiting the site, you agree to our cookie policy.


image

What's Up Economy, La questione meridionale dal 1861 al 1945

La questione meridionale dal 1861 al 1945

Ma bentornati su What's Up Economy e sulla seconda puntata della questione meridionale,

che si occuperà del periodo tra il 1861 e il 1945.

E se non vi ricordate la puntata precedente, eccovi un breve riassunto.

Insomma, sappiamo come è andata a finire.

C'è stato un vincitore e un vinto nel film, ma nell'Italia del 1861?

Beh, purtroppo no.

In economia, infatti, molte volte l'unione non fa la forza.

Soprattutto se questa unione non è supportata da una classe borghese o dovuta ad un'accumulazione

di ricchezza privata.

Entrambi elementi che fecero scattare la prima rivoluzione industriale in Inghilterra 100

anni prima, ma che nel contesto italiano totalmente assenti.

L'unificazione era semplicemente imposta dall'alto e chi era convinto a quel tempo

che bastava questo elemento per risolvere i problemi sia del Regno delle Due Sicilie

che il Regno di Sardegna, beh, si dovette ricredere subito dopo.

Infatti ci siamo lasciati con due stati completamente diverse che puntavano a direzioni opposte.

Infatti, al nord c'era una bozza di tessuto produttivo industriale, mentre al sud si erano

rimasti fermi all'agricoltura.

Ma perché questo è un problema?

Alla fine, zappare la terra, respirare aria pulita, mantenere i sani valori contadini...

Cioè, alla fine non è una brutta vita, no?

Beh, purtroppo no.

E questo è spiegabile con il concetto di valore aggiunto.

Se riusciamo a capire questa cosa, capiamo tutto del video, eh?

Mi raccomando, quindi concentrati.

Con l'avvento del capitalismo ogni persona deve commerciare beni o servizi con altre

persone per sopravvivere.

Per farlo deve quindi aprirsi un'attività, che comporta comprare materiali, personale

e altre robe.

In sostanza, deve sostenere dei costi per svolgere il suo lavoro.

Ma deve anche viverci con il suo lavoro, quindi dovrà avere dei ricavi, che normalmente

sono maggiori dei costi.

E allora cosa c'è tra costi e ricavi?

Beh, il valore aggiunto.

Questa simpatica animazione, se vista a livello nazionale, può essere considerato il pil

di una nazione.

Quindi, più valore aggiunto uguale a più pil.

Quindi, più ricchezza.

Niente di più facile.

Adesso ci rimane da rispondere ad un'ultima domanda, e cioè, il valore aggiunto è uguale

a prescindere dall'attività che io svolgo?

La risposta è no, purtroppo.

Il valore aggiunto dipende da azienda a azienda e da settore a settore.

Poca tecnologia, poca innovazione, prodotti facilmente copiabili fanno alzare i costi

diminuendo il valore aggiunto, mentre persone specializzate, tecniche produttive innovative

e prodotti complessi alzano i ricavi e aumentano il valore aggiunto.

Quindi tra industria e agricoltura, chi ha il valore aggiunto più alto?

Beh, ormai lo dovresti aver capito, però vediamo un po' di dati giusto per sicurezza.

Questo è il valore aggiunto tra i diversi settori tra il 1990 e il 2017.

Purtroppo non abbiamo dati posteriori al 1990, ma sappiamo che le persone sono spinte a cercare

guadagni sempre maggiori, quindi investono naturalmente nei settori con più alto valore

aggiunto.

E infatti questa tesi è confermata dai dati.

Dal 1861 al 2010 i lavoratori si sono spostati in massa dall'agricoltura all'industria e

ai servizi.

Settori dove appunto il valore aggiunto è più alto.

Quindi il Sud, sia durante il regno dei Borboni, ma anche dopo l'unità, si specializzò

in un settore a basso valore aggiunto e quindi a bassa ricchezza, ma in più piove sul bagnato.

Infatti il settore agricolo si può dividere in due tipi di produzione.

La produzione agricola estensiva e la produzione agricola intensiva.

E la prima ha un valore aggiunto inferiore rispetto alla seconda.

Indovinate qual era il metodo di produzione più diffuso nel mezzogiorno all'unità?

Beh, sì.

Purtroppo l'estensiva.

La specializzazione nell'agricoltura e non solo anche la scelta del metodo produttivo

meno efficiente non è un caso, bensì è dovuta alla di fondisti, che vivendo di rendita

delle proprie terre non erano spinti né a cambiare produzione verso una produzione industriale,

ma neanche ad innovare e migliorare il settore agricolo.

E attenzione che queste sono solo le condizioni di partenza, quindi niente scuse sul settentrone

c'è rubato le industrie o settentrone sfruttatore eccetera eccetera, non hanno alcun senso.

Tutte queste conseguenze nefaste sono dovute ad una amministrazione pubblica e a una borghesia

privata ferma al 1700 e non propensa all'innovazione.

Quindi sono tutte cause interne al meridione.

Ma proseguiamo il nostro cammino lungo la storia, anche se, ve lo dico, sarà un bagno

di sangue.

In unità si susseguono sei periodi storici.

Governi di destra storica, governi di sinistra storica, età giolittiana, prima guerra mondiale,

fascismo e seconda guerra mondiale.

Ma andiamo per ordine, fino alla fine del 1800 non succede nulla di particolare e questo

si può vedere anche dalla crescita del Pile e degli divari regionali, tutto molto stazionario.

Ma qualche fatto citiamolo perché non ci fa male.

L'unificazione prosegue imponendo la lira su tutta la penisola e anche accentrando fortemente

i poteri amministrativi, lasciando poca autonomia alle amministrazioni locali.

Un altro elemento che ci dice come questa unificazione fu imposta dall'alto.

Cercando di aumentare il mercato su tutta la penisola si decise di togliere tutti i

tazzi appartenenti prima al regno delle due Sicilie.

Questo fu un elemento che fece implodere le poche imprese, soprattutto all'interno della

campagna.

Forse è da qui che nasce il mito per cui il settentrionale ha rubato le imprese dal

meridione.

Non ne sono sicuro, è una mia ipotesi.

Però questo evento lo vorrei analizzare in maniera differente.

E cioè, forse è vero che magari lo Stato ha preso una decisione troppo netta nel togliere

tutti i tazzi tutti in una volta.

E quindi un po' di responsabilità ce l'ha sicuramente.

Però perché non sottolineare anche un tessuto imprenditoriale molto fragile che senza i

tazzi non riesce a sopravvivere all'interno di un mercato?

Quindi diciamo che le colpe sono un po' bilanciate.

Fuono costruite molte infrastrutture pubbliche sia al nord che al sud, ma queste venivano

finanziate tramite delle tasse, soprattutto indirette, cioè che colpivano maggiormente

i poveri.

E poi arriva la sinistra storica che dà una svolta.

Aumenta la spesa pubblica in deficit e interviene maggiormente nell'economia.

E qui si vedono i primi intrallazi tra pubblico e privato che tuttora ci portiamo sul groppone

come un aspetto negativo dell'economia italiana.

Grazie a questi interventi un miglioramento nell'economia italiana ci fu, anche se nulla

di eccezionale.

E per quanto riguarda la questione meridionale, oltre a concedere nuova autonomia alle amministrazioni

locali non ci fu nulla di più.

Occhio però nella lettura di questo grafico.

Se i punti salgono o scendono non vuol dire che il PIL diminuisce, ma che si sta allontanando

dalla media nazionale che è posta pari a 100.

Quindi in questo periodo il sud si sta arricchendo ma molto meno rispetto al nord.

Una cosa interessante in realtà in questi anni accade, cioè nel 1888, anno in cui venne

reso obbligatorio il vaccino per il vagliolo.

E indovinate chi rimase indietro?

Ecco.

Gli amministratori locali e gli addetti sanitari si accorsero che, dopo il vaccino, alcuni pazienti

morivano comunque.

Così nacquero gli antivaccinisti, che permisero alla malattia di sopravvivere più del dovuto,

soprattutto nel meridione.

Ovviamente il vaccino sui grandi numeri funzionava eccome, però ormai sappiamo come funzionano

le persone, sono spaventate dagli ignoto e si difendono come possono.

Per fortuna però, nell'era dell'informazione, oggi di questi problemi non ne abbiamo.

Vero?

E se vi dicessi che la globalizzazione che noi tutti conosciamo, cioè quella che parte

dal 1980, non fu la prima nel mondo?

Ebbene sì, perché grazie alla seconda rivoluzione industriale ci fu una vera prima globalizzazione

che va a cavallo tra il 1800 e il 1900.

E come epoca forse è conosciuta meglio come Belle Epoque.

Ah, la Belle Epoque.

La Torre Eiffel, la Ville Lumière, la baguette, Ville Lumière, Ville Lumière.

La globalizzazione aiutò l'Italia a crescere.

Vennero importati nuovi capitali e nuova tecnologia dall'estero.

Insieme all'intervento pubblico ancora più massiccio e all'introduzione di dazi nei

settori strategici, fecero finalmente scattare il progresso economico italiano, che in Inghilterra

130 anni prima arrivò dal settore privato.

Lo Stato italiano intervenne in diversi modi tra le varie regioni.

In Lombardia la crescita fu più capitalista in senso stretto, con una classe dirigente

attiva e poco intervento statale.

In Liguria fu tutto l'opposto, grande intervento statale ma poca flora imprenditoriale.

In Piemonte ci fu una crescita mista.

E così si formò il famoso triangolo industriale del Nord.

Nel Sud ci fu un primo piano industriale nel 1904, soprattutto in Campania, che però

poi si voleva espandere su tutto il meridione.

Peccato però che questa iniziativa trovò forti resistenze locali, che erano profondamente

legate all'agricoltura e all'atifondismo, e quindi del progresso interessava veramente

poco.

Quindi alla fine ci fu nulla di fatto.

Prima di catapultarci verso il fascismo, vediamo un po' lo stato dell'arte e dell'istruzione

in età liberale.

Questo aspetto è importante perché persone non istruite non riescono ad adottare nuove

tecnologie, che come abbiamo visto aumentano il valore aggiunto di uno stato, quindi il

PIL.

Andiamo a vedere due grafici, perché a noi i grafici piacciono.

Tasto di alfabetizzazione e tasto di iscrizione scolastica dal 1871 al 1911.

La convergenza sembra minima.

Spostiamo i grafici dal 1871 al 1951 e vediamo cosa succede.

Dal 1911 in poi il tasto di convergenza sembra molto superiore rispetto agli anni precedenti.

Ma perché succede ciò?

Questa differenza è dovuta ad una legge del 1911, in particolare alla legge Danio-Credaro.

Praticamente ci fu uno spostamento delle competenze sull'istruzione dalle amministrazioni locali

allo stato centrale.

Da questo sollevamento degli incarichi la popolazione del meridione ne beneficiò ampiamente.

Ma perché il sud non investiva abbastanza in istruzione?

Era forse perché lo stato non dava pochi soldi?

O forse perché il settentrione si mangiava i soldi del meridione?

Beh, nulla di tutto ciò.

Ritorniamo sempre al solito motivo.

Dati fondisti e amministrazioni locali erano a rifrattare al progresso.

Infatti ai padroni del sud interessava la terra e la sua coltivazione.

E che gli agricoltori fossero istruiti o meno interessava il giusto.

Anzi, se fossero stati istruiti ci sarebbero state molte più probabilità che gli agricoltori

se ne andavano dalle terre per andare verso occupazioni più redditizie.

E quindi l'istruzione diventava uno svantaggio per le rendite dei dati fondisti.

Però fino al 1911, quando il dovere di istruzione passò dalle amministrazioni locali allo stato,

stato che a quel punto non aveva alcun interesse di difendere le posizioni dei dati fondisti,

e quindi ricominciarono a investire nell'istruzione.

E come vediamo dai grafici, l'intera popolazione del sud ne beneficiò con una elevata convergenza.

Anche se sappiamo che il tasso di analfabetismo e il tasso di iscrizione scolastica

non sono tutto per vedere se una persona è sufficientemente istruita o meno,

ma bisogna vedere anche la qualità dell'istruzione.

Qualità che al sud è sempre stata inferiore rispetto al nord, purtroppo.

Da questi e altri esempi che non vi cito per il vostro bene,

l'impressione è che il sud si comporti come un bambino.

Mamma settentrone gli dà il giochino, ma subito dopo è costretta a toglierlo per il suo stesso bene.

Nonostante l'Italia abbia avuto un buon progresso economico durante tutta l'età giolittiana,

comunque la ricchezza italiana rimane relativamente più bassa rispetto a tutte le altre nazioni europee.

Quindi non solo c'è una questione meridionale nazionale,

ma c'è anche una questione meridionale internazionale tra Italia e Europa.

E così entriamo nella prima guerra mondiale.

Per entrare in guerra però c'è bisogno di una riconversione dell'industria civile in bellica.

Così si indirizzarono nuovi finanziamenti verso il triangolo industriale del nord.

Finisce la grande guerra e c'è una nuova riconversione delle industrie belliche in civili,

quindi altri finanziamenti tutti rivolti verso il triangolo industriale del nord.

Insomma, ridendo e sterminando, arriviamo al fascismo.

Che che se ne dica, anche i regimi più totalitari hanno bisogno di consenso

e il regime fascista va a trovarlo negli industriali al nord e nei latifondisti al sud.

Ai primi blocca la concorrenza esterna preservando le loro rendite,

ostacolando quel minimo di progresso tecnologico che si era affacciato in Italia da 30 anni a quella parte.

Mentre per i latifondisti preparò la prima battaglia del regime,

e cioè la battaglia del grano nel 1925.

Con battaglia del grano potremmo pensare che Mussolini si sia finalmente deciso a dare battaglia alle latifondisti

che fino a quel momento avevano posto un grande freno al progresso tecnologico, soprattutto in meridione.

Beh, purtroppo non è così.

Infatti la battaglia del grano incentivava la produzione di grano all'interno della penisola italiana,

soprattutto nel meridione.

Peccato però che il grano è una forma di produzione agricola estensiva,

che come sappiamo è a basso valore aggiunto.

Mentre il settore agricolo del nord si specializzò su agricolture intensive, quindi con un più alto valore aggiunto.

E già qui vediamo che ci sono i primi problemi.

Nonostante il popolo invisibilio dopo il discorso di Mussolini,

quell'atto condannò una volta per tutte il meridione a uno stato di regressione

fino alla fine della seconda guerra mondiale.

E già che ci siamo sfatiamo un altro mito per quanto riguarda la bonifica dei territori, soprattutto al sud.

L'intervento purtroppo non è che ebbe così tanti benefici all'interno dell'economia italiana.

Nel frattempo le infrastrutture e le imprese finanziate dallo stato si concentrano soprattutto al nord,

in particolar modo nel triangolo industriale Torino-Milano-Genova.

In più, idee di autarchia vanno sempre più piede all'interno del regime.

Quindi con il fascismo pian piano la penisola si spacca.

Al nord imprese di grande produzione e soprattutto con alto valore aggiunto,

mentre il sud doveva fornire il pane, come ha detto lui stesso, per tutta la nazione.

Le cose si aggravano sempre più passa il tempo, fino ad arrivare alla guerra d'Etiopo nel 35-36,

dove c'è un completo isolamento a livello internazionale,

e quindi la tanta auspicata economia autarchica avviene.

Mentre il sud, e in particolare l'agricoltura, viveva di esportazioni,

e quindi aver chiuso tutti i canali verso l'estero, improverì ancora di più il settore agricolo.

In più le forti politiche per l'aumento delle nascite, promosse da Mussolini, aumentarono le bocche da sfamare,

e quindi aumentarono anche la povertà all'interno delle regioni del sud.

Nel 36 la composizione economica dell'Italia era la seguente.

Erano al nord il 66,6% delle industrie alimentari, il 91,5% delle industrie metallurgiche,

il 92,7% delle meccaniche, l'85,9% delle chimiche, il 90,1% delle tessili.

Ma come era possibile tutto ciò?

Un uomo così intelligente come Mussolini non si stava accorgendo che stava facendo dei veri e propri disastri nel meridione.

Beh, dobbiamo vedere due elementi per inquadrare meglio la situazione.

La cosiddetta questione meridionale entra come termine all'interno dell'enciclopedia Tre Cani nel 1935,

quindi diciamo con un leggero ritardo.

Beh, Mussolini ebbe subito da ridire per quanto riguarda la questione meridionale.

Quindi possiamo vedere il totale distaccamento di Mussolini dalla realtà,

e possiamo vedere anche due altri clip che ce lo confermano.

Il vecchio governo aveva inventato per non risolvere mai la cosiddetta questione meridionale.

Non esistono questioni settentrionali o meridionali.

Esistono questioni nazionali.

Poiché la nazione è una famiglia, e in questa famiglia non ci devono essere digni privilegiati e digni terenisti.

Ed è così che si entrò nella Seconda Guerra Mondiale, di nuovo aumentando i finanziamenti per le industrie del settentrione,

proprio per la riconversione di queste industrie da civili in belliche.

Quindi di nuovo isolando totalmente la questione meridionale.

Però la situazione internazionale dal 14 non cambia, infatti nel 39 l'Italia era ancora una delle economie più arretrate a livello europeo e anche mondiale.

E così entriamo in guerra, la perdiamo, e dal 45 l'Italia esce praticamente in ginocchio.

Ed è proprio grazie a queste politiche fasciste che nel 1951 si crea il picco più alto tra il nord e il sud a livello economico, dal 1861 ad oggi.

Ultima nota per quanto riguarda la criminalità organizzata.

Infatti in tutta l'età liberale si istituzionalizza, anche se dobbiamo dire che durante il fascismo ebbe tempi duri,

anche se Mussolini non riuscì ad abbattere completamente tutte queste organizzazioni.

E niente, io avrei anche finito qui, ci vediamo al prossimo episodio della questione meridionale,

spero che tutto questo sia stato interessante, a me ha messo un sacco di tristezza, però non so voi.

Ci vediamo al prossimo episodio, ciao!

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS


La questione meridionale dal 1861 al 1945 Die Südstaatenfrage von 1861 bis 1945 The southern question from 1861 to 1945 La cuestión del Sur de 1861 a 1945 La question du Sud de 1861 à 1945 1861年から1945年までの南部問題 Kwestia południowa w latach 1861-1945 A questão meridional de 1861 a 1945 1861'den 1945'e Güney Sorunu 1861年至1945年的南方问题

Ma bentornati su What's Up Economy e sulla seconda puntata della questione meridionale, But welcome back to What's Up Economy and the second installment of the Southern Question, What's Up Economy'ye ve Güney sorusunun ikinci bölümüne tekrar hoş geldiniz,

che si occuperà del periodo tra il 1861 e il 1945. which will cover the period between 1861 and 1945. 1861-1945 yılları arasındaki dönemi ele alacak.

E se non vi ricordate la puntata precedente, eccovi un breve riassunto. And if you do not remember the previous episode, here is a brief summary.

Insomma, sappiamo come è andata a finire. In short, we know how it turned out.

C'è stato un vincitore e un vinto nel film, ma nell'Italia del 1861? There was a winner and a loser in the film, but in the Italy of 1861?

Beh, purtroppo no.

In economia, infatti, molte volte l'unione non fa la forza. Indeed, in economics, many times union does not make strength.

Soprattutto se questa unione non è supportata da una classe borghese o dovuta ad un'accumulazione Especially if this union is not supported by a bourgeois class or due to accumulation

di ricchezza privata.

Entrambi elementi che fecero scattare la prima rivoluzione industriale in Inghilterra 100

anni prima, ma che nel contesto italiano totalmente assenti.

L'unificazione era semplicemente imposta dall'alto e chi era convinto a quel tempo

che bastava questo elemento per risolvere i problemi sia del Regno delle Due Sicilie

che il Regno di Sardegna, beh, si dovette ricredere subito dopo.

Infatti ci siamo lasciati con due stati completamente diverse che puntavano a direzioni opposte.

Infatti, al nord c'era una bozza di tessuto produttivo industriale, mentre al sud si erano

rimasti fermi all'agricoltura.

Ma perché questo è un problema?

Alla fine, zappare la terra, respirare aria pulita, mantenere i sani valori contadini...

Cioè, alla fine non è una brutta vita, no?

Beh, purtroppo no.

E questo è spiegabile con il concetto di valore aggiunto.

Se riusciamo a capire questa cosa, capiamo tutto del video, eh?

Mi raccomando, quindi concentrati.

Con l'avvento del capitalismo ogni persona deve commerciare beni o servizi con altre

persone per sopravvivere.

Per farlo deve quindi aprirsi un'attività, che comporta comprare materiali, personale

e altre robe.

In sostanza, deve sostenere dei costi per svolgere il suo lavoro.

Ma deve anche viverci con il suo lavoro, quindi dovrà avere dei ricavi, che normalmente

sono maggiori dei costi.

E allora cosa c'è tra costi e ricavi?

Beh, il valore aggiunto.

Questa simpatica animazione, se vista a livello nazionale, può essere considerato il pil

di una nazione.

Quindi, più valore aggiunto uguale a più pil.

Quindi, più ricchezza.

Niente di più facile.

Adesso ci rimane da rispondere ad un'ultima domanda, e cioè, il valore aggiunto è uguale

a prescindere dall'attività che io svolgo?

La risposta è no, purtroppo.

Il valore aggiunto dipende da azienda a azienda e da settore a settore.

Poca tecnologia, poca innovazione, prodotti facilmente copiabili fanno alzare i costi

diminuendo il valore aggiunto, mentre persone specializzate, tecniche produttive innovative

e prodotti complessi alzano i ricavi e aumentano il valore aggiunto.

Quindi tra industria e agricoltura, chi ha il valore aggiunto più alto?

Beh, ormai lo dovresti aver capito, però vediamo un po' di dati giusto per sicurezza.

Questo è il valore aggiunto tra i diversi settori tra il 1990 e il 2017.

Purtroppo non abbiamo dati posteriori al 1990, ma sappiamo che le persone sono spinte a cercare

guadagni sempre maggiori, quindi investono naturalmente nei settori con più alto valore

aggiunto.

E infatti questa tesi è confermata dai dati.

Dal 1861 al 2010 i lavoratori si sono spostati in massa dall'agricoltura all'industria e

ai servizi.

Settori dove appunto il valore aggiunto è più alto.

Quindi il Sud, sia durante il regno dei Borboni, ma anche dopo l'unità, si specializzò

in un settore a basso valore aggiunto e quindi a bassa ricchezza, ma in più piove sul bagnato.

Infatti il settore agricolo si può dividere in due tipi di produzione.

La produzione agricola estensiva e la produzione agricola intensiva.

E la prima ha un valore aggiunto inferiore rispetto alla seconda.

Indovinate qual era il metodo di produzione più diffuso nel mezzogiorno all'unità?

Beh, sì.

Purtroppo l'estensiva.

La specializzazione nell'agricoltura e non solo anche la scelta del metodo produttivo

meno efficiente non è un caso, bensì è dovuta alla di fondisti, che vivendo di rendita

delle proprie terre non erano spinti né a cambiare produzione verso una produzione industriale,

ma neanche ad innovare e migliorare il settore agricolo.

E attenzione che queste sono solo le condizioni di partenza, quindi niente scuse sul settentrone

c'è rubato le industrie o settentrone sfruttatore eccetera eccetera, non hanno alcun senso.

Tutte queste conseguenze nefaste sono dovute ad una amministrazione pubblica e a una borghesia

privata ferma al 1700 e non propensa all'innovazione.

Quindi sono tutte cause interne al meridione.

Ma proseguiamo il nostro cammino lungo la storia, anche se, ve lo dico, sarà un bagno

di sangue.

In unità si susseguono sei periodi storici.

Governi di destra storica, governi di sinistra storica, età giolittiana, prima guerra mondiale,

fascismo e seconda guerra mondiale.

Ma andiamo per ordine, fino alla fine del 1800 non succede nulla di particolare e questo

si può vedere anche dalla crescita del Pile e degli divari regionali, tutto molto stazionario.

Ma qualche fatto citiamolo perché non ci fa male.

L'unificazione prosegue imponendo la lira su tutta la penisola e anche accentrando fortemente

i poteri amministrativi, lasciando poca autonomia alle amministrazioni locali.

Un altro elemento che ci dice come questa unificazione fu imposta dall'alto.

Cercando di aumentare il mercato su tutta la penisola si decise di togliere tutti i

tazzi appartenenti prima al regno delle due Sicilie.

Questo fu un elemento che fece implodere le poche imprese, soprattutto all'interno della

campagna.

Forse è da qui che nasce il mito per cui il settentrionale ha rubato le imprese dal

meridione.

Non ne sono sicuro, è una mia ipotesi.

Però questo evento lo vorrei analizzare in maniera differente.

E cioè, forse è vero che magari lo Stato ha preso una decisione troppo netta nel togliere

tutti i tazzi tutti in una volta.

E quindi un po' di responsabilità ce l'ha sicuramente.

Però perché non sottolineare anche un tessuto imprenditoriale molto fragile che senza i

tazzi non riesce a sopravvivere all'interno di un mercato?

Quindi diciamo che le colpe sono un po' bilanciate.

Fuono costruite molte infrastrutture pubbliche sia al nord che al sud, ma queste venivano

finanziate tramite delle tasse, soprattutto indirette, cioè che colpivano maggiormente

i poveri.

E poi arriva la sinistra storica che dà una svolta.

Aumenta la spesa pubblica in deficit e interviene maggiormente nell'economia.

E qui si vedono i primi intrallazi tra pubblico e privato che tuttora ci portiamo sul groppone

come un aspetto negativo dell'economia italiana.

Grazie a questi interventi un miglioramento nell'economia italiana ci fu, anche se nulla

di eccezionale.

E per quanto riguarda la questione meridionale, oltre a concedere nuova autonomia alle amministrazioni

locali non ci fu nulla di più.

Occhio però nella lettura di questo grafico.

Se i punti salgono o scendono non vuol dire che il PIL diminuisce, ma che si sta allontanando

dalla media nazionale che è posta pari a 100.

Quindi in questo periodo il sud si sta arricchendo ma molto meno rispetto al nord.

Una cosa interessante in realtà in questi anni accade, cioè nel 1888, anno in cui venne

reso obbligatorio il vaccino per il vagliolo.

E indovinate chi rimase indietro?

Ecco.

Gli amministratori locali e gli addetti sanitari si accorsero che, dopo il vaccino, alcuni pazienti

morivano comunque.

Così nacquero gli antivaccinisti, che permisero alla malattia di sopravvivere più del dovuto,

soprattutto nel meridione.

Ovviamente il vaccino sui grandi numeri funzionava eccome, però ormai sappiamo come funzionano

le persone, sono spaventate dagli ignoto e si difendono come possono.

Per fortuna però, nell'era dell'informazione, oggi di questi problemi non ne abbiamo.

Vero?

E se vi dicessi che la globalizzazione che noi tutti conosciamo, cioè quella che parte

dal 1980, non fu la prima nel mondo?

Ebbene sì, perché grazie alla seconda rivoluzione industriale ci fu una vera prima globalizzazione

che va a cavallo tra il 1800 e il 1900.

E come epoca forse è conosciuta meglio come Belle Epoque.

Ah, la Belle Epoque.

La Torre Eiffel, la Ville Lumière, la baguette, Ville Lumière, Ville Lumière.

La globalizzazione aiutò l'Italia a crescere.

Vennero importati nuovi capitali e nuova tecnologia dall'estero.

Insieme all'intervento pubblico ancora più massiccio e all'introduzione di dazi nei

settori strategici, fecero finalmente scattare il progresso economico italiano, che in Inghilterra

130 anni prima arrivò dal settore privato.

Lo Stato italiano intervenne in diversi modi tra le varie regioni.

In Lombardia la crescita fu più capitalista in senso stretto, con una classe dirigente

attiva e poco intervento statale.

In Liguria fu tutto l'opposto, grande intervento statale ma poca flora imprenditoriale.

In Piemonte ci fu una crescita mista.

E così si formò il famoso triangolo industriale del Nord.

Nel Sud ci fu un primo piano industriale nel 1904, soprattutto in Campania, che però

poi si voleva espandere su tutto il meridione.

Peccato però che questa iniziativa trovò forti resistenze locali, che erano profondamente

legate all'agricoltura e all'atifondismo, e quindi del progresso interessava veramente

poco.

Quindi alla fine ci fu nulla di fatto.

Prima di catapultarci verso il fascismo, vediamo un po' lo stato dell'arte e dell'istruzione

in età liberale.

Questo aspetto è importante perché persone non istruite non riescono ad adottare nuove

tecnologie, che come abbiamo visto aumentano il valore aggiunto di uno stato, quindi il

PIL.

Andiamo a vedere due grafici, perché a noi i grafici piacciono.

Tasto di alfabetizzazione e tasto di iscrizione scolastica dal 1871 al 1911.

La convergenza sembra minima.

Spostiamo i grafici dal 1871 al 1951 e vediamo cosa succede.

Dal 1911 in poi il tasto di convergenza sembra molto superiore rispetto agli anni precedenti.

Ma perché succede ciò?

Questa differenza è dovuta ad una legge del 1911, in particolare alla legge Danio-Credaro.

Praticamente ci fu uno spostamento delle competenze sull'istruzione dalle amministrazioni locali

allo stato centrale.

Da questo sollevamento degli incarichi la popolazione del meridione ne beneficiò ampiamente.

Ma perché il sud non investiva abbastanza in istruzione?

Era forse perché lo stato non dava pochi soldi?

O forse perché il settentrione si mangiava i soldi del meridione?

Beh, nulla di tutto ciò.

Ritorniamo sempre al solito motivo.

Dati fondisti e amministrazioni locali erano a rifrattare al progresso.

Infatti ai padroni del sud interessava la terra e la sua coltivazione.

E che gli agricoltori fossero istruiti o meno interessava il giusto.

Anzi, se fossero stati istruiti ci sarebbero state molte più probabilità che gli agricoltori

se ne andavano dalle terre per andare verso occupazioni più redditizie.

E quindi l'istruzione diventava uno svantaggio per le rendite dei dati fondisti.

Però fino al 1911, quando il dovere di istruzione passò dalle amministrazioni locali allo stato,

stato che a quel punto non aveva alcun interesse di difendere le posizioni dei dati fondisti,

e quindi ricominciarono a investire nell'istruzione.

E come vediamo dai grafici, l'intera popolazione del sud ne beneficiò con una elevata convergenza.

Anche se sappiamo che il tasso di analfabetismo e il tasso di iscrizione scolastica

non sono tutto per vedere se una persona è sufficientemente istruita o meno,

ma bisogna vedere anche la qualità dell'istruzione.

Qualità che al sud è sempre stata inferiore rispetto al nord, purtroppo.

Da questi e altri esempi che non vi cito per il vostro bene,

l'impressione è che il sud si comporti come un bambino.

Mamma settentrone gli dà il giochino, ma subito dopo è costretta a toglierlo per il suo stesso bene.

Nonostante l'Italia abbia avuto un buon progresso economico durante tutta l'età giolittiana,

comunque la ricchezza italiana rimane relativamente più bassa rispetto a tutte le altre nazioni europee.

Quindi non solo c'è una questione meridionale nazionale,

ma c'è anche una questione meridionale internazionale tra Italia e Europa.

E così entriamo nella prima guerra mondiale.

Per entrare in guerra però c'è bisogno di una riconversione dell'industria civile in bellica.

Così si indirizzarono nuovi finanziamenti verso il triangolo industriale del nord.

Finisce la grande guerra e c'è una nuova riconversione delle industrie belliche in civili,

quindi altri finanziamenti tutti rivolti verso il triangolo industriale del nord.

Insomma, ridendo e sterminando, arriviamo al fascismo.

Che che se ne dica, anche i regimi più totalitari hanno bisogno di consenso

e il regime fascista va a trovarlo negli industriali al nord e nei latifondisti al sud.

Ai primi blocca la concorrenza esterna preservando le loro rendite,

ostacolando quel minimo di progresso tecnologico che si era affacciato in Italia da 30 anni a quella parte.

Mentre per i latifondisti preparò la prima battaglia del regime,

e cioè la battaglia del grano nel 1925.

Con battaglia del grano potremmo pensare che Mussolini si sia finalmente deciso a dare battaglia alle latifondisti

che fino a quel momento avevano posto un grande freno al progresso tecnologico, soprattutto in meridione.

Beh, purtroppo non è così.

Infatti la battaglia del grano incentivava la produzione di grano all'interno della penisola italiana,

soprattutto nel meridione.

Peccato però che il grano è una forma di produzione agricola estensiva,

che come sappiamo è a basso valore aggiunto.

Mentre il settore agricolo del nord si specializzò su agricolture intensive, quindi con un più alto valore aggiunto.

E già qui vediamo che ci sono i primi problemi.

Nonostante il popolo invisibilio dopo il discorso di Mussolini,

quell'atto condannò una volta per tutte il meridione a uno stato di regressione

fino alla fine della seconda guerra mondiale.

E già che ci siamo sfatiamo un altro mito per quanto riguarda la bonifica dei territori, soprattutto al sud.

L'intervento purtroppo non è che ebbe così tanti benefici all'interno dell'economia italiana.

Nel frattempo le infrastrutture e le imprese finanziate dallo stato si concentrano soprattutto al nord,

in particolar modo nel triangolo industriale Torino-Milano-Genova.

In più, idee di autarchia vanno sempre più piede all'interno del regime.

Quindi con il fascismo pian piano la penisola si spacca.

Al nord imprese di grande produzione e soprattutto con alto valore aggiunto,

mentre il sud doveva fornire il pane, come ha detto lui stesso, per tutta la nazione.

Le cose si aggravano sempre più passa il tempo, fino ad arrivare alla guerra d'Etiopo nel 35-36,

dove c'è un completo isolamento a livello internazionale,

e quindi la tanta auspicata economia autarchica avviene.

Mentre il sud, e in particolare l'agricoltura, viveva di esportazioni,

e quindi aver chiuso tutti i canali verso l'estero, improverì ancora di più il settore agricolo.

In più le forti politiche per l'aumento delle nascite, promosse da Mussolini, aumentarono le bocche da sfamare,

e quindi aumentarono anche la povertà all'interno delle regioni del sud.

Nel 36 la composizione economica dell'Italia era la seguente.

Erano al nord il 66,6% delle industrie alimentari, il 91,5% delle industrie metallurgiche,

il 92,7% delle meccaniche, l'85,9% delle chimiche, il 90,1% delle tessili.

Ma come era possibile tutto ciò?

Un uomo così intelligente come Mussolini non si stava accorgendo che stava facendo dei veri e propri disastri nel meridione.

Beh, dobbiamo vedere due elementi per inquadrare meglio la situazione.

La cosiddetta questione meridionale entra come termine all'interno dell'enciclopedia Tre Cani nel 1935,

quindi diciamo con un leggero ritardo.

Beh, Mussolini ebbe subito da ridire per quanto riguarda la questione meridionale.

Quindi possiamo vedere il totale distaccamento di Mussolini dalla realtà,

e possiamo vedere anche due altri clip che ce lo confermano.

Il vecchio governo aveva inventato per non risolvere mai la cosiddetta questione meridionale.

Non esistono questioni settentrionali o meridionali.

Esistono questioni nazionali.

Poiché la nazione è una famiglia, e in questa famiglia non ci devono essere digni privilegiati e digni terenisti.

Ed è così che si entrò nella Seconda Guerra Mondiale, di nuovo aumentando i finanziamenti per le industrie del settentrione,

proprio per la riconversione di queste industrie da civili in belliche.

Quindi di nuovo isolando totalmente la questione meridionale.

Però la situazione internazionale dal 14 non cambia, infatti nel 39 l'Italia era ancora una delle economie più arretrate a livello europeo e anche mondiale.

E così entriamo in guerra, la perdiamo, e dal 45 l'Italia esce praticamente in ginocchio.

Ed è proprio grazie a queste politiche fasciste che nel 1951 si crea il picco più alto tra il nord e il sud a livello economico, dal 1861 ad oggi.

Ultima nota per quanto riguarda la criminalità organizzata.

Infatti in tutta l'età liberale si istituzionalizza, anche se dobbiamo dire che durante il fascismo ebbe tempi duri,

anche se Mussolini non riuscì ad abbattere completamente tutte queste organizzazioni.

E niente, io avrei anche finito qui, ci vediamo al prossimo episodio della questione meridionale,

spero che tutto questo sia stato interessante, a me ha messo un sacco di tristezza, però non so voi.

Ci vediamo al prossimo episodio, ciao!

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS