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Conversazioni d'autore, 'Il leopardo dagli occhi di ghiaccio' di Sandro Lovari

'Il leopardo dagli occhi di ghiaccio' di Sandro Lovari

Eccoci, buonasera e benvenuti. Io sono Alfonso Lucifredi, giornalista scientifico e farò

un po' da padrone di casa per la presentazione di questo libro, Il leopardo dagli occhi di

ghiaccio di Sandro Lovari. Ciao Sandro, è veramente un onore e un piacere essere qua per presentare

questo libro che sono riuscito a leggere in questi giorni e mi è piaciuto davvero tanto,

come ti anticipavo prima, quindi grazie anche a Edizioni La Terza per l'invito. Di cosa parla

questo libro? Beh, molto semplice, almeno c'è un filo conduttore che mi sembra abbastanza evidente

sin da subito, è Il leopardo dagli occhi di ghiaccio. Leggiamo la quarta di copertina. Il leopardo delle

nevi, il carnivoro dagli occhi di ghiaccio, è un animale affascinante e misterioso. Per riuscire a

conoscerlo e studiarlo per oltre dieci anni, Sandro Lovari ha condotto e guidato ricerche sul campo in

alcuni dei luoghi più selvaggi e incontaminati del pianeta, le gelidevette dell'Himalaya e gli

ari di picchi del Karakoram. Il risultato è questo resoconto appassionante, testimonianza di una delle

imprese scientifiche che ha cambiato il modo in cui guardiamo le altre specie animali. Ora,

Sandro Lovari, per chi non lo conoscesse, se stiamo qua a raccontare tutto il suo curriculum,

stiamo circa un paio d'ore. Comunque, riassumiamo il tutto nel dire che è uno dei più grandi etologi

italiani e probabilmente internazionali, uno dei massimi esperti di questo animale e in generale si

occupa non soltanto di ricerca ma anche di comunicazione, di divulgazione. Quindi ogni

tanto esce uno di questi suoi libri bellissimi sui viaggi e le ricerche che ha fatto. In questo

caso il filoconduttore è un animale che è iconico, misterioso e affascinante, ma è anche molto poco

conosciuto, probabilmente perché a differenza dei grandi predatori, dei grandi carnivori,

dei grandi pianori africani, ad esempio, è più difficile da vedere. Vive in ambienti molto

remoti, molto difficili da raggiungere, quindi è proprio difficile da vedere, da trovare. E quindi

cominciamo proprio dal piatto forte di questo libro, che ovviamente non parla solo di Leopardo

delle Nevi, ma ti domando, com'è conosciuto e com'è nato il tuo interesse per il Leopardo delle

Nevi? Beh, è nato quasi con me, perché è nato all'età di cinque anni, quando ero proprio un

bambino ancora, prima ancora di andare a scuola, da una collezione di figurine d'animali, che era

la prima collezione di figurine di animali del dopoguerra. Queste figurine erano molto fantasiose,

nel senso che quello che veniva riportato sulle note biologiche degli animali fanno sorridere,

ecco, rileggendole oggi. Però erano 600 figurine di altrettante specie animali e di queste io

avevo segnalato come la più affascinante quella del Leopardo delle Nevi. Quindi all'età di cinque

anni la mia fantasia di bambino venne colpita da questo animale che viveva in mezzo alle nevi,

che poi non è proprio vero, ma insomma solo d'inverno sta in mezzo alle nevi, ma comunque.

E poi in seguito non ho più avuto occasione di interagire con lui, tranne occasionalmente,

quando ne vedevo qualche esemplare in qualche zoo, per esempio vi ricordo un bel gruppo nello zoo

di Helsinki all'inizio degli anni Ottanta, e sempre mi provocava qualcosa dentro, perché è bellissimo,

ha dei colori sfumati grigio-bianchi, macchie molto belle e gli occhi sono magnetici,

slittano dal colore azzurrastro del ghiaccio a quello dell'ocra. È veramente un animale

molto particolare. In seguito, avendo iniziato delle ricerche in Himalaya su una delle potenziali

prede di questo animale, di questo carnivoro, dove però non era presente, ma dopo una decina d'anni

che stavo lavorando su questa preda, che è il Tar dell'Himalaya, una specie di stambecco,

un gruppo, due, due maschie una femmina, Leopardi e Le Nevi, apparentemente colonizzarono questo

parco dal quale erano stati spazzati via dall'uomo prima che venisse istituito come parco. Parlo del

parco nazionale Monte Everest, il Sagarmata National Park. E ecco che Leopardi e Le Nevi

tornarono da me e quindi da figurina che era comparve in carne e ossa e pelo. Naturalmente non

mi feci sfuggire l'occasione di includerlo nel progetto di ricerca che stavo conducendo

nella valle di Everest. Ecco, sì, tra l'altro leggevo proprio che il problema principale

nello studio e nella conservazione di un animale del genere è il fatto che già è difficile trovare,

già è difficile capire quanti numeri sono. È un animale elusivo, un animale che abita in

ambienti molto impervi e quindi immagino che le ricerche siano state tutt'altro che facili.

Beh, sulla facilità nell'entrare in contatto diretto con questo animale posso dire che dopo

averci lavorato per più di una decina d'anni ancora non mi è riuscito di vederne uno in natura. Gli

ho sentiti miagolare perché non ruggiscono, è l'unico grande felide che per una forma particolare

dell'ossoioide non riesce a ruggire, ma ha un miagolio ovviamente molto più profondo

del miagolio dei gatti più piccoli. Però miagola, non ruggisce. Bene, ne ho sentito il miagolio più

volte, ho trovato prede anche uccise di fresco più volte, per non parlare di impronte, urinazioni,

escrementi, tutto tranne riuscire a vederlo. Ma non ho nemmeno tentato di vederlo. Per esempio,

dei miei studenti spesso facevano appostamenti, sì magari qualche volta anch'io sono andato,

l'ho sempre visto quasi come una sorta di divinità delle montagne che se vuole mostrarsi si mostra.

Lo so che questo non è un ragionamento da ricercatore, da scienziato, però fa parte del

fascino che sempre hanno esercitato su di me non solo le montagne, ma in particolare le montagne

dell'Asia. Sono cresciuto leggendo i libri di Sven Heydin, di Ferdinand Ossendowski, di Giuseppe

Tucci, che raccontavano delle loro esplorazioni del continente asiatico. Per cui per me l'Asia è

sempre stato qualcosa di molto particolare. Certo. Fa parte di questo mondo particolare.

Assolutamente. Tra l'altro leggevo subito all'inizio del tuo libro che parli anche molto

della visione che hanno i popoli locali di questo animale, quindi veniva un po' visto dal punto di

vista esoterico come una sorta di messaggero degli dèi o quasi come una divinità vera e propria.

Forse il motivo è proprio questa sua elusività. È probabile perché questo non viene attribuito

a un lupo che per esempio viene considerato un cane. Se tu chiedi cosa pensano del lupo,

ti dicono quelli che sanno l'inglese just a dog, è un cane. Il Lepardo delle Nevi è invece la

reincarnazione di un lama e viene considerato una sorta di messaggero degli dèi. Per cui c'è anche

una buona tolleranza nei confronti di questa specie, nonostante di tanto in alcune aree

anche abbastanza spesso predi bestiame e quindi entri in conflitto. Certo. Una cosa che ho notato

che di cui parli quasi subito è una delle scoperte più importanti che hai fatto in queste ricerche,

è il fatto che ci sono aree in cui il Leopardo delle Nevi, che è un predatore primario,

convive con un altro predatore primario, che è il Leopardo comune. È qualcosa che forse dici,

come fanno a convivere? Non dovrebbero aggredirsi a vicenda, rubarsi le prede in qualche modo,

una non dovrebbe soccombere perché l'altra è più bravo? Insomma, da profano viene da dire,

ma come è possibile che due animali così simili possano coesistere sullo stesso territorio?

La bella domanda che si estende un po' a tutti i carnivori. A volte noi parlando della volpe e

del tasso, per esempio, non ci rendiamo conto che sono due carnivori che hanno un'alimentazione

molto simile, tutte e due scavano tane e quindi anche nelle nostre campagne ci sono dei problemi

ecologici che forse dovrebbero essere approfonditi di più. In Africa abbiamo delle comunità di grandi

carnivori anche più ricche di quelle che troviamo in Asia, in particolare sulle montagne dell'Asia.

Leone, leopardo comune, viena macchiata, licaone, tutti grandi carnivori che convivono

nelle stesse aree. Però in realtà io non mi ero mai posto questo problema fin quando,

lavorando su Leopardo delle Nevi, facendo analizzare gli escrementi di Leopardo delle

Nevi che trovavamo da dei genetisti, questi mi dissero che alcuni di questi escrementi sono di

Leopardo comune. Mi ha colpito questa notizia perché noi eravamo nell'area di distribuzione

di Leopardo delle Nevi, in un'area dove nessuno dei locali parlava di Leopardo comune e invece

c'era anche Leopardo comune. A quel punto mi sono chiesto come fanno queste due specie di

grandi carnivori di dimensioni simili, perché Leopardo comune è un po' più grosso del Leopardo

delle Nevi ma non molto più grosso, a convivere nella stessa area. Le regole del vicinato quali

sono? Pertanto la ricerca si è subito articolata su questo tema. Nel caso del Leopardo comune e

del Leopardo delle Nevi, la chiave di convivenza di queste due specie è che tendono a utilizzare

degli ambienti diversi, i Leopardi delle Nevi gli ambienti più aperti, i Leopardi comune gli

ambienti più chiusi, anche se predano le stesse prede, perché quando abbiamo fatto le analisi

dell'alimentazione è emerso che la preda primaria nel caso del Leopardo delle Nevi è il Tardel

in Malaya, l'area di studio dove lavoravamo, la preda secondaria è il Mosco che è un cervide

primitivo, in realtà è un moschide, non è proprio un cervide, insomma per far capire, dotato ancora

di zanne come i primi cervidi primitivi non ancora dotato di parchi, e poi il bestiame, gli ac

domestici, mentre nel caso del Leopardo comune la prima preda è il Mosco seguito poi dal Tardel

in Malaya e di nuovo dal bestiame. Quindi il menu è più o meno lo stesso, però vivono,

e questo l'abbiamo visto dagli escreventi, il DNA degli escreventi ci ha mostrato che il Leopardo

delle Nevi tende a stare in spazi aperti, come il resto avete già saputo, e il Leopardo comune

di più in foresta. Sono le prede che si muovono dagli spazi aperti alla foresta, quindi in realtà

predano le stesse prede ma in due ambienti diversi. Come mai? Molto probabilmente è per

evitare quella forma di competizione diretta chiamata interferenza comportamentale, che è uno

dei due modi con cui gli organismi competono, e cioè l'aggressione della preda del competitore

per nei confronti dell'altro competitore. Quindi abitando in appartamenti separati, dove però ci

sono disponibilità alimentari simili, perché le specie in momenti diversi della giornata o

dell'anno pendolano tra gli spazi aperti e gli spazi chiusi, possono utilizzare le stesse risorse

senza doversi aggredire. Non viene eliminata la competizione per l'utilizzo delle risorse,

ma viene eliminato il fortissimo rischio dell'aggressività diretta, e l'aggressività

diretta, a differenza di quanto avviene negli erbivori, nei carnivori, è il meccanismo

principale di rapporto tra due specie che vivono nella stessa area. Tant'è vero che questo è stato

visto in più di centinaio di coppie di specie di carnivori, compresa anche i carnivori molto più

piccoli, dove il competitore più forte può produrre degli effetti a livello di popolazione,

inducendo alla riduzione numerica, per aggressione diretta, il competitore più

debole. Quindi, evitarsi è una buona norma di vicinanza tra i carnivori. Il caso del leopardo

delle nevie e del leopardo comune è emblematico in questo senso. A differenza, per esempio,

del leopardo delle nevie e del lupo, il lupo è un grande carnivoro molto adattabile, lo troviamo

tanto in bosco quanto negli spazi aperti, e lì c'è una separazione a livello di area. Il lupo

tende a frequentare il fondo valle, mentre il leopardo delle nevie tende a frequentare le creste

rocciose, le parti più alte della valle. Quindi, anche in questo modo, i due grandi

carnivori possono coesistere. Tra l'altro, mi veniva da pensare, proprio al fatto che,

in qualche modo, una cosa che mi piace tantissimo dei tuoi libri è che tu non parli soltanto degli

animali, della zoologia, del comportamento di questi animali, ma parli anche del rapporto che

hanno con le popolazioni, con l'uomo, con le interazioni anche culturali, se vogliamo,

con l'uomo che hanno questi animali. Nel caso, ad esempio, di questi predatori, che comunque,

in qualche modo, vanno a impattare sulla vita delle persone, non è come in Italia. Lì,

magari sei un oyak, fa parte della tua economia familiare, domestica, ora non lo so, però se

perdi un oyak perché ti è attaccato un leopardo, credo che sia un problema. Quindi, mi interessava

molto proprio la parte in cui tu descrivi il fatto storico e culturale di come viene visto

questo animale e, in generale, di come esseri umani, che non hanno i mezzi tipici, non so,

delle popolazioni occidentali, per contrastare magari alla presenza dei carnivori, convivono

lo stesso con questi animali. Questo è molto interessante, non so se hai avuto testimonianze

di persone, di popolazioni locali che vivono in questi alti piani, su come vedono loro

il leopardo delle nevie e, in generale, i predatori. A monte di tutto questo, bisogna dire che, in genere,

la fauna selvatica sa perfettamente come convivere con l'uomo. È l'uomo che non sa convivere con la

fauna selvatica, di cui occupa peraltro l'ambiente, perché l'uomo è forse la specie invasiva peggiore

che esista, la specie animale più invasiva, e siamo noi che siamo andati a casa di queste specie,

che devono in qualche modo tollerare la nostra presenza, adattarsi alla nostra presenza, perché

altrimenti semplicemente vengono uccise, estirpate dalle nostre aree, che non sono nostre.

Il caso del leopardo delle nevie è un caso un po' particolare, particolare per diversi aspetti.

Primo perché diciamo che ancora c'è da lavorare sopra, però parrebbe che tenda a preferire le

prede selvatiche, quindi ricorre a predare il domestico esclusivamente quando non ci sono delle prede selvatiche

a sufficienza. Non solo, gran parte dell'area del leopardo delle nevie è nel centro dell'Asia,

in Parigi, in regione buddista. Il buddismo è una filosofia, una religione se vogliamo

chiamarla così, molto tollerante nei confronti di tutto, in particolare della fauna, perché

veramente credendo nelle psicosi rispettano la fauna.

Abbiamo a holdoven riitati maggiori rispetto a capitali.

Sento un rumore piuttosto forte.

Sì, ti dico scusa, purtroppo qua abbiamo i lavori in corso.

Stai cercando un attimo di eliminare il mio microfono per…

Va bene, non preoccuparti.

Quindi dicevo che il Leopardo delle Nevi, vivendo per 4 quinti del suo areale di distribuzione

in area buddista, in un certo senso è privilegiato.

Quindi viene rispettato di più che in altre aree.

Non solo, ma è anche molto meno aggressivo nei confronti degli esseri umani di tutti

gli altri grandi carnivori, eccezionfatta forse per il Gheppardo.

A mia conoscenza non c'è un solo caso documentato, ma oserei anche dire nemmeno documentato,

cioè proprio nessun caso menzionato di aggressione da parte di un Leopardo delle Nevi a un essere

umano, compresso i bambini.

E' curioso questo, molto curioso, perché un'altra specie come il Leopardo comune, che è di

poco più grosso, di qualche chilo, rispetto al Leopardo delle Nevi, è invece molto più

aggressivo.

Nell'area dove abbiamo lavorato su Leopardo comune, nel Pakistan settenzionale, nel parco

nazionale di Ayubia, ogni anno c'era 4-5 casi di aggressione di letta per lo più a

bambini e a donne da parte di Leopardi comuni per atto di predazione.

Nell'uno o due casi su 4-5 in cui l'atto di predazione non veniva interrotto subito dall'intervento

dell'uomo, poi il Leopardo si mangiava la preda.

Addirittura nell'India, chiamata Maharashtra, il numero di atti di predazione su esseri umani

da parte del Leopardo comune è di mediamente 10 all'anno.

Quindi diciamo una specie molto simile anche come dimensioni e come dieta, eppure è molto

più aggressiva.

Il Leopardo delle Nevi non lo è.

In questo momento non si sa come mai sia così, però il dato di fatto è questo, rimane da scoprirlo.

E quindi in un certo senso facilita anche alle popolazioni locali la tolleranza nei suoi confronti.

Ti attiviamo l'audio?

Tanto grazie che dalla regia hanno tolto il mio microfono.

Dunque, sempre a proposito di aggressività nei confronti dell'uomo, c'è un capitolo

che mi ha lasciato molto sorpreso del tuo libro, in cui si parla degli elefanti, tra

l'altro del Bangladesh, quindi elefanti asiatici, che noi culturalmente, come tradizione, siamo

abituati a vedere come dei giganti pacifici che anzi con l'uomo ci convivono anche abbastanza

tranquillamente.

È chiaro che è una situazione un po' particolare, Bangladesh ha una densità di popolazione

altissima, quindi credo che proprio gli spazi degli elefanti siano stati un po' per volta

rosicchiati, però leggo proprio nel tuo libro di una grande aggressività degli elefanti

nei confronti dell'uomo, o meglio, tanti episodi in cui l'elefante va ad attaccare, a uccidere

l'uomo, come mai questa cosa?

Per il motivo che ho accennato prima, perché è l'uomo, e che hai detto anche tu, è l'uomo

che ha invaso gli spazi dell'elefante.

In Bangladesh si trovano risaie un po' ovunque, è l'attività principale del Bangladesh, di

cui loro sono orgogliosi, dicono che sono in grado di far crescere il riso ovunque e

ci riescono anche.

Il risultato è che ha amplissime aree del Bangladesh e Bangladesh è secondo solamente

al Pakistan per la deforestazione.

Il Pakistan è il paese più deforestato del mondo, escludendo piccoli stati come Hong Kong,

la Repubblica di Andorra, eccetera, eccetera, ma il Bangladesh viene subito dopo.

Circa il 95% della copertura forestale è stata rimossa.

Gli elefanti hanno bisogno della foresta, se viene tolta la foresta, loro stanno benissimo

anche nelle risaie, nel senso che sanno benissimo mangiarsi le piantine di riso, solo che interferiscono

con l'uomo.

Di nuovo è l'uomo che continua a interferire con la biologia dell'elefante, al punto tale

che gli elefanti nomadi, quelle popolazioni di elefanti che migrano dall'India al Bangladesh

e tornando poi in India con delle aree vitali molto grandi, magari lasciano un'area che

è di foresta e quando ritornano trovano, alcuni mesi dopo, che ci sono delle capanne

costruite nei loro sentieri, sui loro percorsi.

L'elefante, anche se è un animale molto intelligente, ha capacità di apprendimento notevoli, fortissime,

però si trova comunque in conflitto, trovandosi sul proprio percorso delle capanne e semplicemente

le sposta, le travolge.

Questo è un primo punto.

Il secondo punto è che gli elefanti che noi vediamo di solito sono elefanti addomesticati,

quindi elefanti che sono stati presi da piccoli oppure comunque da giovani, tenuti in cattività.

Insomma, ogni animale è addomesticato, animale selvatico è addomesticato.

Noi diciamo addomesticato, gli inglesi usano un termine più appropriato che è to break,

cioè spezzare l'animale, perché noi in effetti addomesticando un animale selvatico,

letteralmente ne spezziamo la personalità.

Quindi l'animale domestico è un animale che è forzatamente addomesticato,

ma non è un animale addomesticato come il cane o il cavallo o la mucca.

Con il cavallo anche ci sono degli stimoli, ma comunque questi sono animali selezionati

per millenni in favore di una loro adattabilità a convivere con l'uomo.

Nel caso di un animale selvatico, questo lungo adattamento alla convivenza con l'uomo non c'è

stato. Quindi sono animali apparentemente tranquilli, ma di tanto in tanto, dandoli fuori,

non è così raro che degli elefanti domestici, addomesticati anzi,

combinino qualche guaio proprio perché hanno ancora dei comportamenti da animale selvatico.

Per esempio, quando i maschi vanno in amore diventano estremamente irritabili e possono

essere molto pericolosi anche gli elefanti domestici. In natura, ancora peggio,

quindi è un elefante irritato, qualcosa da cui diciamo che bisogna guardarsene perché non è facile

tenerlo lontano. Io ho avuto uno studente molti anni fa che andò a fare il consulente in un'

organizzazione internazionale di conservazione e accompagnava dei turisti in Africa e venne

ucciso dalla carica di un elefante. Bisogna stare molto attenti, non sono animali in natura,

non sono animali domestici e anche quelli che vediamo in domesticità non sono domestici,

addomesticati e c'è una differenza. A proposito di animali tra virgolette pericolosi, perché poi

chiaramente sono pericolosi per noi, è tutta una visione molto relativa, molto antropocentrica.

È vero che sono pericolosi, ma sono pericolosi per me, sono pericolosi per un essere umano,

è qualcosa che non vuol dire molto, anche io sono pericoloso se prendo una cetta in mano.

A proposito di animali tra virgolette pericolosi, nel tuo libro parli anche di tigri, che sono

animali che hanno in certi casi problemi di conservazione, in certi casi problemi di

convivenza con l'uomo e quindi vuoi raccontare la tua esperienza su questi animali?

Io ho lavorato sulla tigre solamente sulla Fanta, nell'ovest del Nepal, che è un'area

ricchissima di prede naturali. Pertanto gli attacchi di tigre a esseri umani non a caso

sono rari, proprio perché hanno ben sette specie selvatiche di grandi ungulati, per

non parlare poi anche di due specie di scimmie, di prede secondarie. Sono tutte specie piuttosto

abbondanti, anzi alcune molto abbondanti, sono dei cervili che sono molto abbondanti,

è molto difficile che in quell'area ci sia un conflitto diretto con la tigre. La situazione è

molto diversa in un'altra area dove dovevo iniziare a lavorare sulla tigre, poi un problema non

dipendente dalla mia volontà, non potevamo concretizzare lo studio, e cioè nelle Sundarbans,

che ho descritto nel libro precedente, in cui le tigri vivono in un'area molto infiltrata

dall'uomo, cioè una grossa densità di tigri, hanno molte prede selvatiche, però il territorio è

paludoso, è un'area grandissima, più o meno come metà Lombardia, forse anche qualcosa di più,

il delta del Gange, del Banaputra, dove si procede non a piedi, si procede in canoa,

perché a piedi non capita mai di camminare per più di un quarto d'ora, 20 minuti, senza trovare

un grosso canale o comunque un corso d'acqua. In quest'area è molto usata dagli indigeni locali

per raccogliere il miele, per pescare, diciamo che prevalentemente queste sono le attività

economiche locali, la raccolta del miele e la pesca. La raccolta del miele viene fatta seguendo

le api selvatiche, naturalmente, quindi un indigeno, un locale che vuole raccogliere miele,

cerca un'ape e poi corre dietro all'ape cercando piano piano di avvicinarsi al favo. Facendo in

questo modo, in una giungla paludosa come quella che vi dicevo, può capitare che accidentalmente

incontri un tigre e se vede una potenziale preda a tiro ne fa uso. Per i pescatori anche il problema

è che la notte dormono nelle pirogue attraccate vicino a riva, non in mare aperto ovviamente,

nei canali e le tigri nuotano e quindi possono tranquillamente nuotare verso la piroga e

predare. Lì c'è una predazione sugli esseri umani molto molto alta, sono centinaia i casi di attacchi

a esseri umani all'anno. Però ecco dove ho lavorato nel Suclafanta questo problema non

sussiste, gli indigeni locali tendono a starsene relativamente lontani dalla parte frequentata

dalle tigri, a volte le tigri in dispersione possono entrare in conflitto, ma è un caso

abbastanza raro, non è frequente. E poi ripeto, per una semplice questione di probabilità di

incontro, se ci sono tante specie selvatiche, la tigre non è cattiva e assassina e vuole

ammazzare gli esseri umani, se ne nutre, essendo un grande carnivoro, quindi se incontra un'altra

potenziale preda ne fa uso e a quel punto perde interesse a predare l'uomo. Comunque è molto

bello camminare e fare il campo in un'area frequentata dalle tigri perché aggiunge un

po' di pepe all'esperienza, dà una sensazione, probabilmente la stessa sensazione degli alpinisti

che vanno a rampicare in posti pericolosi. Sì, un po' di adrenalina in più. E' un po' del mischio,

diciamo, controllato. Comunque è affascinante vedere come in paesi lontani dai nostri il

rapporto con la fauna selvatica sia così stretto, mentre noi magari ci stiamo un po'

disabituando al fatto di far parte della natura. E quindi quando adesso rispuntano gli orsi,

rispuntano i lupi, sembra di parlare di alieni, quando fino a qualche generazione fa ci

convivevamo normalmente, poi li abbiamo o allontanati o rinchiusi o sterminati, dipende

dall'animale, insomma ce ne siamo un po' isolati, ma si dimentichiamo spesso che noi facciamo parte

della natura. Ce ne ricorderemo, nel futuro ce ne ricorderemo. Una cosa molto divertente è che,

almeno diciamo divertente, forse non è l'aggettivo più appropriato, sulla stessa rivista Science,

qualche anno fa vennero pubblicati nello stesso anno due articoli a nome di un congruo numero

di ricercatori sui carnivori. In un articolo si concludeva che i grandi carnivori possono

convivere facilmente con gli esseri umani e veniva portato come esempio l'Europa. Nell'altro

articolo, curiosamente, veniva scritto che la principale causa di estinzione dei grandi

carnivori è l'antropizzazione del loro habitat. A me divertì un po' il fatto che la stessa rivista,

a distanza di pochi mesi, pubblichi due articoli contrastanti. Molto probabilmente la chiave di

lettura è che la situazione in Europa è una situazione profondamente alterata dall'uomo.

Cioè i grandi carnivori in Europa erano praticamente scomparsi, cioè erano rimasti

un po' nell'Europa dell'est, ma nemmeno coi tanti, se si esclude la Russia. Anche in Russia era il

lupo che era più abbondante, l'orso era raro, era diventato raro, la lince non costituisce di

solito un problema per l'uomo. Quindi la presenza di questi grandi carnivori in Europa è di fatto

un fattore recente prodotto dal miglioramento della gestione dell'ambiente. E' chiaro che se

una specie, anzi non se una specie, se più specie vengono protette, la protezione del grande

carnivoro passa attraverso la protezione delle sue prede naturali. Quindi proteggendo giustamente le

prede naturali del grande carnivoro noi indirettamente aiutiamo anche la ricolonizzazione

da parte del grande carnivoro. All'inizio va tutto bene, poi mi aspetto che possano sorgere

delle difficoltà. Quando la preda, come sta facendo oggi in Europa il capriolo, il cervo,

il cinghiale invade le aree periferiche delle città o addirittura colonizza i parchi urbani,

a seguito delle prede selvatiche, automaticamente, prima o poi, e' solo una versione di tempo,

arriva il predatore, in questo caso di solito il lupo. Il lupo non è cattivo, ma il lupo è un grande

carnivoro, è il lupo. Quindi se siamo abituati a portare i nostri cagnolini a fare i loro bisogni

nel parco di una villa e ci sono dei lupi, può succedere che i cagnolini di tanto in tanto

scompaiano e possono sorgere problemi di convivenza. Personalmente credo che l'uomo

ha invaso i territori un tempo occupati dalla fauna selvatica. Illudersi che oggi nel cuore

delle nostre aree antropizzate si possa facilmente convivere con grandi carnivori,

merita particolare attenzione e realismo, essere pronti a interventi che consentano

questa convivenza, se vogliamo. Il senso è che in un'area che noi votiamo a qualcosa di diverso,

è arbitrio nostro, però sarebbe utopistico pensare di mantenere una popolazione di grandi

carnivori. Se ci riusciamo, tanto meglio, ma se non ci riusciamo probabilmente dovremmo per tempo

studiare dei metodi ecologicamente corretti di intervento. Non mi sto riferendo alla caccia,

assolutamente non parlo di caccia, sto parlando di interventi mirati a limite

anche di rimozione locale pur sempre nel rispetto della specie. Certo, tra l'altro un punto

fondamentale dell'intervista che mi hai lasciato qualche mese fa era proprio il fatto che noi

spesso nei nostri rapporti con la fauna ci lasciamo guidare dalle emotività, che è un

grosso problema perché o ami il lupo perché è bellissimo, il protagonista delle favole,

rivalutiamolo, oppure il lupo mi stermina le greci. Non c'è mai la conoscenza approfondita

del con che cosa ci si sta confrontando. Infatti la frase in cui dici il lupo è un lupo è emblematica,

la gente pensa che sia un animale dolcissimo, buonissimo o il nemico da tenere lontano,

sono entrambi modi sbagliati per rapportarsi a un argomento complesso come quello dei grandi

carnivori. Allora faccio un attimo il padrone di casa, mi segnalano dalla regia che sono passati

40 minuti, quindi abbiamo ancora qualche minuto, se ci sono domande non fate i timidi, fatevi

sentire. Questo ragionamento che fai in qualche modo penso sia anche legato un po' al fatto che

le dinamiche dell'uomo, quindi di popolazione, di espansione, di sfruttamento del territorio,

siano diventate sempre più impattanti sulla fauna, quindi in modi diversi in Europa, in Asia,

in America, non lo so, ma insomma mi sembra che, conferma se questa è la tua impressione,

se non è tanto l'animale in sé, che sia il leopardo, che sia la tigre, che sia il lupo,

che sia l'orso, ad avere in mano la responsabilità di questi possibili conflitti con l'uomo,

quanto sia l'uomo che, non conoscendo bene con chi ha a che fare, pensa di potersi espandere in

territori dove prima non ha fatto degli studi, non conosce bene la fauna selvatica. Mi sembra

che spesso ci sia un'avventatezza dell'uomo nel fare determinate espansioni territoriali,

nel fare determinati ripopolamenti, insomma, è un discorso molto ampio, ma mi sembra che

questa sia un po' la tua filosofia. Direi che hai colto esattamente il senso di quello che

volevo dire anche prima. L'uomo si dà un sacco d'aria, intanto si è definito sapiens, e già su

quello da solo si potrebbe discutere. Comunque si è dato il nome di sapiens. Ora, se è veramente

sapiens dovrebbe essere in grado di modulare il proprio comportamento nel rispetto degli altri

organismi che condividono il suo ambiente. Invece l'uomo pretende che siano gli altri

organismi ad adattarsi a lui e in questo modo si comporta da perfetto animale. Questo è un approccio

assolutamente da animale. Il carnivoro, se trova una preda, la preda la uccide, la mangia.

Non sento più la voce di Sandro. Proviamo con le cuffie. Adesso dico alla regia che il

microfono di Sandro è disattivato. Paolo Aguarine commenta molto interessante. Sandro devi

riattivare il microfono perché dalla regia non riescono a farlo. Quando un predatore trova una

preda la caccia normalmente. Se l'uomo è veramente sapiens dovrebbe essere in grado di mediare,

invece si comporta da perfetta bestia. Cioè dove posso distruggere distruggo,

mi da noia uccido, elimino. Questa non è gestione, questo è un approccio assolutamente

animalesco. Quindi non riconosco in questo approccio distruttivo dell'uomo l'aggettivo

di sapiens che si è appiccicato addosso e anche di tutte le arie che ci diamo in proposito.

Certo, infatti poi alla fine probabilmente il punto fondamentale sarebbe studiare, conoscere,

capire il mondo naturale anche perché ne sappiamo talmente poco che forse più ne studiamo e meglio

è. Va bene, direi che siamo arrivati più o meno in conclusione. Io vi dico brevemente cosa penso

di questo libro. È un libro, intanto riassumiamo, Il leopardo dagli occhi di ghiaccio di Sandro

Lovari, edizioni La Terza. È un libro che ti fa venire voglia di viaggiare, lo dicevo prima a

Sandro, perché ti fa immaginare questi luoghi lontani, questi luoghi tra l'altro poco conosciuti.

Una cosa carina che dice è che proprio a differenza dei grandi predatori africani

che sono amati, sono le star dei documentari naturalistici, invece quest'animale che è così,

difficile da osservare, è ugualmente affascinante ma è proprio per il fatto che è molto più difficile

da filmare, da fotografare, da rappresentare, che forse ha subito un po', non dico che sia

sconosciuto, ma insomma è un animale affascinante e misterioso di cui si vede pochissimo, di cui si

parla pochissimo. Tra l'altro mi ricordo un documentario della BBC di qualche anno fa, in cui

c'era questa scena di caccia di un leopardo delle nevi, mi sembra ai danni di un tarno, sono sicuro, forse di un tarno.

Allora, ci sono due filmati, uno di uno stambecco, un stambecco siberiano, e l'altro è di un markhor,

che è un'altra capra selvatica in Pakistan. Ho capito, comunque è una scena incredibile, perché

vanno, questo inseguimento su queste pareti a strapiombo, veramente ripidissime, inseguimento

in cui si rotolano per decine di metri di caduta senza farsi nulla, tra l'altro su questo adesso non

scendiamo nei dettagli, però è incredibile vedere come riesca a rimastare in equilibrio quest'animale,

mentre insegue un altro animale che è agilissimo sulle rocce, è qualcosa che secondo me ha lo stesso

fascino, ha la stessa forza visiva del classico inseguimento del gheppardo con la gazzella,

e quindi è bello parlarne anche perché c'è tanta di quella natura che non conosciamo, che conosciamo

poco, o che ne abbiamo giusto sentito parlare ma finisce lì, che è quasi criminale perdersela,

non conoscerla, non sapere che esiste, e oltretutto quello che non conosciamo non possiamo

neanche proteggerlo, tutelarlo, studiarlo, e quindi motivo in più per promuovere libri come questo,

che racconta in maniera molto molto viva, molto vissuta, da chi ci è stato, da chi li ha studiati

questi argomenti, proprio per valorizzarli, per renderli una testimonianza in più di un mondo

che speriamo ci sia e continui a esistere anche in futuro. Quindi complimenti perché

un libro davvero molto molto bello e niente, leggetelo. Niente Sandro, io ti ringrazio per

per aver partecipato a questa diretta, io ringrazio Casa La Terza per avermi invitato a fare gli

onori di casa, è stato veramente un piacere. Credo che questa registrazione resterà sia sul

canale YouTube sia sulla pagina Facebook, quindi se ci sono domande anche nei prossimi giorni si

possono mettere nei commenti. Grazie di tutto. Grazie a te per la condizione e ovviamente la

Casa Di Prince e la Terza per aver organizzato questo incontro. Perfetto,

grazie mille e grazie a tutti quelli che hanno partecipato. Buona serata.


'Il leopardo dagli occhi di ghiaccio' di Sandro Lovari 'The Ice-Eyed Leopard' by Sandro Lovari El leopardo de los ojos de hielo" de Sandro Lovari 桑德罗·洛瓦里的《冰眼豹》

Eccoci, buonasera e benvenuti. Io sono Alfonso Lucifredi, giornalista scientifico e farò

un po' da padrone di casa per la presentazione di questo libro, Il leopardo dagli occhi di

ghiaccio di Sandro Lovari. Ciao Sandro, è veramente un onore e un piacere essere qua per presentare

questo libro che sono riuscito a leggere in questi giorni e mi è piaciuto davvero tanto,

come ti anticipavo prima, quindi grazie anche a Edizioni La Terza per l'invito. Di cosa parla

questo libro? Beh, molto semplice, almeno c'è un filo conduttore che mi sembra abbastanza evidente

sin da subito, è Il leopardo dagli occhi di ghiaccio. Leggiamo la quarta di copertina. Il leopardo delle

nevi, il carnivoro dagli occhi di ghiaccio, è un animale affascinante e misterioso. Per riuscire a

conoscerlo e studiarlo per oltre dieci anni, Sandro Lovari ha condotto e guidato ricerche sul campo in

alcuni dei luoghi più selvaggi e incontaminati del pianeta, le gelidevette dell'Himalaya e gli

ari di picchi del Karakoram. Il risultato è questo resoconto appassionante, testimonianza di una delle

imprese scientifiche che ha cambiato il modo in cui guardiamo le altre specie animali. Ora,

Sandro Lovari, per chi non lo conoscesse, se stiamo qua a raccontare tutto il suo curriculum,

stiamo circa un paio d'ore. Comunque, riassumiamo il tutto nel dire che è uno dei più grandi etologi

italiani e probabilmente internazionali, uno dei massimi esperti di questo animale e in generale si

occupa non soltanto di ricerca ma anche di comunicazione, di divulgazione. Quindi ogni

tanto esce uno di questi suoi libri bellissimi sui viaggi e le ricerche che ha fatto. In questo

caso il filoconduttore è un animale che è iconico, misterioso e affascinante, ma è anche molto poco

conosciuto, probabilmente perché a differenza dei grandi predatori, dei grandi carnivori,

dei grandi pianori africani, ad esempio, è più difficile da vedere. Vive in ambienti molto

remoti, molto difficili da raggiungere, quindi è proprio difficile da vedere, da trovare. E quindi

cominciamo proprio dal piatto forte di questo libro, che ovviamente non parla solo di Leopardo

delle Nevi, ma ti domando, com'è conosciuto e com'è nato il tuo interesse per il Leopardo delle

Nevi? Beh, è nato quasi con me, perché è nato all'età di cinque anni, quando ero proprio un

bambino ancora, prima ancora di andare a scuola, da una collezione di figurine d'animali, che era

la prima collezione di figurine di animali del dopoguerra. Queste figurine erano molto fantasiose,

nel senso che quello che veniva riportato sulle note biologiche degli animali fanno sorridere,

ecco, rileggendole oggi. Però erano 600 figurine di altrettante specie animali e di queste io

avevo segnalato come la più affascinante quella del Leopardo delle Nevi. Quindi all'età di cinque

anni la mia fantasia di bambino venne colpita da questo animale che viveva in mezzo alle nevi,

che poi non è proprio vero, ma insomma solo d'inverno sta in mezzo alle nevi, ma comunque.

E poi in seguito non ho più avuto occasione di interagire con lui, tranne occasionalmente,

quando ne vedevo qualche esemplare in qualche zoo, per esempio vi ricordo un bel gruppo nello zoo

di Helsinki all'inizio degli anni Ottanta, e sempre mi provocava qualcosa dentro, perché è bellissimo,

ha dei colori sfumati grigio-bianchi, macchie molto belle e gli occhi sono magnetici,

slittano dal colore azzurrastro del ghiaccio a quello dell'ocra. È veramente un animale

molto particolare. In seguito, avendo iniziato delle ricerche in Himalaya su una delle potenziali

prede di questo animale, di questo carnivoro, dove però non era presente, ma dopo una decina d'anni

che stavo lavorando su questa preda, che è il Tar dell'Himalaya, una specie di stambecco,

un gruppo, due, due maschie una femmina, Leopardi e Le Nevi, apparentemente colonizzarono questo

parco dal quale erano stati spazzati via dall'uomo prima che venisse istituito come parco. Parlo del

parco nazionale Monte Everest, il Sagarmata National Park. E ecco che Leopardi e Le Nevi

tornarono da me e quindi da figurina che era comparve in carne e ossa e pelo. Naturalmente non

mi feci sfuggire l'occasione di includerlo nel progetto di ricerca che stavo conducendo

nella valle di Everest. Ecco, sì, tra l'altro leggevo proprio che il problema principale

nello studio e nella conservazione di un animale del genere è il fatto che già è difficile trovare,

già è difficile capire quanti numeri sono. È un animale elusivo, un animale che abita in

ambienti molto impervi e quindi immagino che le ricerche siano state tutt'altro che facili.

Beh, sulla facilità nell'entrare in contatto diretto con questo animale posso dire che dopo

averci lavorato per più di una decina d'anni ancora non mi è riuscito di vederne uno in natura. Gli

ho sentiti miagolare perché non ruggiscono, è l'unico grande felide che per una forma particolare

dell'ossoioide non riesce a ruggire, ma ha un miagolio ovviamente molto più profondo

del miagolio dei gatti più piccoli. Però miagola, non ruggisce. Bene, ne ho sentito il miagolio più

volte, ho trovato prede anche uccise di fresco più volte, per non parlare di impronte, urinazioni,

escrementi, tutto tranne riuscire a vederlo. Ma non ho nemmeno tentato di vederlo. Per esempio,

dei miei studenti spesso facevano appostamenti, sì magari qualche volta anch'io sono andato,

l'ho sempre visto quasi come una sorta di divinità delle montagne che se vuole mostrarsi si mostra.

Lo so che questo non è un ragionamento da ricercatore, da scienziato, però fa parte del

fascino che sempre hanno esercitato su di me non solo le montagne, ma in particolare le montagne

dell'Asia. Sono cresciuto leggendo i libri di Sven Heydin, di Ferdinand Ossendowski, di Giuseppe

Tucci, che raccontavano delle loro esplorazioni del continente asiatico. Per cui per me l'Asia è

sempre stato qualcosa di molto particolare. Certo. Fa parte di questo mondo particolare.

Assolutamente. Tra l'altro leggevo subito all'inizio del tuo libro che parli anche molto

della visione che hanno i popoli locali di questo animale, quindi veniva un po' visto dal punto di

vista esoterico come una sorta di messaggero degli dèi o quasi come una divinità vera e propria.

Forse il motivo è proprio questa sua elusività. È probabile perché questo non viene attribuito

a un lupo che per esempio viene considerato un cane. Se tu chiedi cosa pensano del lupo,

ti dicono quelli che sanno l'inglese just a dog, è un cane. Il Lepardo delle Nevi è invece la

reincarnazione di un lama e viene considerato una sorta di messaggero degli dèi. Per cui c'è anche

una buona tolleranza nei confronti di questa specie, nonostante di tanto in alcune aree

anche abbastanza spesso predi bestiame e quindi entri in conflitto. Certo. Una cosa che ho notato

che di cui parli quasi subito è una delle scoperte più importanti che hai fatto in queste ricerche,

è il fatto che ci sono aree in cui il Leopardo delle Nevi, che è un predatore primario,

convive con un altro predatore primario, che è il Leopardo comune. È qualcosa che forse dici,

come fanno a convivere? Non dovrebbero aggredirsi a vicenda, rubarsi le prede in qualche modo,

una non dovrebbe soccombere perché l'altra è più bravo? Insomma, da profano viene da dire,

ma come è possibile che due animali così simili possano coesistere sullo stesso territorio?

La bella domanda che si estende un po' a tutti i carnivori. A volte noi parlando della volpe e

del tasso, per esempio, non ci rendiamo conto che sono due carnivori che hanno un'alimentazione

molto simile, tutte e due scavano tane e quindi anche nelle nostre campagne ci sono dei problemi

ecologici che forse dovrebbero essere approfonditi di più. In Africa abbiamo delle comunità di grandi

carnivori anche più ricche di quelle che troviamo in Asia, in particolare sulle montagne dell'Asia.

Leone, leopardo comune, viena macchiata, licaone, tutti grandi carnivori che convivono

nelle stesse aree. Però in realtà io non mi ero mai posto questo problema fin quando,

lavorando su Leopardo delle Nevi, facendo analizzare gli escrementi di Leopardo delle

Nevi che trovavamo da dei genetisti, questi mi dissero che alcuni di questi escrementi sono di

Leopardo comune. Mi ha colpito questa notizia perché noi eravamo nell'area di distribuzione

di Leopardo delle Nevi, in un'area dove nessuno dei locali parlava di Leopardo comune e invece

c'era anche Leopardo comune. A quel punto mi sono chiesto come fanno queste due specie di

grandi carnivori di dimensioni simili, perché Leopardo comune è un po' più grosso del Leopardo

delle Nevi ma non molto più grosso, a convivere nella stessa area. Le regole del vicinato quali

sono? Pertanto la ricerca si è subito articolata su questo tema. Nel caso del Leopardo comune e

del Leopardo delle Nevi, la chiave di convivenza di queste due specie è che tendono a utilizzare

degli ambienti diversi, i Leopardi delle Nevi gli ambienti più aperti, i Leopardi comune gli

ambienti più chiusi, anche se predano le stesse prede, perché quando abbiamo fatto le analisi

dell'alimentazione è emerso che la preda primaria nel caso del Leopardo delle Nevi è il Tardel

in Malaya, l'area di studio dove lavoravamo, la preda secondaria è il Mosco che è un cervide

primitivo, in realtà è un moschide, non è proprio un cervide, insomma per far capire, dotato ancora

di zanne come i primi cervidi primitivi non ancora dotato di parchi, e poi il bestiame, gli ac

domestici, mentre nel caso del Leopardo comune la prima preda è il Mosco seguito poi dal Tardel

in Malaya e di nuovo dal bestiame. Quindi il menu è più o meno lo stesso, però vivono,

e questo l'abbiamo visto dagli escreventi, il DNA degli escreventi ci ha mostrato che il Leopardo

delle Nevi tende a stare in spazi aperti, come il resto avete già saputo, e il Leopardo comune

di più in foresta. Sono le prede che si muovono dagli spazi aperti alla foresta, quindi in realtà

predano le stesse prede ma in due ambienti diversi. Come mai? Molto probabilmente è per

evitare quella forma di competizione diretta chiamata interferenza comportamentale, che è uno

dei due modi con cui gli organismi competono, e cioè l'aggressione della preda del competitore

per nei confronti dell'altro competitore. Quindi abitando in appartamenti separati, dove però ci

sono disponibilità alimentari simili, perché le specie in momenti diversi della giornata o

dell'anno pendolano tra gli spazi aperti e gli spazi chiusi, possono utilizzare le stesse risorse

senza doversi aggredire. Non viene eliminata la competizione per l'utilizzo delle risorse,

ma viene eliminato il fortissimo rischio dell'aggressività diretta, e l'aggressività

diretta, a differenza di quanto avviene negli erbivori, nei carnivori, è il meccanismo

principale di rapporto tra due specie che vivono nella stessa area. Tant'è vero che questo è stato

visto in più di centinaio di coppie di specie di carnivori, compresa anche i carnivori molto più

piccoli, dove il competitore più forte può produrre degli effetti a livello di popolazione,

inducendo alla riduzione numerica, per aggressione diretta, il competitore più

debole. Quindi, evitarsi è una buona norma di vicinanza tra i carnivori. Il caso del leopardo

delle nevie e del leopardo comune è emblematico in questo senso. A differenza, per esempio,

del leopardo delle nevie e del lupo, il lupo è un grande carnivoro molto adattabile, lo troviamo

tanto in bosco quanto negli spazi aperti, e lì c'è una separazione a livello di area. Il lupo

tende a frequentare il fondo valle, mentre il leopardo delle nevie tende a frequentare le creste

rocciose, le parti più alte della valle. Quindi, anche in questo modo, i due grandi

carnivori possono coesistere. Tra l'altro, mi veniva da pensare, proprio al fatto che,

in qualche modo, una cosa che mi piace tantissimo dei tuoi libri è che tu non parli soltanto degli

animali, della zoologia, del comportamento di questi animali, ma parli anche del rapporto che

hanno con le popolazioni, con l'uomo, con le interazioni anche culturali, se vogliamo,

con l'uomo che hanno questi animali. Nel caso, ad esempio, di questi predatori, che comunque,

in qualche modo, vanno a impattare sulla vita delle persone, non è come in Italia. Lì,

magari sei un oyak, fa parte della tua economia familiare, domestica, ora non lo so, però se

perdi un oyak perché ti è attaccato un leopardo, credo che sia un problema. Quindi, mi interessava

molto proprio la parte in cui tu descrivi il fatto storico e culturale di come viene visto

questo animale e, in generale, di come esseri umani, che non hanno i mezzi tipici, non so,

delle popolazioni occidentali, per contrastare magari alla presenza dei carnivori, convivono

lo stesso con questi animali. Questo è molto interessante, non so se hai avuto testimonianze

di persone, di popolazioni locali che vivono in questi alti piani, su come vedono loro

il leopardo delle nevie e, in generale, i predatori. A monte di tutto questo, bisogna dire che, in genere,

la fauna selvatica sa perfettamente come convivere con l'uomo. È l'uomo che non sa convivere con la

fauna selvatica, di cui occupa peraltro l'ambiente, perché l'uomo è forse la specie invasiva peggiore

che esista, la specie animale più invasiva, e siamo noi che siamo andati a casa di queste specie,

che devono in qualche modo tollerare la nostra presenza, adattarsi alla nostra presenza, perché

altrimenti semplicemente vengono uccise, estirpate dalle nostre aree, che non sono nostre.

Il caso del leopardo delle nevie è un caso un po' particolare, particolare per diversi aspetti.

Primo perché diciamo che ancora c'è da lavorare sopra, però parrebbe che tenda a preferire le

prede selvatiche, quindi ricorre a predare il domestico esclusivamente quando non ci sono delle prede selvatiche

a sufficienza. Non solo, gran parte dell'area del leopardo delle nevie è nel centro dell'Asia,

in Parigi, in regione buddista. Il buddismo è una filosofia, una religione se vogliamo

chiamarla così, molto tollerante nei confronti di tutto, in particolare della fauna, perché

veramente credendo nelle psicosi rispettano la fauna.

Abbiamo a holdoven riitati maggiori rispetto a capitali.

Sento un rumore piuttosto forte.

Sì, ti dico scusa, purtroppo qua abbiamo i lavori in corso.

Stai cercando un attimo di eliminare il mio microfono per…

Va bene, non preoccuparti.

Quindi dicevo che il Leopardo delle Nevi, vivendo per 4 quinti del suo areale di distribuzione

in area buddista, in un certo senso è privilegiato.

Quindi viene rispettato di più che in altre aree.

Non solo, ma è anche molto meno aggressivo nei confronti degli esseri umani di tutti

gli altri grandi carnivori, eccezionfatta forse per il Gheppardo.

A mia conoscenza non c'è un solo caso documentato, ma oserei anche dire nemmeno documentato,

cioè proprio nessun caso menzionato di aggressione da parte di un Leopardo delle Nevi a un essere

umano, compresso i bambini.

E' curioso questo, molto curioso, perché un'altra specie come il Leopardo comune, che è di

poco più grosso, di qualche chilo, rispetto al Leopardo delle Nevi, è invece molto più

aggressivo.

Nell'area dove abbiamo lavorato su Leopardo comune, nel Pakistan settenzionale, nel parco

nazionale di Ayubia, ogni anno c'era 4-5 casi di aggressione di letta per lo più a

bambini e a donne da parte di Leopardi comuni per atto di predazione.

Nell'uno o due casi su 4-5 in cui l'atto di predazione non veniva interrotto subito dall'intervento

dell'uomo, poi il Leopardo si mangiava la preda.

Addirittura nell'India, chiamata Maharashtra, il numero di atti di predazione su esseri umani

da parte del Leopardo comune è di mediamente 10 all'anno.

Quindi diciamo una specie molto simile anche come dimensioni e come dieta, eppure è molto

più aggressiva.

Il Leopardo delle Nevi non lo è.

In questo momento non si sa come mai sia così, però il dato di fatto è questo, rimane da scoprirlo.

E quindi in un certo senso facilita anche alle popolazioni locali la tolleranza nei suoi confronti.

Ti attiviamo l'audio?

Tanto grazie che dalla regia hanno tolto il mio microfono.

Dunque, sempre a proposito di aggressività nei confronti dell'uomo, c'è un capitolo

che mi ha lasciato molto sorpreso del tuo libro, in cui si parla degli elefanti, tra

l'altro del Bangladesh, quindi elefanti asiatici, che noi culturalmente, come tradizione, siamo

abituati a vedere come dei giganti pacifici che anzi con l'uomo ci convivono anche abbastanza

tranquillamente.

È chiaro che è una situazione un po' particolare, Bangladesh ha una densità di popolazione

altissima, quindi credo che proprio gli spazi degli elefanti siano stati un po' per volta

rosicchiati, però leggo proprio nel tuo libro di una grande aggressività degli elefanti

nei confronti dell'uomo, o meglio, tanti episodi in cui l'elefante va ad attaccare, a uccidere

l'uomo, come mai questa cosa?

Per il motivo che ho accennato prima, perché è l'uomo, e che hai detto anche tu, è l'uomo

che ha invaso gli spazi dell'elefante.

In Bangladesh si trovano risaie un po' ovunque, è l'attività principale del Bangladesh, di

cui loro sono orgogliosi, dicono che sono in grado di far crescere il riso ovunque e

ci riescono anche.

Il risultato è che ha amplissime aree del Bangladesh e Bangladesh è secondo solamente

al Pakistan per la deforestazione.

Il Pakistan è il paese più deforestato del mondo, escludendo piccoli stati come Hong Kong,

la Repubblica di Andorra, eccetera, eccetera, ma il Bangladesh viene subito dopo.

Circa il 95% della copertura forestale è stata rimossa.

Gli elefanti hanno bisogno della foresta, se viene tolta la foresta, loro stanno benissimo

anche nelle risaie, nel senso che sanno benissimo mangiarsi le piantine di riso, solo che interferiscono

con l'uomo.

Di nuovo è l'uomo che continua a interferire con la biologia dell'elefante, al punto tale

che gli elefanti nomadi, quelle popolazioni di elefanti che migrano dall'India al Bangladesh

e tornando poi in India con delle aree vitali molto grandi, magari lasciano un'area che

è di foresta e quando ritornano trovano, alcuni mesi dopo, che ci sono delle capanne

costruite nei loro sentieri, sui loro percorsi.

L'elefante, anche se è un animale molto intelligente, ha capacità di apprendimento notevoli, fortissime,

però si trova comunque in conflitto, trovandosi sul proprio percorso delle capanne e semplicemente

le sposta, le travolge.

Questo è un primo punto.

Il secondo punto è che gli elefanti che noi vediamo di solito sono elefanti addomesticati,

quindi elefanti che sono stati presi da piccoli oppure comunque da giovani, tenuti in cattività.

Insomma, ogni animale è addomesticato, animale selvatico è addomesticato.

Noi diciamo addomesticato, gli inglesi usano un termine più appropriato che è to break,

cioè spezzare l'animale, perché noi in effetti addomesticando un animale selvatico,

letteralmente ne spezziamo la personalità.

Quindi l'animale domestico è un animale che è forzatamente addomesticato,

ma non è un animale addomesticato come il cane o il cavallo o la mucca.

Con il cavallo anche ci sono degli stimoli, ma comunque questi sono animali selezionati

per millenni in favore di una loro adattabilità a convivere con l'uomo.

Nel caso di un animale selvatico, questo lungo adattamento alla convivenza con l'uomo non c'è

stato. Quindi sono animali apparentemente tranquilli, ma di tanto in tanto, dandoli fuori,

non è così raro che degli elefanti domestici, addomesticati anzi,

combinino qualche guaio proprio perché hanno ancora dei comportamenti da animale selvatico.

Per esempio, quando i maschi vanno in amore diventano estremamente irritabili e possono

essere molto pericolosi anche gli elefanti domestici. In natura, ancora peggio,

quindi è un elefante irritato, qualcosa da cui diciamo che bisogna guardarsene perché non è facile

tenerlo lontano. Io ho avuto uno studente molti anni fa che andò a fare il consulente in un'

organizzazione internazionale di conservazione e accompagnava dei turisti in Africa e venne

ucciso dalla carica di un elefante. Bisogna stare molto attenti, non sono animali in natura,

non sono animali domestici e anche quelli che vediamo in domesticità non sono domestici,

addomesticati e c'è una differenza. A proposito di animali tra virgolette pericolosi, perché poi

chiaramente sono pericolosi per noi, è tutta una visione molto relativa, molto antropocentrica.

È vero che sono pericolosi, ma sono pericolosi per me, sono pericolosi per un essere umano,

è qualcosa che non vuol dire molto, anche io sono pericoloso se prendo una cetta in mano.

A proposito di animali tra virgolette pericolosi, nel tuo libro parli anche di tigri, che sono

animali che hanno in certi casi problemi di conservazione, in certi casi problemi di

convivenza con l'uomo e quindi vuoi raccontare la tua esperienza su questi animali?

Io ho lavorato sulla tigre solamente sulla Fanta, nell'ovest del Nepal, che è un'area

ricchissima di prede naturali. Pertanto gli attacchi di tigre a esseri umani non a caso

sono rari, proprio perché hanno ben sette specie selvatiche di grandi ungulati, per

non parlare poi anche di due specie di scimmie, di prede secondarie. Sono tutte specie piuttosto

abbondanti, anzi alcune molto abbondanti, sono dei cervili che sono molto abbondanti,

è molto difficile che in quell'area ci sia un conflitto diretto con la tigre. La situazione è

molto diversa in un'altra area dove dovevo iniziare a lavorare sulla tigre, poi un problema non

dipendente dalla mia volontà, non potevamo concretizzare lo studio, e cioè nelle Sundarbans,

che ho descritto nel libro precedente, in cui le tigri vivono in un'area molto infiltrata

dall'uomo, cioè una grossa densità di tigri, hanno molte prede selvatiche, però il territorio è

paludoso, è un'area grandissima, più o meno come metà Lombardia, forse anche qualcosa di più,

il delta del Gange, del Banaputra, dove si procede non a piedi, si procede in canoa,

perché a piedi non capita mai di camminare per più di un quarto d'ora, 20 minuti, senza trovare

un grosso canale o comunque un corso d'acqua. In quest'area è molto usata dagli indigeni locali

per raccogliere il miele, per pescare, diciamo che prevalentemente queste sono le attività

economiche locali, la raccolta del miele e la pesca. La raccolta del miele viene fatta seguendo

le api selvatiche, naturalmente, quindi un indigeno, un locale che vuole raccogliere miele,

cerca un'ape e poi corre dietro all'ape cercando piano piano di avvicinarsi al favo. Facendo in

questo modo, in una giungla paludosa come quella che vi dicevo, può capitare che accidentalmente

incontri un tigre e se vede una potenziale preda a tiro ne fa uso. Per i pescatori anche il problema

è che la notte dormono nelle pirogue attraccate vicino a riva, non in mare aperto ovviamente,

nei canali e le tigri nuotano e quindi possono tranquillamente nuotare verso la piroga e

predare. Lì c'è una predazione sugli esseri umani molto molto alta, sono centinaia i casi di attacchi

a esseri umani all'anno. Però ecco dove ho lavorato nel Suclafanta questo problema non

sussiste, gli indigeni locali tendono a starsene relativamente lontani dalla parte frequentata

dalle tigri, a volte le tigri in dispersione possono entrare in conflitto, ma è un caso

abbastanza raro, non è frequente. E poi ripeto, per una semplice questione di probabilità di

incontro, se ci sono tante specie selvatiche, la tigre non è cattiva e assassina e vuole

ammazzare gli esseri umani, se ne nutre, essendo un grande carnivoro, quindi se incontra un'altra

potenziale preda ne fa uso e a quel punto perde interesse a predare l'uomo. Comunque è molto

bello camminare e fare il campo in un'area frequentata dalle tigri perché aggiunge un

po' di pepe all'esperienza, dà una sensazione, probabilmente la stessa sensazione degli alpinisti

che vanno a rampicare in posti pericolosi. Sì, un po' di adrenalina in più. E' un po' del mischio,

diciamo, controllato. Comunque è affascinante vedere come in paesi lontani dai nostri il

rapporto con la fauna selvatica sia così stretto, mentre noi magari ci stiamo un po'

disabituando al fatto di far parte della natura. E quindi quando adesso rispuntano gli orsi,

rispuntano i lupi, sembra di parlare di alieni, quando fino a qualche generazione fa ci

convivevamo normalmente, poi li abbiamo o allontanati o rinchiusi o sterminati, dipende

dall'animale, insomma ce ne siamo un po' isolati, ma si dimentichiamo spesso che noi facciamo parte

della natura. Ce ne ricorderemo, nel futuro ce ne ricorderemo. Una cosa molto divertente è che,

almeno diciamo divertente, forse non è l'aggettivo più appropriato, sulla stessa rivista Science,

qualche anno fa vennero pubblicati nello stesso anno due articoli a nome di un congruo numero

di ricercatori sui carnivori. In un articolo si concludeva che i grandi carnivori possono

convivere facilmente con gli esseri umani e veniva portato come esempio l'Europa. Nell'altro

articolo, curiosamente, veniva scritto che la principale causa di estinzione dei grandi

carnivori è l'antropizzazione del loro habitat. A me divertì un po' il fatto che la stessa rivista,

a distanza di pochi mesi, pubblichi due articoli contrastanti. Molto probabilmente la chiave di

lettura è che la situazione in Europa è una situazione profondamente alterata dall'uomo.

Cioè i grandi carnivori in Europa erano praticamente scomparsi, cioè erano rimasti

un po' nell'Europa dell'est, ma nemmeno coi tanti, se si esclude la Russia. Anche in Russia era il

lupo che era più abbondante, l'orso era raro, era diventato raro, la lince non costituisce di

solito un problema per l'uomo. Quindi la presenza di questi grandi carnivori in Europa è di fatto

un fattore recente prodotto dal miglioramento della gestione dell'ambiente. E' chiaro che se

una specie, anzi non se una specie, se più specie vengono protette, la protezione del grande

carnivoro passa attraverso la protezione delle sue prede naturali. Quindi proteggendo giustamente le

prede naturali del grande carnivoro noi indirettamente aiutiamo anche la ricolonizzazione

da parte del grande carnivoro. All'inizio va tutto bene, poi mi aspetto che possano sorgere

delle difficoltà. Quando la preda, come sta facendo oggi in Europa il capriolo, il cervo,

il cinghiale invade le aree periferiche delle città o addirittura colonizza i parchi urbani,

a seguito delle prede selvatiche, automaticamente, prima o poi, e' solo una versione di tempo,

arriva il predatore, in questo caso di solito il lupo. Il lupo non è cattivo, ma il lupo è un grande

carnivoro, è il lupo. Quindi se siamo abituati a portare i nostri cagnolini a fare i loro bisogni

nel parco di una villa e ci sono dei lupi, può succedere che i cagnolini di tanto in tanto

scompaiano e possono sorgere problemi di convivenza. Personalmente credo che l'uomo

ha invaso i territori un tempo occupati dalla fauna selvatica. Illudersi che oggi nel cuore

delle nostre aree antropizzate si possa facilmente convivere con grandi carnivori,

merita particolare attenzione e realismo, essere pronti a interventi che consentano

questa convivenza, se vogliamo. Il senso è che in un'area che noi votiamo a qualcosa di diverso,

è arbitrio nostro, però sarebbe utopistico pensare di mantenere una popolazione di grandi

carnivori. Se ci riusciamo, tanto meglio, ma se non ci riusciamo probabilmente dovremmo per tempo

studiare dei metodi ecologicamente corretti di intervento. Non mi sto riferendo alla caccia,

assolutamente non parlo di caccia, sto parlando di interventi mirati a limite

anche di rimozione locale pur sempre nel rispetto della specie. Certo, tra l'altro un punto

fondamentale dell'intervista che mi hai lasciato qualche mese fa era proprio il fatto che noi

spesso nei nostri rapporti con la fauna ci lasciamo guidare dalle emotività, che è un

grosso problema perché o ami il lupo perché è bellissimo, il protagonista delle favole,

rivalutiamolo, oppure il lupo mi stermina le greci. Non c'è mai la conoscenza approfondita

del con che cosa ci si sta confrontando. Infatti la frase in cui dici il lupo è un lupo è emblematica,

la gente pensa che sia un animale dolcissimo, buonissimo o il nemico da tenere lontano,

sono entrambi modi sbagliati per rapportarsi a un argomento complesso come quello dei grandi

carnivori. Allora faccio un attimo il padrone di casa, mi segnalano dalla regia che sono passati

40 minuti, quindi abbiamo ancora qualche minuto, se ci sono domande non fate i timidi, fatevi

sentire. Questo ragionamento che fai in qualche modo penso sia anche legato un po' al fatto che

le dinamiche dell'uomo, quindi di popolazione, di espansione, di sfruttamento del territorio,

siano diventate sempre più impattanti sulla fauna, quindi in modi diversi in Europa, in Asia,

in America, non lo so, ma insomma mi sembra che, conferma se questa è la tua impressione,

se non è tanto l'animale in sé, che sia il leopardo, che sia la tigre, che sia il lupo,

che sia l'orso, ad avere in mano la responsabilità di questi possibili conflitti con l'uomo,

quanto sia l'uomo che, non conoscendo bene con chi ha a che fare, pensa di potersi espandere in

territori dove prima non ha fatto degli studi, non conosce bene la fauna selvatica. Mi sembra

che spesso ci sia un'avventatezza dell'uomo nel fare determinate espansioni territoriali,

nel fare determinati ripopolamenti, insomma, è un discorso molto ampio, ma mi sembra che

questa sia un po' la tua filosofia. Direi che hai colto esattamente il senso di quello che

volevo dire anche prima. L'uomo si dà un sacco d'aria, intanto si è definito sapiens, e già su

quello da solo si potrebbe discutere. Comunque si è dato il nome di sapiens. Ora, se è veramente

sapiens dovrebbe essere in grado di modulare il proprio comportamento nel rispetto degli altri

organismi che condividono il suo ambiente. Invece l'uomo pretende che siano gli altri

organismi ad adattarsi a lui e in questo modo si comporta da perfetto animale. Questo è un approccio

assolutamente da animale. Il carnivoro, se trova una preda, la preda la uccide, la mangia.

Non sento più la voce di Sandro. Proviamo con le cuffie. Adesso dico alla regia che il

microfono di Sandro è disattivato. Paolo Aguarine commenta molto interessante. Sandro devi

riattivare il microfono perché dalla regia non riescono a farlo. Quando un predatore trova una

preda la caccia normalmente. Se l'uomo è veramente sapiens dovrebbe essere in grado di mediare,

invece si comporta da perfetta bestia. Cioè dove posso distruggere distruggo,

mi da noia uccido, elimino. Questa non è gestione, questo è un approccio assolutamente

animalesco. Quindi non riconosco in questo approccio distruttivo dell'uomo l'aggettivo

di sapiens che si è appiccicato addosso e anche di tutte le arie che ci diamo in proposito.

Certo, infatti poi alla fine probabilmente il punto fondamentale sarebbe studiare, conoscere,

capire il mondo naturale anche perché ne sappiamo talmente poco che forse più ne studiamo e meglio

è. Va bene, direi che siamo arrivati più o meno in conclusione. Io vi dico brevemente cosa penso

di questo libro. È un libro, intanto riassumiamo, Il leopardo dagli occhi di ghiaccio di Sandro

Lovari, edizioni La Terza. È un libro che ti fa venire voglia di viaggiare, lo dicevo prima a

Sandro, perché ti fa immaginare questi luoghi lontani, questi luoghi tra l'altro poco conosciuti.

Una cosa carina che dice è che proprio a differenza dei grandi predatori africani

che sono amati, sono le star dei documentari naturalistici, invece quest'animale che è così,

difficile da osservare, è ugualmente affascinante ma è proprio per il fatto che è molto più difficile

da filmare, da fotografare, da rappresentare, che forse ha subito un po', non dico che sia

sconosciuto, ma insomma è un animale affascinante e misterioso di cui si vede pochissimo, di cui si

parla pochissimo. Tra l'altro mi ricordo un documentario della BBC di qualche anno fa, in cui

c'era questa scena di caccia di un leopardo delle nevi, mi sembra ai danni di un tarno, sono sicuro, forse di un tarno.

Allora, ci sono due filmati, uno di uno stambecco, un stambecco siberiano, e l'altro è di un markhor,

che è un'altra capra selvatica in Pakistan. Ho capito, comunque è una scena incredibile, perché

vanno, questo inseguimento su queste pareti a strapiombo, veramente ripidissime, inseguimento

in cui si rotolano per decine di metri di caduta senza farsi nulla, tra l'altro su questo adesso non

scendiamo nei dettagli, però è incredibile vedere come riesca a rimastare in equilibrio quest'animale,

mentre insegue un altro animale che è agilissimo sulle rocce, è qualcosa che secondo me ha lo stesso

fascino, ha la stessa forza visiva del classico inseguimento del gheppardo con la gazzella,

e quindi è bello parlarne anche perché c'è tanta di quella natura che non conosciamo, che conosciamo

poco, o che ne abbiamo giusto sentito parlare ma finisce lì, che è quasi criminale perdersela,

non conoscerla, non sapere che esiste, e oltretutto quello che non conosciamo non possiamo

neanche proteggerlo, tutelarlo, studiarlo, e quindi motivo in più per promuovere libri come questo,

che racconta in maniera molto molto viva, molto vissuta, da chi ci è stato, da chi li ha studiati

questi argomenti, proprio per valorizzarli, per renderli una testimonianza in più di un mondo

che speriamo ci sia e continui a esistere anche in futuro. Quindi complimenti perché

un libro davvero molto molto bello e niente, leggetelo. Niente Sandro, io ti ringrazio per

per aver partecipato a questa diretta, io ringrazio Casa La Terza per avermi invitato a fare gli

onori di casa, è stato veramente un piacere. Credo che questa registrazione resterà sia sul

canale YouTube sia sulla pagina Facebook, quindi se ci sono domande anche nei prossimi giorni si

possono mettere nei commenti. Grazie di tutto. Grazie a te per la condizione e ovviamente la

Casa Di Prince e la Terza per aver organizzato questo incontro. Perfetto,

grazie mille e grazie a tutti quelli che hanno partecipato. Buona serata.