×

We use cookies to help make LingQ better. By visiting the site, you agree to our cookie policy.


image

Storia D'Italia, Il sacco di Roma (408-410) - Ep. 25 (1)

Il sacco di Roma (408-410) - Ep. 25 (1)

Nello scorso episodio abbiamo assistito alla caduta del generalissimo dell'occidente, Stilicone. La sua indubbia capacità è stata vittima di una delle grandi tempeste della storia, la doppia invasione di Radogast in Italia e della coalizione barbarica sul Reno. Radogast è stato sconfitto e l'Italia salvata mentre la frontiera del Reno è stata completamente violata: bande di razziatori germanici scorrazzano nella Gallia settentrionale, saccheggiando e distruggendo una delle terre più prospere dell'Impero. Dalla Britannia è venuto in Gallia l'usurpatore Costantino che ha raccolto intorno a sé la bandiera dei grandi proprietari terrieri gallici, orfani dell'aiuto e dell'autorità di Ravenna. Stilicone, isolato e sempre più in difficoltà, è caduto vittima di una congiura di palazzo, rassegnandosi coraggiosamente al suo destino.

In questo episodio vedremo fino a che punto Stilicone fosse stato indispensabile alla stabilità in Italia: all'uscita di scena del Generalissimo dell'occidente i suoi successori prenderanno una decisione disastrosa dopo l'altra portando l'impero sull'orlo del disastro. Invece di scrutare l'abisso e decidere di fare un passo indietro, i padroni dell'occidente si tufferanno nel pozzo, causando l'impensabile: il sacco di Roma.

Il genocidio dei Goti

Onorio come al solito era incapace di governare perfino la sua camera da letto. Alla morte di Stilicone, pensò bene di conferire ogni potere politico nelle mani di Olimpio, ovvero la creatura di palazzo che aveva complottato per far cadere il generalissimo.

Olimpio credo che si ispirò all'esempio di Costantinopoli: nel 400, alla caduta di Gainas, la corte orientale si era liberata dei Goti massacrandone le famiglie. Olimpio pensò probabilmente che Ravenna dovesse fare lo stesso, massacrando i suoi barbari e le loro famiglie in modo da purgare lo stato romano della influenza dei barbari. Probabilmente fu lui a dare l'ordine di massacrare donne, vecchi e bambini a Ravenna, dando il là ai pogrom in tutta la penisola. Le porte delle case dei Goti, Vandali e Alani che vivevano in Italia furono abbattute, le donne violentate, i bambini uccisi, le loro proprietà saccheggiate.

Credo abbiate già compreso l'immenso errore strategico di Olimpio: nel 400 i Goti massacrati dai Costantinopolitani erano andati a rafforzare Alaric: questi, finalmente in grado di nuocere, aveva avuto un altro Impero Romano da invadere e solo per questo motivo aveva abbandonato l'oriente, invadendo l'Italia nel 401. Nel 408 i Goti, con il massacro di Ravenna, non avevano più nessun luogo dove rifugiarsi. Erano invisi sia in oriente che in occidente. Oramai i Goti si erano abituati a vivere nell'impero: erano cristiani, parlavano latino, apprezzavano i bagni riscaldati e tutti gli altri comfort che poteva fornire l'impero. Improvvisamente però l'impero gli aveva detto che non c'era spazio per loro. Inevitabilmente decisero che dovevano combattere per guadagnarsi il loro posto al sole, occorreva solo scegliere quale dei due imperi affrontare: Costantinopoli era ancora forte, Ravenna era nel caos più completo. Chi deciderà di combattere secondo voi Alaric?

Le orribili notizie del pogrom raggiunsero i dodicimila Goti Greutungi che solo due anni prima avevano fatto parte della schiera di Radogast e che erano stati assoldati da Stilicone. L'intera schiera di soldati si ribellò all'istante e andò a unirsi ai Goti di Alaric. A questo punto Alaric era al comando della più grande armata gotica che mai avesse marciato sulla terra: probabilmente 40 mila armati, tutti soldati veterani. A questo supergruppo barbaro, formato dai Goti Tervingi e Greutungi immigrati nel 376 e dai Goti Greutungi immigrati nel 406 daremo da oggi in poi un nome che è passato alla storia: i Visigoti.

Il primo assedio di Roma

📷

https://italiastoria.files.wordpress.com/2020/03/impero_doccidente_410.png?w=900" alt=""/>

Situazione del mondo romano alla morte di Alaric (ma si può utilizzare in generale per questo periodo): Onorio, in giallo, ha oramai il controllo solo dell'Italia e del Nordafrica, ma con un esercito visigotico in giro per l'Italia che non ha la forza di sconfiggere.

Alaric però non mosse guerra immediatamente: il suo obiettivo era la pace negoziata con un Impero Romano, se fosse riuscito a raggiungerlo senza spargimento di sangue tanto meglio. Chiese alla corte di Ravenna di rispettare i patti che erano stati concordati con Stilicone, incluso il pagamento dei suoi servigi e la spedizione in Gallia. Olimpio ovviamente non aveva nessuna intenzione di concedere ai Goti di ricevere una solo Solidus, né di permettergli di metter piede in Gallia.

Olimpiodoro, un capace storico e diplomatico della corte di Costantinopoli, è la principale fonte che seguiremo per i prossimi due anni: il suo racconto ci è arrivato di seconda mano, ricopiato e riassunto da Zosimo, eppure resta interessantissimo. Il giudizio del capace diplomatico è che Onorio e Olimpio fecero un doppio errore: avrebbero potuto rassegnarsi all'inevitabile e firmare la pace con Alaric, alle sue condizioni, o prepararsi alla guerra con il Goto radunando un esercito capace di affrontarlo, mettendolo al comando di un generale capace come il Goto Sarus, un nemico personale di Alaric. Insomma, di fronte alla scelta tra la guerra e il disonore scelsero la guerra ed ebbero il disonore, per dirla alla Churchill.

Nell'autunno del 408, Alaric scese in Italia per la seconda volta e passò speditamente attraverso il Veneto, varcò il Po verso Cremona e invece di dirigersi a Ravenna evitò la città lagunare e si diresse direttamente verso Rimini e di qui lungo la via Flaminia verso Roma: a differenza della sua prima invasione o di quella di Radogast due anni prima poté attraversare in poche settimane tutte le difese che Stilicone aveva tenacemente difeso anni prima, mentre Ravenna era paralizzata di fronte a questa evoluzione prevedibilissima degli eventi.

A Roma fu il panico: per la seconda volta in tre anni un esercito Gotico si avvicinava alla città ma questa volta nessuno pareva voler difendere strenuamente la città eterna. Alaric tagliò la penisola come il burro e si presentò di fronte alle mura della città: a questo punto procedette a mettere sotto assedio Roma, bloccando tutte le porte e impedendo i rifornimenti che risalivano il fiume Tevere. Per la prima volta in 800 anni Roma era sotto assedio.

Penso che vi immaginiate l'obiettivo di Alaric: ovvio no? Saccheggiare la più ricca e tronfia città del mondo. Ma è l'assedio di Roma che ci rivela il vero volto di Alaric: questi non aveva posto sotto assedio la capitale morale dell'Impero per saccheggiarla ma per costringere a trattare la corte di Ravenna, imprendibile dietro le sue paludi. Oltre a quello, certo: non gli sarebbe dispiaciuto mettere le mani sulla ricchezza mobile della più grande metropoli dell'antichità. I Romani, che la vulgata vuole deboli ed effeminati nel quinto secolo, non si diedero per vinti di fronte all'immensa orda Gotica, il più grande esercito che avesse calcato la penisola da secoli. Fortificarono le difese, tagliarono le razioni per tutti gli abitanti alla metà, poi ad un terzo. La fame serpeggiò per le strade della città, poi ben presto fece visita alla città la sorella della fame, madame pestilenza. I morti si accumularono nelle strade e nei campi cittadini, essendo impossibile seppellirli fuori città. Nonostante tutto i Romani resistettero, confidando che un esercito imperiale fosse in arrivo.

📷

https://italiastoria.files.wordpress.com/2020/03/immagine-1_102_orig.jpg?w=1024" alt=""/>

Questa è la storia di un ritrovamento eccezionale: nel 1885, sulle pendici del Quirinale, viene scavato un edificio antico. 6 metri sotto il livello del suo, tra due tra due muri di fondazione, viene ritrovata quella che credo sia la più bella statua in Bronzo pervenutaci dall'antichità, il Pugile a Riposo, realizzata nel quarto secolo avanti cristo dal famosissimo artista Lisippo o dalla sua immediata cerchia. L'archeologo Rodolfo Lanciani scrisse con parole bellissime l'emozione del ritrovamento “la statua non era stata gettata là, o seppellita in fretta, ma era stata nascosta e trattata con la massima cura. La figura era stata posta su un capitello di pietra dell'ordine dorico, come sopra uno sgabello e il fosso era stato riempito con terra setacciata per salvare la superficie del bronzo da ogni possibile offesa”

Non sapremo mai chi seppellì con tanta cura questa statua mirabile ma è probabile che fu un'azione premeditata con cura per proteggere uno dei capolavori artistici della città di Roma, probabilmente prima di uno dei due sacchi a cui verrà sottoposta nel quinto secolo. Gli antichi sapevano cosa accadeva nell'antichità alle statue di bronzo: non essendoci ancora il concetto tra i più del valore artistico di un bene la maggior parte venivano fuse per riciclare il materiale prezioso di cui erano fatte. Delle anime pie pensarono di seppellire questo capolavoro per permettere a noi di vederlo, quando la tempesta fosse passata. Forse pensarono che sarebbe stata questione di pochi anni, ce ne vollero 1500.

In loro onore, in onore di questi anonimi eroi dell'arte, andate a visitare questa statua a Palazzo Massimo, un museo tanto bello quanto poco frequentato, di fronte alla stazione Termini. Vi potrete commuovere di fronte all'espressione del viso, ai muscoli tesi nello sforzo, alle mani affaticate e fasciate. E forse vi commuoverete anche pensando che questo è il testimone di un naufragio, della fine di una civiltà che si rassegna a seppellire quanto ha di più caro pur di non vederlo scomparire per sempre.

Vae victis

Un esercito non era affatto in arrivo: Onorio rimaneva rintanato a Ravenna. la paura di Onorio e Olimpio era che Costantino III, ora di base ad Arles, avrebbe condotto le sue truppe in Italia il minuto dopo che loro avessero ordinato al sempre possente esercito d'Italia di marciare verso Roma. I cittadini di Roma non lo sapevano ancora me erano stati abbandonati dal loro imperatore.

Annunci

SEGNALA QUESTO ANNUNCIO

I Romani provarono a resistere e si rassegnarono a mangiare qualunque bestia, qualcuno anche i cadaveri. Nella città arrivarono voci di una città in Toscana che aveva ripreso gli antichi riti pagani e, a detta dei locali, i riti l'avevano protetta dall'avanzata dei Goti. Il prefetto del Pretorio dell'Urbe, sostanzialmente il governatore della città, propose in una riunione con i maggiorenti cittadini di fare lo stesso: tornare a fare sacrifici in onore degli Dei. Perfino Papa Innocenzo I, nel racconto di Zosimo, diede l'assenso, con la clausola che questi riti fossero celebrati in forma privata. Ma riti di questo genere, nell'antica Roma, erano stati un affare di stato, della Repubblica: non potevano essere ufficiati privatamente, l'intero Senato avrebbe dovuto ufficiarli in quanto rappresentanti della città. E no, questo non era accettabile né per il Papa né per i molti senatori cristiani.

Eppure arrivò un giorno in cui la resistenza ad oltranza parve futile: il Senato, piegato e rassegnato, inviò un'ambasceria ad Alaric. I messaggeri dissero che i cittadini di Roma erano pronti a trattare ma erano anche pronti a combattere, essendosi esercitati negli ultimi mesi alle arti della guerra. Alaric per poco non si strozzò dalle risate: questi imbelli civili pensavano di poter resistere ai suoi Goti, veterani di mille battaglie. Credevano forse di essere gli antichi Romani? Ah. Rispose sprezzante: “l'erba più folta è più facile da tagliare” poi passò a illustrare le sue di pretese. Come un novello Brenno che getta la spada sulla bilancia dicendo “guai ai vinti” Alaric fece richieste esorbitanti per interrompere l'assedio: 4000 libbre d'oro, 30000 d'argento, un'enorme quantità di vestiti e spezie preziose e la libertà per gli schiavi gotici. Gli ambasciatori rimasero scioccati dalle richieste di Alaric. Chiesero cosa sarebbe rimasto ai cittadini di Roma: “le loro anime” rispose Alaric, e chiaramente non era un bluff. Ma Alaric non aveva terminato. Oltre a queste somme, utilissime per consolidare la sua presa sul popolo Gotico, Alaric mirò direttamente al suo vero obiettivo: un accordo politico con l'Impero. Un'ambasceria di senatori Romani si sarebbe dovuta recare a Ravenna per negoziare un accordo di foedus tra il Re dei Goti e la corte imperiale. Alaric intendeva passare al servizio di Ravenna, come originariamente negoziato con Stilicone pochi mesi prima.

Annunci

SEGNALA QUESTO ANNUNCIO

I senatori inviarono dei messaggeri a Ravenna per chiedere se l'accordo fosse accettabile per l'imperatore. Onorio e Olimpio non avevano scelta: non potevano inviare un esercito a sconfiggere Alaric e liberare Roma dall'assedio. Onorio fece dunque capire in termini vaghi che non si opponeva. A questo punto i senatori ebbero il non invidiabile compito di raccogliere il riscatto per Alaric: il fisco da solo non sarebbe bastato per pagare l'immensa somma, si dovette quindi ricorrere ai contributi delle principali famiglie della città, in proporzione ai loro beni. Anche gli ornamenti preziosi dei templi e delle statue furono utilizzati per fondere lingotti d'oro e d'argento. Una volta che l'immensa somma fu raccolta e pagata ad Alaric questi allentò la morsa sulla città: i goti permisero ai contadini dei dintorni di vendere derrate alimentari ai Romani ridotti alla fame, probabilmente a prezzi esorbitanti. La città, impoverita, tornò almeno a mangiare. Nel dicembre del 408 Alaric levò le tende e si trasferì in Toscana, vivendo sulla pelle degli antenati di Dante. Rimase in attesa del risultato delle negoziazioni con Ravenna prima di fare la sua nuova mossa. Finiva un altro anno caotico per l'Impero Romano.

Il sacco di Roma (408-410) - Ep. 25 (1) Die Plünderung Roms (408-410) - Ep. 25 (1) The Sack of Rome (408-410) - Ep. 25 (1) El saqueo de Roma (408-410) - Ep. 25 (1) Le sac de Rome (408-410) - Ép. 25 (1) 로마의 자루 (408-410) - 에피소드 25 (1) O saque de Roma (408-410) - Ep. 25 (1) Разграбление Рима (408-410) - Эп. 25 (1)

Nello scorso episodio abbiamo assistito alla caduta del generalissimo dell'occidente, Stilicone. In the last episode we witnessed the fall of the generalissimo of the West, Stilicho. La sua indubbia capacità è stata vittima di una delle grandi tempeste della storia, la doppia invasione di Radogast in Italia e della coalizione barbarica sul Reno. Radogast è stato sconfitto e l'Italia salvata mentre la frontiera del Reno è stata completamente violata: bande di razziatori germanici scorrazzano nella Gallia settentrionale, saccheggiando e distruggendo una delle terre più prospere dell'Impero. Dalla Britannia è venuto in Gallia l'usurpatore Costantino che ha raccolto intorno a sé la bandiera dei grandi proprietari terrieri gallici, orfani dell'aiuto e dell'autorità di Ravenna. Stilicone, isolato e sempre più in difficoltà, è caduto vittima di una congiura di palazzo, rassegnandosi coraggiosamente al suo destino.

In questo episodio vedremo fino a che punto Stilicone fosse stato indispensabile alla stabilità in Italia: all'uscita di scena del Generalissimo dell'occidente i suoi successori prenderanno una decisione disastrosa dopo l'altra portando l'impero sull'orlo del disastro. Invece di scrutare l'abisso e decidere di fare un passo indietro, i padroni dell'occidente si tufferanno nel pozzo, causando l'impensabile: il sacco di Roma.

Il genocidio dei Goti

Onorio come al solito era incapace di governare perfino la sua camera da letto. Alla morte di Stilicone, pensò bene di conferire ogni potere politico nelle mani di Olimpio, ovvero la creatura di palazzo che aveva complottato per far cadere il generalissimo.

Olimpio credo che si ispirò all'esempio di Costantinopoli: nel 400, alla caduta di Gainas, la corte orientale si era liberata dei Goti massacrandone le famiglie. Olimpio pensò probabilmente che Ravenna dovesse fare lo stesso, massacrando i suoi barbari e le loro famiglie in modo da purgare lo stato romano della influenza dei barbari. Probabilmente fu lui a dare l'ordine di massacrare donne, vecchi e bambini a Ravenna, dando il là ai pogrom in tutta la penisola. Le porte delle case dei Goti, Vandali e Alani che vivevano in Italia furono abbattute, le donne violentate, i bambini uccisi, le loro proprietà saccheggiate.

Credo abbiate già compreso l'immenso errore strategico di Olimpio: nel 400 i Goti massacrati dai Costantinopolitani erano andati a rafforzare Alaric: questi, finalmente in grado di nuocere, aveva avuto un altro Impero Romano da invadere e solo per questo motivo aveva abbandonato l'oriente, invadendo l'Italia nel 401. Nel 408 i Goti, con il massacro di Ravenna, non avevano più nessun luogo dove rifugiarsi. Erano invisi sia in oriente che in occidente. Oramai i Goti si erano abituati a vivere nell'impero: erano cristiani, parlavano latino, apprezzavano i bagni riscaldati e tutti gli altri comfort che poteva fornire l'impero. Improvvisamente però l'impero gli aveva detto che non c'era spazio per loro. Inevitabilmente decisero che dovevano combattere per guadagnarsi il loro posto al sole, occorreva solo scegliere quale dei due imperi affrontare: Costantinopoli era ancora forte, Ravenna era nel caos più completo. Chi deciderà di combattere secondo voi Alaric? Who do you think Alaric will decide to fight?

Le orribili notizie del pogrom raggiunsero i dodicimila Goti Greutungi che solo due anni prima avevano fatto parte della schiera di Radogast e che erano stati assoldati da Stilicone. L'intera schiera di soldati si ribellò all'istante e andò a unirsi ai Goti di Alaric. A questo punto Alaric era al comando della più grande armata gotica che mai avesse marciato sulla terra: probabilmente 40 mila armati, tutti soldati veterani. A questo supergruppo barbaro, formato dai Goti Tervingi e Greutungi immigrati nel 376 e dai Goti Greutungi immigrati nel 406 daremo da oggi in poi un nome che è passato alla storia: i Visigoti.

Il primo assedio di Roma

📷

Situazione del mondo romano alla morte di Alaric (ma si può utilizzare in generale per questo periodo): Onorio, in giallo, ha oramai il controllo solo dell'Italia e del Nordafrica, ma con un esercito visigotico in giro per l'Italia che non ha la forza di sconfiggere.

Alaric però non mosse guerra immediatamente: il suo obiettivo era la pace negoziata con un Impero Romano, se fosse riuscito a raggiungerlo senza spargimento di sangue tanto meglio. Chiese alla corte di Ravenna di rispettare i patti che erano stati concordati con Stilicone, incluso il pagamento dei suoi servigi e la spedizione in Gallia. Olimpio ovviamente non aveva nessuna intenzione di concedere ai Goti di ricevere una solo Solidus, né di permettergli di metter piede in Gallia.

Olimpiodoro, un capace storico e diplomatico della corte di Costantinopoli, è la principale fonte che seguiremo per i prossimi due anni: il suo racconto ci è arrivato di seconda mano, ricopiato e riassunto da Zosimo, eppure resta interessantissimo. Il giudizio del capace diplomatico è che Onorio e Olimpio fecero un doppio errore: avrebbero potuto rassegnarsi all'inevitabile e firmare la pace con Alaric, alle sue condizioni, o prepararsi alla guerra con il Goto radunando un esercito capace di affrontarlo, mettendolo al comando di un generale capace come il Goto Sarus, un nemico personale di Alaric. Insomma, di fronte alla scelta tra la guerra e il disonore scelsero la guerra ed ebbero il disonore, per dirla alla Churchill.

Nell'autunno del 408, Alaric scese in Italia per la seconda volta e passò speditamente attraverso il Veneto, varcò il Po verso Cremona e invece di dirigersi a Ravenna evitò la città lagunare e si diresse direttamente verso Rimini e di qui lungo la via Flaminia verso Roma: a differenza della sua prima invasione o di quella di Radogast due anni prima poté attraversare in poche settimane tutte le difese che Stilicone aveva tenacemente difeso anni prima, mentre Ravenna era paralizzata di fronte a questa evoluzione prevedibilissima degli eventi.

A Roma fu il panico: per la seconda volta in tre anni un esercito Gotico si avvicinava alla città ma questa volta nessuno pareva voler difendere strenuamente la città eterna. Alaric tagliò la penisola come il burro e si presentò di fronte alle mura della città: a questo punto procedette a mettere sotto assedio Roma, bloccando tutte le porte e impedendo i rifornimenti che risalivano il fiume Tevere. Per la prima volta in 800 anni Roma era sotto assedio.

Penso che vi immaginiate l'obiettivo di Alaric: ovvio no? Saccheggiare la più ricca e tronfia città del mondo. Ma è l'assedio di Roma che ci rivela il vero volto di Alaric: questi non aveva posto sotto assedio la capitale morale dell'Impero per saccheggiarla ma per costringere a trattare la corte di Ravenna, imprendibile dietro le sue paludi. Oltre a quello, certo: non gli sarebbe dispiaciuto mettere le mani sulla ricchezza mobile della più grande metropoli dell'antichità. I Romani, che la vulgata vuole deboli ed effeminati nel quinto secolo, non si diedero per vinti di fronte all'immensa orda Gotica, il più grande esercito che avesse calcato la penisola da secoli. Fortificarono le difese, tagliarono le razioni per tutti gli abitanti alla metà, poi ad un terzo. La fame serpeggiò per le strade della città, poi ben presto fece visita alla città la sorella della fame, madame pestilenza. I morti si accumularono nelle strade e nei campi cittadini, essendo impossibile seppellirli fuori città. Nonostante tutto i Romani resistettero, confidando che un esercito imperiale fosse in arrivo.

📷

Questa è la storia di un ritrovamento eccezionale: nel 1885, sulle pendici del Quirinale, viene scavato un edificio antico. 6 metri sotto il livello del suo, tra due tra due muri di fondazione, viene ritrovata quella che credo sia la più bella statua in Bronzo pervenutaci dall'antichità, il Pugile a Riposo, realizzata nel quarto secolo avanti cristo dal famosissimo artista Lisippo o dalla sua immediata cerchia. L'archeologo Rodolfo Lanciani scrisse con parole bellissime l'emozione del ritrovamento “la statua non era stata gettata là, o seppellita in fretta, ma era stata nascosta e trattata con la massima cura. La figura era stata posta su un capitello di pietra dell'ordine dorico, come sopra uno sgabello e il fosso era stato riempito con terra setacciata per salvare la superficie del bronzo da ogni possibile offesa”

Non sapremo mai chi seppellì con tanta cura questa statua mirabile ma è probabile che fu un'azione premeditata con cura per proteggere uno dei capolavori artistici della città di Roma, probabilmente prima di uno dei due sacchi a cui verrà sottoposta nel quinto secolo. Gli antichi sapevano cosa accadeva nell'antichità alle statue di bronzo: non essendoci ancora il concetto tra i più del valore artistico di un bene la maggior parte venivano fuse per riciclare il materiale prezioso di cui erano fatte. Delle anime pie pensarono di seppellire questo capolavoro per permettere a noi di vederlo, quando la tempesta fosse passata. Forse pensarono che sarebbe stata questione di pochi anni, ce ne vollero 1500.

In loro onore, in onore di questi anonimi eroi dell'arte, andate a visitare questa statua a Palazzo Massimo, un museo tanto bello quanto poco frequentato, di fronte alla stazione Termini. Vi potrete commuovere di fronte all'espressione del viso, ai muscoli tesi nello sforzo, alle mani affaticate e fasciate. E forse vi commuoverete anche pensando che questo è il testimone di un naufragio, della fine di una civiltà che si rassegna a seppellire quanto ha di più caro pur di non vederlo scomparire per sempre.

Vae victis

Un esercito non era affatto in arrivo: Onorio rimaneva rintanato a Ravenna. la paura di Onorio e Olimpio era che Costantino III, ora di base ad Arles, avrebbe condotto le sue truppe in Italia il minuto dopo che loro avessero ordinato al sempre possente esercito d'Italia di marciare verso Roma. I cittadini di Roma non lo sapevano ancora me erano stati abbandonati dal loro imperatore.

Annunci

SEGNALA QUESTO ANNUNCIO

I Romani provarono a resistere e si rassegnarono a mangiare qualunque bestia, qualcuno anche i cadaveri. Nella città arrivarono voci di una città in Toscana che aveva ripreso gli antichi riti pagani e, a detta dei locali, i riti l'avevano protetta dall'avanzata dei Goti. Il prefetto del Pretorio dell'Urbe, sostanzialmente il governatore della città, propose in una riunione con i maggiorenti cittadini di fare lo stesso: tornare a fare sacrifici in onore degli Dei. Perfino Papa Innocenzo I, nel racconto di Zosimo, diede l'assenso, con la clausola che questi riti fossero celebrati in forma privata. Ma riti di questo genere, nell'antica Roma, erano stati un affare di stato, della Repubblica: non potevano essere ufficiati privatamente, l'intero Senato avrebbe dovuto ufficiarli in quanto rappresentanti della città. E no, questo non era accettabile né per il Papa né per i molti senatori cristiani.

Eppure arrivò un giorno in cui la resistenza ad oltranza parve futile: il Senato, piegato e rassegnato, inviò un'ambasceria ad Alaric. I messaggeri dissero che i cittadini di Roma erano pronti a trattare ma erano anche pronti a combattere, essendosi esercitati negli ultimi mesi alle arti della guerra. Alaric per poco non si strozzò dalle risate: questi imbelli civili pensavano di poter resistere ai suoi Goti, veterani di mille battaglie. Credevano forse di essere gli antichi Romani? Ah. Rispose sprezzante: “l'erba più folta è più facile da tagliare” poi passò a illustrare le sue di pretese. Come un novello Brenno che getta la spada sulla bilancia dicendo “guai ai vinti” Alaric fece richieste esorbitanti per interrompere l'assedio: 4000 libbre d'oro, 30000 d'argento, un'enorme quantità di vestiti e spezie preziose e la libertà per gli schiavi gotici. Gli ambasciatori rimasero scioccati dalle richieste di Alaric. Chiesero cosa sarebbe rimasto ai cittadini di Roma: “le loro anime” rispose Alaric, e chiaramente non era un bluff. Ma Alaric non aveva terminato. Oltre a queste somme, utilissime per consolidare la sua presa sul popolo Gotico, Alaric mirò direttamente al suo vero obiettivo: un accordo politico con l'Impero. Un'ambasceria di senatori Romani si sarebbe dovuta recare a Ravenna per negoziare un accordo di foedus tra il Re dei Goti e la corte imperiale. Alaric intendeva passare al servizio di Ravenna, come originariamente negoziato con Stilicone pochi mesi prima.

Annunci

SEGNALA QUESTO ANNUNCIO

I senatori inviarono dei messaggeri a Ravenna per chiedere se l'accordo fosse accettabile per l'imperatore. Onorio e Olimpio non avevano scelta: non potevano inviare un esercito a sconfiggere Alaric e liberare Roma dall'assedio. Onorio fece dunque capire in termini vaghi che non si opponeva. A questo punto i senatori ebbero il non invidiabile compito di raccogliere il riscatto per Alaric: il fisco da solo non sarebbe bastato per pagare l'immensa somma, si dovette quindi ricorrere ai contributi delle principali famiglie della città, in proporzione ai loro beni. Anche gli ornamenti preziosi dei templi e delle statue furono utilizzati per fondere lingotti d'oro e d'argento. Una volta che l'immensa somma fu raccolta e pagata ad Alaric questi allentò la morsa sulla città: i goti permisero ai contadini dei dintorni di vendere derrate alimentari ai Romani ridotti alla fame, probabilmente a prezzi esorbitanti. La città, impoverita, tornò almeno a mangiare. Nel dicembre del 408 Alaric levò le tende e si trasferì in Toscana, vivendo sulla pelle degli antenati di Dante. Rimase in attesa del risultato delle negoziazioni con Ravenna prima di fare la sua nuova mossa. Finiva un altro anno caotico per l'Impero Romano.