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Impact Girl di Cecilia Sardeo, Digital Reputation: 3 Regole d’Oro per Proteggerla - YouTube

Digital Reputation: 3 Regole d'Oro per Proteggerla - YouTube

Ciao a tutte le ragazze e benvenute ad una nuovissima puntata di Impact Girl, il podcast

italiano dedicato alla crescita professionale tutta al femminile.

Oggi ho la fortuna di essere qui con Luciana De Laurentis, Senior Manager of internal communication

per Fastweb. Ciao Luciana, grazie per essere qui!

L: Ciao, grazie a te Cecilia.. C: Allora Luciana, insieme oggi parliamo di

due aspetti che si collegano molto tra loro, forse c'è anche un overlapping, questo ce

lo spiegherai tu: la digital reputation e il personal branding. Abbiamo anche un pochino

tergiversato su quale terminologia utilizzare e a quale dare più importanza e alla fine

abbiamo deciso digital reputation però vedremo come si collega in maniera molto forte al

personal branding e cercheremo di capire, non solo che cos'è, perché di questo se

ne parla molto, ma come farlo in termini concreti e in maniera efficace.

Partiamo da un dato di fatto che mi ha colpito molto quando abbiamo chiacchierato per la

prima volta, e cioè il fatto che, come tu dici, il mondo della comunicazione online

e quello della comunicazione offline non sono più separati, si tende secondo me a creare

un po' dei compartimenti stagni, la tua attività e offline la tua attività online, ma in realtà

ormai non possiamo più ignorare non gli strumenti digitali quindi imparare a gestirli e cruciale

e tu alla luce di questo hai coniato un termine che si chiama comunicazione onlife.

L: Allora grazie per avermi dato la responsabilità dell'averlo coniato, non è andata proprio

così, diciamo che qualcuno lo ha coniato senza dubbio prima di me ma è vero che lo

ritengo esplicativo di come sia cambiata la comunicazione nel tempo. E lo dico perché

io lavoro nel mondo delle telecomunicazioni da più di 20 anni esattamente nell'epoca

in cui le telecomunicazioni hanno cambiato anche il modo di comunicare delle persone.

Faccio un esempio: tanti anni fa la comunicazione era identificata quasi come un ruolo, un'area

di settore aziendale magari comunque qualcuno che doveva occuparsi di una specifica capacità

di comunicare, appunto. Oggi invece è molto cresciuta la consapevolezza che indipendentemente

dal proprio background, dalla propria professione, dalla propria vita, la capacità di raccontare,

di raccontarsi, di riuscire a condividere le cose che per noi sono importanti è diventata

appunto sempre più consapevole l'uso della comunicazione sia negli scambi quotidiani

sia negli scambi professionali, e la digitalizzazione ha spinto e accelerato tutto questo. C'era

un tempo in cui si diceva che si scriveva sempre meno, pensiamo a quanto scriviamo oggi

anche solo via whatsapp e allora anche la diversità dei canali e la ricchezza dei mezzi

ha comunque aggiunto e arricchito la comunicazione, nel bene e nel male a volte, ma sicuramente

tutti ne facciamo un più largo uso. Perché onlife? Perché come anticipavi, tu

virtuale e reale non sono più così distinti. Noi siamo davvero persone diverse quando siamo

online e quando viviamo nella nostra vita reale? Se sì forse abbiamo un problema. In

realtà questo confine è diventato sempre più labile e sottile e quindi la comunicazione

onlife è legato a ciò che emerge che passa o che noi scegliamo di condividere indipendentemente

dal canale o dall'occasione. C: Questa è bellissimo, tra l'altro mi ricorda,

mi fa pensare all'importanza dell'autenticità. Io credo che a volte sia difficile essere

sè stessi quando utilizziamo i canali digitali perché ci creano una sorta di filtro, una

sorta di schermo, ci danno la possibilità di indossare una maschera, che si chiami Photoshop

o che si chiami filtro di Instagram è comunque una maschera, qualcosa che non risponde esattamente

al vero, e credo che la sfida sia proprio quella di creare un personal branding che

siamo noi, che rappresenta noi e quindi il rappresentarci offline o online non dovrebbe

esserci insomma una differenza in questo senso. Credo che quindi essere chiari anche poi forse

ce lo dirai rispetto ai valori che vogliamo comunicare ai concetti che vogliamo trasmettere

a prescindere da quale canale utilizziamo possa essere chiave anche per avere - utilizziamo

il termine digital reputation- per affermare una reputazione solida e inattaccabile.

L: Solida e inattaccabile purché consapevole. Di nuovo la consapevolezza è una parola chiave,

oggi più che mai nella storia dell'uomo noi siamo ciò che comunichiamo perché abbiamo

tanti mezzi per farlo più occasioni e soprattutto abbiamo annullato le distanze allora essere

ciò che si comunica è una responsabilità si è fatto in modo consapevole. Se noi chiedessimo

a tre persone diverse che cosa riconoscono in noi come caratteristiche distintive, tre

persone che magari ci conoscono tramite occasioni e anche mezzi diversi, magari lo possiamo

chiedere a chi ci ha conosciuto fin dalle elementari, a una persona che lavora vicino

a noi, e a chi invece è un nostro follower che però magari non incontriamo nemmeno,

o incontriamo di rado. Ecco se queste tre persone alla domanda alla stessa domanda cioè

quali sono le caratteristiche identificative che vedono in noi hanno perlomeno un fil rouge

che li accomuna nelle risposte allora questo vuol dire che la mia reputazione personale

e digitale è coerente e questa è una forza, perché digital reputation appunto non significa

rifarsi l'immagine non solo con Photoshop anche con le parole ad hoc, la digital reputation

e funzionale ed efficace se onlife, cioè se la stessa reputazione che noi riusciamo

a emanare in qualche modo anche nella nostra vita più live, diciamo così.

Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, sostiene che la reputazione sia quello che dicono di

noi quando usciamo dalla stanza. Ora se parliamo a livello digitale potremmo allora dire che

la nostra digital reputation e ciò che esce fuori quando blu google chiamo il nostro nome

e cognome ecco questo è un esercizio interessante che suggerisco a tutti di fare indipendentemente

dal nostro obiettivo dalla nostra professione o personalità googlare il proprio nome e

cognome o in modalità incognita o da un device che non è il nostro perché altrimenti tirerebbe

fuori ciò che già noi facciamo abitualmente su quel device, ecco googlare il nostro nome

e cognome e verificare cosa emerge è un enorme esercizio di consapevolezza.

Ci piace ciò che appare? È un contenuto che ho anche un'immagine una foto che ancora

ci assomiglia con cui ancora ci identifichiamo? Ci piace che chi non ci conosca veda di noi

quelle cose lì come prima cosa, ci sembrano rispettose del nostro modo di essere? Se sì

ok, se no, ecco, quello il momento per cominciare occuparsi della propria digital reputation

e di fare magari delle scelte. Che cosa vedo quando googlo il mio nome e cognome emerge

solo qualcosa di molto statico una cronologia in stile curriculum vitae o si capisce a cosa

tengo, quali sono i miei interessi, oppure che obiettivo ho? Cioè lo sto cercando per

fare un puro esercizio di stile, o io in realtà sto cercando cosa si dice di me perché ho

un ambizione professionale, che io sia un pranzo o una persona che lavora in azienda,

ma comunque potrei volermi far conoscere come esperto in una certa materia, questo si capisce?

Come faccio a sembrare esperto in quella materia? E soprattutto qual è l'identità che emerge,

perché che ci piaccia o no ciò che apparirà googlando nome e cognome e le foto che appariranno

costruiranno un'immagine di noi e quindi gli altri ci attribuiranno un'identità, in modo

più o meno consapevole. La digital reputation e il personal branding fanno in modo che siamo

noi a scegliere che tipo di identità vogliamo che compaia perché sia il più possibile

rispettosa di noi stessi e coerente con il nostro modo di pensare, di essere, di vivere

onlife, non solo comunicare onlife, si capisce? C: Assolutamente. Ricordo una serie tv di

cui non ricordo il nome però c'era questa scena dove queste due ragazze parlano di come

una di loro stia chattando con una potenziale nuova nuova fiamma e non l'avrebbe ancora

googlato appunto, e l'altra ragazza si sconvolge. Per cui tutto l'episodio si ruota intorno

a questa cosa, l'ho googlelo o non lo googlelo, o per paura di quello che posso poi trovare

ma è questa cosa che può apparire buffa in realtà è la prima cosa che fanno le aziende

quando ti assumono, probabilmente anche i clienti quando ti scelgono, a prescindere

dal tipo di attività che tu hai o dal tipo di lavoro che stai facendo, si può dire che

ha così ormai?

L: è sicuramente così e questo risponde anche a un'altra domanda che a volte viene

fatta quando si parla di questi argomenti e cioè, va bene ma è possibile anche disinteressarsi

di tutto questo ma se io non voglio stare sul web oppure se io voglio starci ma solo

con profili privati posso farlo? Certo che sì il punto è: è una scelta consapevole.

È un po' come dire posso fare a meno di guardare la tv o potevo farne a meno negli anni 2000?

Certo, come ora puoi fare a meno di essere per forza presente sui social. All'epoca però

se poi tutti parlavano dei Cesaroni e oggi tutti commentano la serie tv Chernobyl non

ti devi sentire tu l'escluso, devi essere consapevole che hai fatto una scelta diversa

è la stessa cosa anche per la propria presenza sul web. Posso anche non essere presente,

posso decidere di comparire solo a livello privato, posso decidere di usare questi mezzi

solo per conversazioni che non debbono per forza avere una natura pubblica, l'importante

che io lo decida non che semplicemente questo accada e poi però potrebbero esserci occasioni

in cui sono io ad aver bisogno di quei mezzi sono io ad aver bisogno che la mia reputazione

sia il più possibile conforme alla mia professionalità, per esempio, o alle mie competenze e scoprire

che poi non è uno switch on off cioè se non ci ho lavorato prima è difficile poi

crearlo all'impronta un personal branding efficace o se voglio risultare esperto e competente

in una certa materia è difficile che io riesca a raggiungere questo obiettivo dall'oggi al

domani cominciando a postare all'impazzata, è una costruzione di sé come nella vita,

come sempre, e questa costruzione di se posso scegliere di farla nella vita e sul web con

i vari mezzi a disposizione quelli più consoni al mio obiettivo.

Il punto è: è un obiettivo il mio, è una scelta la mia che sia comparire o non comparire?

O semplicemente, attraverso tutto questo, senza una precisa riflessione oggi forse non

ci possiamo più permettere di farlo senza riflettere per i motivi che dicevi poco fa,

perché comunque gli altri un'identità ce la attribuiscono comunque, anche un'identità

silente comunica.

C: Per questo chiami la personal branding la moneta corrente?

L: Si, c'è qualcuno che dice che la reputazione è la moneta del presente perché questa è

l'economia della reputation. D'altro canto questo si capisce abbastanza se pensiamo al

brand alle grandi marche oggi la brand reputation e uno degli asset a cui le imprese, le aziende

fanno molta attenzione. Allora allo stesso modo, se la reputazione è importante per

il marchio, per la marca, allo stesso modo è importante per la nostra vita, per esempio

per quella professionale, che io sia un freelance o una persona che lavora in azienda.

C: Allora cominciamo ad addentrarci nella parte pratica di questo mondo, quali sono

Luciana le regole d'oro per cominciare a fare una comunicazione onlife efficace e che possa

anche integrarsi con quella che è la nostra quotidianità perché ognuno di noi ha una

vita molto impegnata, ognuno di noi ha un sacco di scadenze, di cose, per cui spesso

cominciare a pensare, oddio devo cominciare a pubblicare con costanza contenuti online,

a meno che tu non lo faccia di lavoro e quindi sia parte integrante della tua quotidianità

può diventare un ostacolo, può diventare un timore. Cosa facciamo?

L: Primo suggerimento pratico: scegliere bene cosa vogliamo condividere e cosa possiamo

anche tenere per noi, in base non solo al nostro desiderio e al nostro obiettivo questa

è la riflessione che avevamo già deciso di cominciare a fare, ma una volta che abbiamo

capito, in base ai miei obiettivi in base alle mie scelte cosa voglio condividere devo

pensare all'altro, cioè chi sono i miei interlocutori? Quale canale sto usando e per quale motivo

dovrebbero seguire proprio me? Non posto ciò che interessa solo me, posto ciò che è utile

per quel network, il che vuol dire che potrei, per esempio, può stare se parliamo di affitto

comunicazione sul web anche contenuti diversi su canali diversi. Faccio un esempio molto

pratico se scelgo di avere Facebook come social media privato perché voglio interagire coi

miei amici, con i miei parenti lontani in Australia probabilmente li posterò una serie

di contenuti molto diversa da quella che posto su Linkedin, che è un social network professionale

o su Twitter o ancora su Instagram. Per cui innanzi tutto non riempire l'universo web

dello stesso contenuto ripetuto su tutti i canali in maniera pedissequa e identica, soprattutto

capire chi sta cominciando a seguirmi su quale canale e che interesse lo ha portato a seguire

me e sfruttare quella corrente, cioè riuscire a interessare il mio network, i miei followers,

se parliamo di web, con contenuti che non siano solo quelli che interessano me ma evidentemente

anche quelli che interessano loro e se i contenuti sono gli stessi a volte può essere il linguaggio,

il tono voice a cambiare. Posso scriverlo in una modalità o con una certo livello di

approfondimento su Linkedin in un'altra modalità con un altro tono voice con un altro livello

di approfondimento su uno degli altri canali che scelgo. Posso decidere di parlare anche

solo per immagini a seconda che io sia effettivamente capace di usarle il mondo congruente in modo

coerente ed efficace per il mio obiettivo e, ripeto per l'interesse dei miei follower.

Spostare l'attenzione da sé all'altro è una delle regole chiave della comunicazione

in generale sempre, e non solo in quella onlife ed è ancora una regola d'oro, una vera golden

rule. Per cui questo è sicuramente il primo asset, scegliere cosa, scegliere come, scegliere

attraverso quale canale e avere l'occhio e l'attenzione puntata su chi leggerà, su chi

si interesserà e su chi vogliamo anche noi interessare e colpire con i nostri argomenti,

questo a un livello diciamo un po' più professional di personal branding. Poi ci sono secondo

me potremmo fare una lista infinita di regole comunicative però mi piacerebbe in questa

intervista sottolinearne almeno tre che secondo me sono fondamentali. La prima parto dalla

A di ascolto perché esattamente come nelle conversazioni quotidiane, anche nella comunicazione

onlife l'ascolto è fondamentale. Stephen Covey l'aveva scritto molto bene con una frase

che ritengo ancora è veramente efficace diceva “La maggior parte di noi non ascolta per

capire, perché ascoltiamo con l'intento di rispondere”. Allora è chiaro che se io

ascolto con l'intento di rispondere la mia attenzione si defocalizza, si deconcentra

ho la mia attenzione non è più sulle parole dell'altro e su quelle che io intendo dire

tra poco, appena lui smetterà di parlare. Ecco, da qui in poi la comunicazione si fa

meno efficace e sembra un paradosso oggi che viviamo in un mondo iperconnesso e con una

serie di canali e di possibilità tecniche di interconnessione ma questo sta accadendo

sempre più anche nella comunicazione non verbale, non vis a vis, quella scritta, quella

sul web c'è una continua interferenza interruzione e una continua non attenzione all'ascolto

dell'altro che poi sia la lettura dell'altro, che è un po' la stessa cosa e ciò che purtroppo

accade ogni giorno nelle conversazioni quotidiane ma anche in quelle online, succede negli show

televisivi, nei talk show, succede nelle riunioni di lavoro. Questo confronto che si interrompe,

perché anche la mia attenzione si interrompe e non ascolto più, è diventato ancora più

frequente nella comunicazione onlife, ed è per questo che allora la nostra attenzione

è sempre di più deve ripartire dalla A di ascolto.

C: Fantastico, poi vorrei dire qualcosa ma voglio lasciarti finire le tre regole d'oro..

L: E allora posso subito alla R di rispetto, perché una conversazione che sia live o online

deve tener presente la possibilità anche di confrontarsi, in maniera accesa, dura?

Certo. Ci si può contrapporre a un'idea si può mettere in discussione le opinioni di

un'altra persona, si può persino stroncare un punto di vista ma non si può non si deve

stroncare una persona. Le persone vanno rispettate e Andrea Camilleri diceva “le parole sono

pietre” e questo che possono far male, ancor di più quando rimangono scritte ed esposte

su un web che non cancella più nulla, dunque il tema del rispetto è cruciale dall'inizio

dei tempi dell'uomo e non è cambiato nemmeno nella comunicazione onlife.

E finisco con la s di silenzio, perché anche il silenzio comunica, e perché dunque occuparsi

del proprio personal branding e della propria digital reputation non significa avere un'opinione

su tutto, significa dover per forza esporsi su qualunque argomento, non significa passare

da un canale all'altro pubblicando continuamente contenuti e comunicando continuamente. La

comunicazione online non va confusa con l'onnipresenza onlife.

C: Guarda Luciana, bellissimi questi tre punti, tra l'altro molto diversi da quelli che ci

si aspetterebbe no, nel senso che sembrano ovvi, in realtà ovvi non sono e rappresentano

le basi fondamentali come dici tu di qualunque tipologia di comunicazione online o offline

e, a mio avviso, se cominciati ad applicare a partire da noi stessi perché non è che

possiamo cambiare gli altri e ne dobbiamo cambiare gli altri o meglio dobbiamo semplicemente

lavorare su noi stessi, se cominciamo davvero ad applicarli alla nostra comunicazione, mi

immagino anche la comunicazione familiare, la comunicazione tra amici quindi cominciare

ad allenarsi nel piccolo e poi piano piano cominciare a capire se ci può essere un impatto

anche macro. Una cosa che a cui volevo ricollegarmi, l'onnipresenza

volevo collegarla anche al punto iniziale prima delle tre regole d'oro che hai nominato

cioè il fatto di non cercare di essere in tutti i social, sparando sulla massa con questo

stesso identico contenuto across the board, come se in maniera pedissequa, hai detto tu,

e senza alcuna differenza.

Credo sia Gary Vaynerchuk che in uno dei suoi libri sottolinea come ogni social network

parli una lingua diversa, e questo è abbastanza intuitivo. Instagram parla attraverso le immagini,

Twitter parla attraverso i chips, Facebook parla in maniera un pochino più variegato

e trasversale, e tra l'altro audience diverse si trovano sui social media diversi. Quindi

non è solo una questione di dove si trova la tua nicchia no di solito si usa Instagram

se si lavora in un settore molto image friendly dove facciamo un sacco di foto, non so il

cibo mi viene in mente che è tipico di di Instagram. Ma in realtà dobbiamo anche scegliere

il canale a mio avviso che ci parla di più senza pretendere di essere ovunque sapendo

che quando scegliamo i nostri canali può essere che ci stiamo rivolgendo a persone

diverse, anche se possono essere tutte interessate perché magari ho fatto una mia analisi preliminare

a quello che sto proponendo. Io nota una differenza fondamentale abissale che credo sia di generazione

tra i la tipologia di commenti che ricevo su Instagram è la tipologia di commenti che

ricevo su Facebook. Alcuni post particolarmente legati a tematiche che sono sicuramente più

in linea con la mia generazione ricevono molto più riscontro su Instagram, alcuni post che

magari non lo so sono dei pensieri un pochino più profondi che ogni tanto mi vengono e

che decidono di condividere ricevono maggior riscontro su Facebook. E la sensazione è

che a volte le persone si perdano nella tecnicità della cosa non funziona l'algoritmo non funziona,

le persone non mi seguono. Sicuramente è una parte di verità però credo che l'invito

importante sia quello di nuovo cominciare a pensare, qui mi collego all'ascolto, a quello

che stiamo facendo e perché lo stiamo facendo e per chi lo stiamo facendo. Quindi sono tra

le persone che mi hanno commentato, rispondiamo a quelle tre persone che mi hanno commentato,

che si sono presi la briga di leggermi e di ascoltarmi e ascoltiamo loro invece di lamentarci

e dire a va beh non rispondo nemmeno perché io ne vorrei 300 di commenti. Sto parlando

maniera molto spiccia però credo siano proprio le cose superficiali no, che un pochino avvengono

nella dinamica digitale.

L: è esattamente questo e ricordiamoci che le cose superficiali che avvengono nelle dinamiche

comunicative sono lo specchio di ciò che è più in profondità. Allora se noi abbiamo

l'obiettivo di migliorare la nostra comunicazione onlife quello che hai detto è un punto essenziale,

c'è in gergo una tecnicality che spesso usiamo e diciamo che bisogna “reader focus writing”

cioè scrivere focalizzati su chi ti leggerà. È un po' il discorso dell'ascolto che facevamo

proprio prima, è un po' l'esempio che riportavi tu.

Io non posso aspettarmi dal web e dai miei sforzi un certo obiettivo per il fatto che

io abbia fatto lo sforzo, per il fatto che io abbia aperto un blog, per il fatto che

io abbia postato quel contenuto. Io devo osservare, ascoltare in quindi in questo caso leggere

il web in tutte le sue dinamiche più superficiali e più profonde e capire sempre meglio che

cosa e attraverso quale canale e attraverso quale modalità di linguaggio o anche di livello

di profondità posso riuscire a veicolare a quelle persone che sono interessate o che

io voglio interessare e fare degli opportuni anche cambi di rotta o di attenzione. Sicuramente

però il “reader focus writing” insegna a focalizzarsi sull'interlocutore, che di

nuovo è una delle regole chiave da sempre di qualunque modalità comunicativa.

C: E volevo anche aggiungere una cosa sul rispetto, perché mi vengono in mente le obiezioni,

nel senso che sono venuti anche a me mentre parlavi, ho pensato beh se però parliamo

di rispetto sul web ce n'è davvero poco.. quindi se qualcuno mi manca di rispetto a

me viene subito voglia di reagire. Quindi visto che non possiamo appunto aspettarci

rispetto da qualcuno che non controlliamo perché non siamo noi, cominciamo da noi stessi

e magari cominciamo a reagire, non a reagire ma riflettere prima di rispondere e anche

se qualcuno ci attacca, sapendo che a volte viene fatto semplicemente perché c'è un

filtro che lo rende anonimo, proviamo magari a smorzare la situazione invece che ad alimentarla,

e può essere che riusciamo a creare un clima di rispetto un po' maggiore.

L: Sono d'accordo, anche quella è una scelta da fare e bisogna almeno provarci come dici

tu. Si può tentare di smorzare i toni e vedere l'effetto che suscita. Può accadere nulla

può accadere che la persona continui come si dice in gergo a trollare quindi a continuare

ad aggredire ancora di più, si può quindi poi affinare la scelta però non provarci

nemmeno non ci aiuta perché la comunicazione onlife è quella più diffusa, oramai. Questo

vuol dire che se noi leggiamo qualcosa che non condividiamo ma sul quale qualcuno troppo

aggressivo ha già espresso il suo pensiero e quindi noi non proviamo nemmeno a ribattere

è comunque un'occasione persa per far cambiare idea a tutte quelle persone che leggono entrambe

o potrebbero leggere entrambe le opinioni, entrambi i punti di vista costruirsi un proprio

punto di vista una propria opinione corroborata non solo da quelli aggressivi, che è appunto

protetti dal filtro si sentono potenti e nella loro aggressività, ma riuscire a condividere

una comunicazione onlife più ampia più rispettosa e affare di tutti non solo dei comunicatori

di professione quindi è corretto provarci. Aggiungo un'altra considerazione a quelle

che hai fatto tu anche da un punto di vista molto professionale c'è qualcuno che dice

ah beh ci ho provato ho usato Linkedin non mi ha chiamato nessuno, quindi evidentemente

non funziona. Ecco in realtà prima di ricevere bisogna

dare, che cosa vuol dire? Che nessun canale che sia Linkedin o che siano altri, così

come non succede nella vita, nessuno ti darà se tu non hai mai dato niente. Nello stesso

modo in cui più rispetto porterai agli altri più il rispecchiamento di quel rispetto ti

tornerà indietro, così usare i social network sempre come dei “lurker” cioè coloro

che guardano ma non interagiscono, non intervengono, non fanno nemmeno un like ma intanto leggono

tutto e poi magari parlano anche dei contenuti.. si può fare, certo, ma se faccio solo questo

e quindi sono presente ad esempio su Linkedin ma in modalità del tutto statica e silente

e mi lamento che nessuno mi chiami ma perché dovrebbero chiamare, non sanno niente di me

a parte un curriculum statico. In realtà io devo usare questi mezzi riuscendo a dare

un po' di me. Allora gli altri in cambio daranno attenzione punti di vista, insomma, scegliere

di esserci al 100% che non vuol dire postare continuamente può voler dire anche di condividere

un contenuto secondo noi interessante per noi e per le persone che vorremmo ci chiamassero

perché allora comincia un'interazione che può diventare un canale di ricchezza di scambi.

C: Luciana, tu sei una manager della comunicazione interna. Allora spiegaci in breve che cosa

significa i quali sono le skills comunicative che hai sviluppato chi ritieni siano importanti

anche per chi ci ascolta, a prescindere dal ruolo che sta svolgendo in questo momento.

L: Beh il mio target privilegiato in qualità di comunicazione interna sono evidentemente

i miei colleghi, quindi le persone che vivono nella mia stessa organizzazione.

Oggi più che mai all'interno della comunicazione interna ci sono 3c che la fanno per la maggiore

che sono le stesse c del community manager di qualunque comunità, anche di quelle esterne,

cioè le tre 3c che Coinvolge di chi sicuramente Comunica ma soprattutto Cura cioè ha cura

e attenzione per le esigenze dell'altro. Quando prima parlavamo di “reader focus writing”

di avere rispetto e attenzione per ciò che può servire all'altro, ecco, questo è assolutamente

fondante per la comunicazione interna, perché dovrebbero leggere o comunque interagire con

i vari canali di comunicazione che mettiamo in campo all'interno di un'organizzazione

solo se c'è un vantaggio anche per loro. Non è che lo fanno perché hanno rispetto

di una funzione, allora per fare questo se da un lato si esercitano le capacità anche

tipiche di un copywriter e quindi le capacità di scrittura sono sempre più importanti anche

quelle di digital PR perché nel tempo così come nella comunicazione onlife anche il sottile

confine tra comunicazione interna esterna è sempre più labile. Oggi sempre più i

dipendenti l'azienda sono in media più credibile di un'azienda e quindi raccontano di sé e

del lavoro che fanno all'esterno e questo è un sottile confine di come io racconto

dentro le nostre strategie, la nostra visione di come le possiamo creare insieme ai nostri

colleghi e di come quindi i colleghi poi potranno riversare anche verso l'esterno. Per cui l'attenzione

è a tutti i canali della corporate culture perché sono interni ea volte esterni ma che

di nuovo si fondano su tutte queste golden rules che abbiamo tirato fuori durante questa

intervista, perché dall'ascolto, al rispetto, alla capacità anche di scegliere di stare

in silenzio su alcune cose sicuramente tutte queste cose fanno parte integrante di questo

ruolo.

C: Quindi possiamo dire che dalle skills si arriva anche ad un cambiamento di mindset

che dobbiamo un po' tutti abbracciare o che forse dobbiamo partire da un cambiamento di

mindset per poi sviluppare queste skills?

L: Sì un cambiamento di mindset secondo me utile all'era della comunicazione onlife è

quello della attitudine a condividere. A condividere ciò che è utile per il proprio network.

Questo non vuol dire necessariamente condividere la foto di ciò che ho fatto ieri sera nella

storia o vuol dire anche questo se io ne ho voglia, ma l'attitudine a condividere significa

allenare e sfruttare le nuove possibilità che il mondo ci mette a disposizione. Perché

farlo? Perché la condivisione arricchisce anche te. È un po' il discorso che facevamo

prima. Se voglio che gli altri mi diano qualcosa io devo dare qualcosa. Se io sono solo quello

che guarda e in qualche modo “lucro” sulla condivisione degli altri mi diverto con la

condivisione degli altri da me non si saprà mai nulla ecco quanto questo è in linea con

il mondo che cambia. E soprattutto in questo mondo che cambia saper utilizzare questi mezzi

di comunicazione governandoli, cioè non sono loro che devono governare noi, sono io che

devo scegliere cosa fare, quale usare e con quale obiettivo. Se io questa cosa la governo

appaio sicuramente una persona up -to-date, cioè comunque capace di stare nella propria

era. Ciò può contrastare anche l'antipatico fenomeno delle leggi che ci sono troppo spesso

troppe convinzioni limitanti rispetto a chi ha superato una certa età e alla sua capacità

di adattarsi al cambiamento. In parte può essere vero, in parte spetta a noi far capire

che siamo capaci di adattarsi al cambiamento. Io ho più di 50 anni e mi riconosco moltissimo

in una definizione che ha coniato un'imprenditrice digitale Gina Pell che dice che esistono “i

perenniall”. Ecco, io mi considero over 50 ma perenniall per dirla con le sue parole

che leggo “persone curiose, di tutte le età, che sono consapevoli di cosa sta accadendo

nel mondo, sono al passo con la tecnologia e hanno amici di ogni età”. Ecco, questo

mindset, perennial, al di là della definizione singola , è un mindset, un approccio che

deve in qualche modo guidare le nostre riflessioni dopodiché una volta che ho riflettuto, posso

anche scegliere di non stare al passo coi tempi, posso scegliere di non stare su alcuni

canali social, posso scegliere di non guardare la serie che va per la maggiore in questo

momento, ma lo faccio in maniera consapevole, e questo fa la differenza. Un mindset di capacità

di adattarsi a un cambiamento che oggi è sempre di più un onda e non un periodo, se

un'onda la cavalco riesco a sostenerla, altrimenti mi cadrà addosso.

C: se mi sento un pochino a disagio a condividere troppe cose, ho paura di essere esposto un

pochino troppo.. quindi ho la voglia di condividere ma sono frenato proprio perché magari sono

introverso di natura, quindi anche nella mia vita offline sono una persona abbastanza riservata,

che suggerimenti hai?

L: Beh intanto una rassicurazione: si ha il pieno diritto di non voler condividere per

forza e magari troppo. L'importante, come dicevo poco fa, è che sia una scelta. Si

può cominciare con modalità molto più coerenti con il proprio modo di sentire. Se ho un interesse

specifico che sia la maratona o un iper tecnicality di nuova generazione potrei comunque cominciare

a capire cosa si dice nei forum o nei luoghi più o meno fisici che si legano a quegli

interessi. E posso fare la scelta di comparire solo in alcune modalità, solo in alcune occasioni,

solo in alcuni canali. Posso fare anche la scelta di non esserci, l'importante è che

io ce l'abbia con me consapevole modalità di vita attuale

C: A ssolutamente. Luciana un consiglio per cominciare a curare la nostra digital reputation

o il nostro personal branding professionali?

L: Secondo me la cosa da cui partire, che va benissimo anche per chi non vuole stare

da nessuna parte, è un esercizio inventato da Adam Leipzig che consiste semplicemente

nel rispondere a cinque domande, anche di getto anche così in prima battuta, anche

in velocità. Domande che apparentemente potrebbero presentare, come dire, riflessioni per filosofiche

ma che in realtà possono permetterci concentrandoci anche in pochi minuti di tirare fuori l'essenza,

te le elenco. Prima domanda: chi sei. Seconda domanda: che cosa ami fare, quali

sono le tue passioni, cosa ti riesce bene, cosa fai magari per lavoro, quindi dentro

cosa ami fare c'è la parte professionale, c'è sicuramente anche quella personale a

seconda di quale il livello a questo rispondendo a queste domande.

Solo a questo punto passiamo alle ultime tre domande, la terza: per chi lo fai? Quindi

le cose che fai, le cose che ami fare a livello professionale, a chi sono rivolte, a chi si

rivolgono? Cosa desiderano, di cosa hanno bisogno queste persone cioè le persone per

cui lo fai, che desideri hanno, che bisogni, che esigenze hanno? E poi l'ultima, la quinta

apparentemente la più disruptive e filosofeggiante, che dice: come cambiano o si trasformano queste

persone grazie a ciò che fai? Spesso di fronte a questa domanda qualcuno pensa “cosa vuoi

che si trasformi per il solo fatto che io so fare una certa cosa o faccia un certo lavoro?”.

Allora che io sia alla cassa di un supermercato o in una gelateria o un trainer in una palestra

o che noi siamo l'amministratore delegato della più grande compagnia digitale del pianeta

in realtà dalle cose più piccole a quelle più grandi che noi esercitiamo quotidianamente

per lavoro o per passione, se sono rivolte a qualcuno fanno la differenza per quel qualcuno,

è che noi non ci soffermiamo mai a pensarlo. Che differenza farà per qualcuno ascoltare

i tuoi podcast, Cecilia? Tanta, poca non è importante quanto, è in che modo potrebbe

trasformare la vita di queste persone, grazie al fatto che in qualche modo va incontro ai

loro bisogni, ai loro desideri e alle loro esigenze perché quello che fai lo fai per

loro. Ecco se riguardiamo queste domande sono le

prime due riguardano noi stessi, cioè chi sei e cosa ami fare e tutte le altre tre sono

spostate sull'altro. Questo è in parte perché è in coerenza

con quello che abbiamo detto finora da ascolto al rispetto, in parte perché, non solo a

mio avviso evidentemente, ma il senso più profondo del lavorare è aiutare gli altri,

farlo per gli altri.

C: Bellissimo io sono senza parole, è stata una chiacchierata così bella che andrai avanti

all'infinito se ne avessimo la possibilità e voglio farti un ultima domanda di rito ma

prima voglio ricordare alle ragazze che sono in ascolto che tutti questi preziosissimi

punti, sottolineo preziosissimi punti, saranno anche suddivisi minuto per minuto nella pagina

web dedicata a questo episodio. Sapete che potete ascoltare o guardare la

puntata e sapete che trovate tutte le puntate al link

Biz-academy.it/podcast. Mi raccomando perché sono punti così pratici..

io questo esercizio lo farò adesso te lo dico dopo pranzo se farò questo esercizio

perché mi ha colpito moltissimo ed è effettivamente qualcosa che magari uno pensa di sapere, io

dico va beh le risposte le so, ma non mi sono mai effettivamente soffermata a mettere nero

su bianco e a rifletterci quindi grazie grazie grazie Luciana, è stato bellissimo! Domanda

di rito..

L: Grazie a te che per avermi dato questa occasione.. domanda di rito..

C: quale donna pensi dovrei intervistare dopo di te?

L: Ho in mente un paio di persone. Per rispetto non voglio dire i nomi qui, una è una mia

collega, una è uno di quegli incroci fortunati della vita che è altro da me, cioè una persona

molto diversa da me, che fa cose molto diverse e questo sicuramente arricchisce lo scambio.

Per rispetto per loro i loro nomi te li dirò in privato..

C: Assolutamente, approfondiremo e poi ragazze naturalmente vedrete le interviste quando

ci saranno.. Luciana, ancora grazie mille è un saluto e un abbraccio a te e a tutte

le ragazze in ascolto!

L: Grazie a te!

Questo è tutto per la puntata di oggi. Spero di averti dato qualche utile spunto che potrai

implementare sin da subito. Se crescere un business in cui credi sul web in modo autentico

e proficuo è parte dei tuoi piani e non sei ancora entrata a Biz Academy puoi farlo visitando

il sito Biz-academy.it Noi come sempre ci sentiamo e vediamo alla

prossima puntata di Impact Girl :)

Digital Reputation: 3 Regole d'Oro per Proteggerla - YouTube Digital Reputation: 3 Golden Rules to Protect It - YouTube Reputación digital: 3 reglas de oro para protegerla - YouTube Cyfrowa reputacja: 3 złote zasady jej ochrony - YouTube Reputação digital: 3 regras de ouro para a proteger - YouTube Цифровая репутация: 3 золотых правила для ее защиты - YouTube

Ciao a tutte le ragazze e benvenute ad una nuovissima puntata di Impact Girl, il podcast

italiano dedicato alla crescita professionale tutta al femminile.

Oggi ho la fortuna di essere qui con Luciana De Laurentis, Senior Manager of internal communication

per Fastweb. Ciao Luciana, grazie per essere qui!

L: Ciao, grazie a te Cecilia.. C: Allora Luciana, insieme oggi parliamo di

due aspetti che si collegano molto tra loro, forse c'è anche un overlapping, questo ce

lo spiegherai tu: la digital reputation e il personal branding. Abbiamo anche un pochino

tergiversato su quale terminologia utilizzare e a quale dare più importanza e alla fine

abbiamo deciso digital reputation però vedremo come si collega in maniera molto forte al

personal branding e cercheremo di capire, non solo che cos'è, perché di questo se

ne parla molto, ma come farlo in termini concreti e in maniera efficace.

Partiamo da un dato di fatto che mi ha colpito molto quando abbiamo chiacchierato per la

prima volta, e cioè il fatto che, come tu dici, il mondo della comunicazione online

e quello della comunicazione offline non sono più separati, si tende secondo me a creare

un po' dei compartimenti stagni, la tua attività e offline la tua attività online, ma in realtà

ormai non possiamo più ignorare non gli strumenti digitali quindi imparare a gestirli e cruciale

e tu alla luce di questo hai coniato un termine che si chiama comunicazione onlife.

L: Allora grazie per avermi dato la responsabilità dell'averlo coniato, non è andata proprio

così, diciamo che qualcuno lo ha coniato senza dubbio prima di me ma è vero che lo

ritengo esplicativo di come sia cambiata la comunicazione nel tempo. E lo dico perché

io lavoro nel mondo delle telecomunicazioni da più di 20 anni esattamente nell'epoca

in cui le telecomunicazioni hanno cambiato anche il modo di comunicare delle persone.

Faccio un esempio: tanti anni fa la comunicazione era identificata quasi come un ruolo, un'area

di settore aziendale magari comunque qualcuno che doveva occuparsi di una specifica capacità

di comunicare, appunto. Oggi invece è molto cresciuta la consapevolezza che indipendentemente

dal proprio background, dalla propria professione, dalla propria vita, la capacità di raccontare,

di raccontarsi, di riuscire a condividere le cose che per noi sono importanti è diventata

appunto sempre più consapevole l'uso della comunicazione sia negli scambi quotidiani

sia negli scambi professionali, e la digitalizzazione ha spinto e accelerato tutto questo. C'era

un tempo in cui si diceva che si scriveva sempre meno, pensiamo a quanto scriviamo oggi

anche solo via whatsapp e allora anche la diversità dei canali e la ricchezza dei mezzi

ha comunque aggiunto e arricchito la comunicazione, nel bene e nel male a volte, ma sicuramente

tutti ne facciamo un più largo uso. Perché onlife? Perché come anticipavi, tu

virtuale e reale non sono più così distinti. Noi siamo davvero persone diverse quando siamo

online e quando viviamo nella nostra vita reale? Se sì forse abbiamo un problema. In

realtà questo confine è diventato sempre più labile e sottile e quindi la comunicazione

onlife è legato a ciò che emerge che passa o che noi scegliamo di condividere indipendentemente

dal canale o dall'occasione. C: Questa è bellissimo, tra l'altro mi ricorda,

mi fa pensare all'importanza dell'autenticità. Io credo che a volte sia difficile essere

sè stessi quando utilizziamo i canali digitali perché ci creano una sorta di filtro, una

sorta di schermo, ci danno la possibilità di indossare una maschera, che si chiami Photoshop

o che si chiami filtro di Instagram è comunque una maschera, qualcosa che non risponde esattamente

al vero, e credo che la sfida sia proprio quella di creare un personal branding che

siamo noi, che rappresenta noi e quindi il rappresentarci offline o online non dovrebbe

esserci insomma una differenza in questo senso. Credo che quindi essere chiari anche poi forse

ce lo dirai rispetto ai valori che vogliamo comunicare ai concetti che vogliamo trasmettere

a prescindere da quale canale utilizziamo possa essere chiave anche per avere - utilizziamo

il termine digital reputation- per affermare una reputazione solida e inattaccabile.

L: Solida e inattaccabile purché consapevole. Di nuovo la consapevolezza è una parola chiave,

oggi più che mai nella storia dell'uomo noi siamo ciò che comunichiamo perché abbiamo

tanti mezzi per farlo più occasioni e soprattutto abbiamo annullato le distanze allora essere

ciò che si comunica è una responsabilità si è fatto in modo consapevole. Se noi chiedessimo

a tre persone diverse che cosa riconoscono in noi come caratteristiche distintive, tre

persone che magari ci conoscono tramite occasioni e anche mezzi diversi, magari lo possiamo

chiedere a chi ci ha conosciuto fin dalle elementari, a una persona che lavora vicino

a noi, e a chi invece è un nostro follower che però magari non incontriamo nemmeno,

o incontriamo di rado. Ecco se queste tre persone alla domanda alla stessa domanda cioè

quali sono le caratteristiche identificative che vedono in noi hanno perlomeno un fil rouge

che li accomuna nelle risposte allora questo vuol dire che la mia reputazione personale

e digitale è coerente e questa è una forza, perché digital reputation appunto non significa

rifarsi l'immagine non solo con Photoshop anche con le parole ad hoc, la digital reputation

e funzionale ed efficace se onlife, cioè se la stessa reputazione che noi riusciamo

a emanare in qualche modo anche nella nostra vita più live, diciamo così.

Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, sostiene che la reputazione sia quello che dicono di

noi quando usciamo dalla stanza. Ora se parliamo a livello digitale potremmo allora dire che

la nostra digital reputation e ciò che esce fuori quando blu google chiamo il nostro nome

e cognome ecco questo è un esercizio interessante che suggerisco a tutti di fare indipendentemente

dal nostro obiettivo dalla nostra professione o personalità googlare il proprio nome e

cognome o in modalità incognita o da un device che non è il nostro perché altrimenti tirerebbe

fuori ciò che già noi facciamo abitualmente su quel device, ecco googlare il nostro nome

e cognome e verificare cosa emerge è un enorme esercizio di consapevolezza.

Ci piace ciò che appare? È un contenuto che ho anche un'immagine una foto che ancora

ci assomiglia con cui ancora ci identifichiamo? Ci piace che chi non ci conosca veda di noi

quelle cose lì come prima cosa, ci sembrano rispettose del nostro modo di essere? Se sì

ok, se no, ecco, quello il momento per cominciare occuparsi della propria digital reputation

e di fare magari delle scelte. Che cosa vedo quando googlo il mio nome e cognome emerge

solo qualcosa di molto statico una cronologia in stile curriculum vitae o si capisce a cosa

tengo, quali sono i miei interessi, oppure che obiettivo ho? Cioè lo sto cercando per

fare un puro esercizio di stile, o io in realtà sto cercando cosa si dice di me perché ho

un ambizione professionale, che io sia un pranzo o una persona che lavora in azienda,

ma comunque potrei volermi far conoscere come esperto in una certa materia, questo si capisce?

Come faccio a sembrare esperto in quella materia? E soprattutto qual è l'identità che emerge,

perché che ci piaccia o no ciò che apparirà googlando nome e cognome e le foto che appariranno

costruiranno un'immagine di noi e quindi gli altri ci attribuiranno un'identità, in modo

più o meno consapevole. La digital reputation e il personal branding fanno in modo che siamo

noi a scegliere che tipo di identità vogliamo che compaia perché sia il più possibile

rispettosa di noi stessi e coerente con il nostro modo di pensare, di essere, di vivere

onlife, non solo comunicare onlife, si capisce? C: Assolutamente. Ricordo una serie tv di

cui non ricordo il nome però c'era questa scena dove queste due ragazze parlano di come

una di loro stia chattando con una potenziale nuova nuova fiamma e non l'avrebbe ancora

googlato appunto, e l'altra ragazza si sconvolge. Per cui tutto l'episodio si ruota intorno

a questa cosa, l'ho googlelo o non lo googlelo, o per paura di quello che posso poi trovare

ma è questa cosa che può apparire buffa in realtà è la prima cosa che fanno le aziende

quando ti assumono, probabilmente anche i clienti quando ti scelgono, a prescindere

dal tipo di attività che tu hai o dal tipo di lavoro che stai facendo, si può dire che

ha così ormai?

L: è sicuramente così e questo risponde anche a un'altra domanda che a volte viene

fatta quando si parla di questi argomenti e cioè, va bene ma è possibile anche disinteressarsi

di tutto questo ma se io non voglio stare sul web oppure se io voglio starci ma solo

con profili privati posso farlo? Certo che sì il punto è: è una scelta consapevole.

È un po' come dire posso fare a meno di guardare la tv o potevo farne a meno negli anni 2000?

Certo, come ora puoi fare a meno di essere per forza presente sui social. All'epoca però

se poi tutti parlavano dei Cesaroni e oggi tutti commentano la serie tv Chernobyl non

ti devi sentire tu l'escluso, devi essere consapevole che hai fatto una scelta diversa

è la stessa cosa anche per la propria presenza sul web. Posso anche non essere presente,

posso decidere di comparire solo a livello privato, posso decidere di usare questi mezzi

solo per conversazioni che non debbono per forza avere una natura pubblica, l'importante

che io lo decida non che semplicemente questo accada e poi però potrebbero esserci occasioni

in cui sono io ad aver bisogno di quei mezzi sono io ad aver bisogno che la mia reputazione

sia il più possibile conforme alla mia professionalità, per esempio, o alle mie competenze e scoprire

che poi non è uno switch on off cioè se non ci ho lavorato prima è difficile poi

crearlo all'impronta un personal branding efficace o se voglio risultare esperto e competente

in una certa materia è difficile che io riesca a raggiungere questo obiettivo dall'oggi al

domani cominciando a postare all'impazzata, è una costruzione di sé come nella vita,

come sempre, e questa costruzione di se posso scegliere di farla nella vita e sul web con

i vari mezzi a disposizione quelli più consoni al mio obiettivo.

Il punto è: è un obiettivo il mio, è una scelta la mia che sia comparire o non comparire?

O semplicemente, attraverso tutto questo, senza una precisa riflessione oggi forse non

ci possiamo più permettere di farlo senza riflettere per i motivi che dicevi poco fa,

perché comunque gli altri un'identità ce la attribuiscono comunque, anche un'identità

silente comunica.

C: Per questo chiami la personal branding la moneta corrente?

L: Si, c'è qualcuno che dice che la reputazione è la moneta del presente perché questa è

l'economia della reputation. D'altro canto questo si capisce abbastanza se pensiamo al

brand alle grandi marche oggi la brand reputation e uno degli asset a cui le imprese, le aziende

fanno molta attenzione. Allora allo stesso modo, se la reputazione è importante per

il marchio, per la marca, allo stesso modo è importante per la nostra vita, per esempio

per quella professionale, che io sia un freelance o una persona che lavora in azienda.

C: Allora cominciamo ad addentrarci nella parte pratica di questo mondo, quali sono

Luciana le regole d'oro per cominciare a fare una comunicazione onlife efficace e che possa

anche integrarsi con quella che è la nostra quotidianità perché ognuno di noi ha una

vita molto impegnata, ognuno di noi ha un sacco di scadenze, di cose, per cui spesso

cominciare a pensare, oddio devo cominciare a pubblicare con costanza contenuti online,

a meno che tu non lo faccia di lavoro e quindi sia parte integrante della tua quotidianità

può diventare un ostacolo, può diventare un timore. Cosa facciamo?

L: Primo suggerimento pratico: scegliere bene cosa vogliamo condividere e cosa possiamo

anche tenere per noi, in base non solo al nostro desiderio e al nostro obiettivo questa

è la riflessione che avevamo già deciso di cominciare a fare, ma una volta che abbiamo

capito, in base ai miei obiettivi in base alle mie scelte cosa voglio condividere devo

pensare all'altro, cioè chi sono i miei interlocutori? Quale canale sto usando e per quale motivo

dovrebbero seguire proprio me? Non posto ciò che interessa solo me, posto ciò che è utile

per quel network, il che vuol dire che potrei, per esempio, può stare se parliamo di affitto

comunicazione sul web anche contenuti diversi su canali diversi. Faccio un esempio molto

pratico se scelgo di avere Facebook come social media privato perché voglio interagire coi

miei amici, con i miei parenti lontani in Australia probabilmente li posterò una serie

di contenuti molto diversa da quella che posto su Linkedin, che è un social network professionale

o su Twitter o ancora su Instagram. Per cui innanzi tutto non riempire l'universo web

dello stesso contenuto ripetuto su tutti i canali in maniera pedissequa e identica, soprattutto

capire chi sta cominciando a seguirmi su quale canale e che interesse lo ha portato a seguire

me e sfruttare quella corrente, cioè riuscire a interessare il mio network, i miei followers,

se parliamo di web, con contenuti che non siano solo quelli che interessano me ma evidentemente

anche quelli che interessano loro e se i contenuti sono gli stessi a volte può essere il linguaggio,

il tono voice a cambiare. Posso scriverlo in una modalità o con una certo livello di

approfondimento su Linkedin in un'altra modalità con un altro tono voice con un altro livello

di approfondimento su uno degli altri canali che scelgo. Posso decidere di parlare anche

solo per immagini a seconda che io sia effettivamente capace di usarle il mondo congruente in modo

coerente ed efficace per il mio obiettivo e, ripeto per l'interesse dei miei follower.

Spostare l'attenzione da sé all'altro è una delle regole chiave della comunicazione

in generale sempre, e non solo in quella onlife ed è ancora una regola d'oro, una vera golden

rule. Per cui questo è sicuramente il primo asset, scegliere cosa, scegliere come, scegliere

attraverso quale canale e avere l'occhio e l'attenzione puntata su chi leggerà, su chi

si interesserà e su chi vogliamo anche noi interessare e colpire con i nostri argomenti,

questo a un livello diciamo un po' più professional di personal branding. Poi ci sono secondo

me potremmo fare una lista infinita di regole comunicative però mi piacerebbe in questa

intervista sottolinearne almeno tre che secondo me sono fondamentali. La prima parto dalla

A di ascolto perché esattamente come nelle conversazioni quotidiane, anche nella comunicazione

onlife l'ascolto è fondamentale. Stephen Covey l'aveva scritto molto bene con una frase

che ritengo ancora è veramente efficace diceva “La maggior parte di noi non ascolta per

capire, perché ascoltiamo con l'intento di rispondere”. Allora è chiaro che se io

ascolto con l'intento di rispondere la mia attenzione si defocalizza, si deconcentra

ho la mia attenzione non è più sulle parole dell'altro e su quelle che io intendo dire

tra poco, appena lui smetterà di parlare. Ecco, da qui in poi la comunicazione si fa

meno efficace e sembra un paradosso oggi che viviamo in un mondo iperconnesso e con una

serie di canali e di possibilità tecniche di interconnessione ma questo sta accadendo

sempre più anche nella comunicazione non verbale, non vis a vis, quella scritta, quella

sul web c'è una continua interferenza interruzione e una continua non attenzione all'ascolto

dell'altro che poi sia la lettura dell'altro, che è un po' la stessa cosa e ciò che purtroppo

accade ogni giorno nelle conversazioni quotidiane ma anche in quelle online, succede negli show

televisivi, nei talk show, succede nelle riunioni di lavoro. Questo confronto che si interrompe,

perché anche la mia attenzione si interrompe e non ascolto più, è diventato ancora più

frequente nella comunicazione onlife, ed è per questo che allora la nostra attenzione

è sempre di più deve ripartire dalla A di ascolto.

C: Fantastico, poi vorrei dire qualcosa ma voglio lasciarti finire le tre regole d'oro..

L: E allora posso subito alla R di rispetto, perché una conversazione che sia live o online

deve tener presente la possibilità anche di confrontarsi, in maniera accesa, dura?

Certo. Ci si può contrapporre a un'idea si può mettere in discussione le opinioni di

un'altra persona, si può persino stroncare un punto di vista ma non si può non si deve

stroncare una persona. Le persone vanno rispettate e Andrea Camilleri diceva “le parole sono

pietre” e questo che possono far male, ancor di più quando rimangono scritte ed esposte

su un web che non cancella più nulla, dunque il tema del rispetto è cruciale dall'inizio

dei tempi dell'uomo e non è cambiato nemmeno nella comunicazione onlife.

E finisco con la s di silenzio, perché anche il silenzio comunica, e perché dunque occuparsi

del proprio personal branding e della propria digital reputation non significa avere un'opinione

su tutto, significa dover per forza esporsi su qualunque argomento, non significa passare

da un canale all'altro pubblicando continuamente contenuti e comunicando continuamente. La

comunicazione online non va confusa con l'onnipresenza onlife.

C: Guarda Luciana, bellissimi questi tre punti, tra l'altro molto diversi da quelli che ci

si aspetterebbe no, nel senso che sembrano ovvi, in realtà ovvi non sono e rappresentano

le basi fondamentali come dici tu di qualunque tipologia di comunicazione online o offline

e, a mio avviso, se cominciati ad applicare a partire da noi stessi perché non è che

possiamo cambiare gli altri e ne dobbiamo cambiare gli altri o meglio dobbiamo semplicemente

lavorare su noi stessi, se cominciamo davvero ad applicarli alla nostra comunicazione, mi

immagino anche la comunicazione familiare, la comunicazione tra amici quindi cominciare

ad allenarsi nel piccolo e poi piano piano cominciare a capire se ci può essere un impatto

anche macro. Una cosa che a cui volevo ricollegarmi, l'onnipresenza

volevo collegarla anche al punto iniziale prima delle tre regole d'oro che hai nominato

cioè il fatto di non cercare di essere in tutti i social, sparando sulla massa con questo

stesso identico contenuto across the board, come se in maniera pedissequa, hai detto tu,

e senza alcuna differenza.

Credo sia Gary Vaynerchuk che in uno dei suoi libri sottolinea come ogni social network

parli una lingua diversa, e questo è abbastanza intuitivo. Instagram parla attraverso le immagini,

Twitter parla attraverso i chips, Facebook parla in maniera un pochino più variegato

e trasversale, e tra l'altro audience diverse si trovano sui social media diversi. Quindi

non è solo una questione di dove si trova la tua nicchia no di solito si usa Instagram

se si lavora in un settore molto image friendly dove facciamo un sacco di foto, non so il

cibo mi viene in mente che è tipico di di Instagram. Ma in realtà dobbiamo anche scegliere

il canale a mio avviso che ci parla di più senza pretendere di essere ovunque sapendo

che quando scegliamo i nostri canali può essere che ci stiamo rivolgendo a persone

diverse, anche se possono essere tutte interessate perché magari ho fatto una mia analisi preliminare

a quello che sto proponendo. Io nota una differenza fondamentale abissale che credo sia di generazione

tra i la tipologia di commenti che ricevo su Instagram è la tipologia di commenti che

ricevo su Facebook. Alcuni post particolarmente legati a tematiche che sono sicuramente più

in linea con la mia generazione ricevono molto più riscontro su Instagram, alcuni post che

magari non lo so sono dei pensieri un pochino più profondi che ogni tanto mi vengono e

che decidono di condividere ricevono maggior riscontro su Facebook. E la sensazione è

che a volte le persone si perdano nella tecnicità della cosa non funziona l'algoritmo non funziona,

le persone non mi seguono. Sicuramente è una parte di verità però credo che l'invito

importante sia quello di nuovo cominciare a pensare, qui mi collego all'ascolto, a quello

che stiamo facendo e perché lo stiamo facendo e per chi lo stiamo facendo. Quindi sono tra

le persone che mi hanno commentato, rispondiamo a quelle tre persone che mi hanno commentato,

che si sono presi la briga di leggermi e di ascoltarmi e ascoltiamo loro invece di lamentarci

e dire a va beh non rispondo nemmeno perché io ne vorrei 300 di commenti. Sto parlando

maniera molto spiccia però credo siano proprio le cose superficiali no, che un pochino avvengono

nella dinamica digitale.

L: è esattamente questo e ricordiamoci che le cose superficiali che avvengono nelle dinamiche

comunicative sono lo specchio di ciò che è più in profondità. Allora se noi abbiamo

l'obiettivo di migliorare la nostra comunicazione onlife quello che hai detto è un punto essenziale,

c'è in gergo una tecnicality che spesso usiamo e diciamo che bisogna “reader focus writing”

cioè scrivere focalizzati su chi ti leggerà. È un po' il discorso dell'ascolto che facevamo

proprio prima, è un po' l'esempio che riportavi tu.

Io non posso aspettarmi dal web e dai miei sforzi un certo obiettivo per il fatto che

io abbia fatto lo sforzo, per il fatto che io abbia aperto un blog, per il fatto che

io abbia postato quel contenuto. Io devo osservare, ascoltare in quindi in questo caso leggere

il web in tutte le sue dinamiche più superficiali e più profonde e capire sempre meglio che

cosa e attraverso quale canale e attraverso quale modalità di linguaggio o anche di livello

di profondità posso riuscire a veicolare a quelle persone che sono interessate o che

io voglio interessare e fare degli opportuni anche cambi di rotta o di attenzione. Sicuramente

però il “reader focus writing” insegna a focalizzarsi sull'interlocutore, che di

nuovo è una delle regole chiave da sempre di qualunque modalità comunicativa.

C: E volevo anche aggiungere una cosa sul rispetto, perché mi vengono in mente le obiezioni,

nel senso che sono venuti anche a me mentre parlavi, ho pensato beh se però parliamo

di rispetto sul web ce n'è davvero poco.. quindi se qualcuno mi manca di rispetto a

me viene subito voglia di reagire. Quindi visto che non possiamo appunto aspettarci

rispetto da qualcuno che non controlliamo perché non siamo noi, cominciamo da noi stessi

e magari cominciamo a reagire, non a reagire ma riflettere prima di rispondere e anche

se qualcuno ci attacca, sapendo che a volte viene fatto semplicemente perché c'è un

filtro che lo rende anonimo, proviamo magari a smorzare la situazione invece che ad alimentarla,

e può essere che riusciamo a creare un clima di rispetto un po' maggiore.

L: Sono d'accordo, anche quella è una scelta da fare e bisogna almeno provarci come dici

tu. Si può tentare di smorzare i toni e vedere l'effetto che suscita. Può accadere nulla

può accadere che la persona continui come si dice in gergo a trollare quindi a continuare

ad aggredire ancora di più, si può quindi poi affinare la scelta però non provarci

nemmeno non ci aiuta perché la comunicazione onlife è quella più diffusa, oramai. Questo

vuol dire che se noi leggiamo qualcosa che non condividiamo ma sul quale qualcuno troppo

aggressivo ha già espresso il suo pensiero e quindi noi non proviamo nemmeno a ribattere

è comunque un'occasione persa per far cambiare idea a tutte quelle persone che leggono entrambe

o potrebbero leggere entrambe le opinioni, entrambi i punti di vista costruirsi un proprio

punto di vista una propria opinione corroborata non solo da quelli aggressivi, che è appunto

protetti dal filtro si sentono potenti e nella loro aggressività, ma riuscire a condividere

una comunicazione onlife più ampia più rispettosa e affare di tutti non solo dei comunicatori

di professione quindi è corretto provarci. Aggiungo un'altra considerazione a quelle

che hai fatto tu anche da un punto di vista molto professionale c'è qualcuno che dice

ah beh ci ho provato ho usato Linkedin non mi ha chiamato nessuno, quindi evidentemente

non funziona. Ecco in realtà prima di ricevere bisogna

dare, che cosa vuol dire? Che nessun canale che sia Linkedin o che siano altri, così

come non succede nella vita, nessuno ti darà se tu non hai mai dato niente. Nello stesso

modo in cui più rispetto porterai agli altri più il rispecchiamento di quel rispetto ti

tornerà indietro, così usare i social network sempre come dei “lurker” cioè coloro

che guardano ma non interagiscono, non intervengono, non fanno nemmeno un like ma intanto leggono

tutto e poi magari parlano anche dei contenuti.. si può fare, certo, ma se faccio solo questo

e quindi sono presente ad esempio su Linkedin ma in modalità del tutto statica e silente

e mi lamento che nessuno mi chiami ma perché dovrebbero chiamare, non sanno niente di me

a parte un curriculum statico. In realtà io devo usare questi mezzi riuscendo a dare

un po' di me. Allora gli altri in cambio daranno attenzione punti di vista, insomma, scegliere

di esserci al 100% che non vuol dire postare continuamente può voler dire anche di condividere

un contenuto secondo noi interessante per noi e per le persone che vorremmo ci chiamassero

perché allora comincia un'interazione che può diventare un canale di ricchezza di scambi.

C: Luciana, tu sei una manager della comunicazione interna. Allora spiegaci in breve che cosa

significa i quali sono le skills comunicative che hai sviluppato chi ritieni siano importanti

anche per chi ci ascolta, a prescindere dal ruolo che sta svolgendo in questo momento.

L: Beh il mio target privilegiato in qualità di comunicazione interna sono evidentemente

i miei colleghi, quindi le persone che vivono nella mia stessa organizzazione.

Oggi più che mai all'interno della comunicazione interna ci sono 3c che la fanno per la maggiore

che sono le stesse c del community manager di qualunque comunità, anche di quelle esterne,

cioè le tre 3c che Coinvolge di chi sicuramente Comunica ma soprattutto Cura cioè ha cura

e attenzione per le esigenze dell'altro. Quando prima parlavamo di “reader focus writing”

di avere rispetto e attenzione per ciò che può servire all'altro, ecco, questo è assolutamente

fondante per la comunicazione interna, perché dovrebbero leggere o comunque interagire con

i vari canali di comunicazione che mettiamo in campo all'interno di un'organizzazione

solo se c'è un vantaggio anche per loro. Non è che lo fanno perché hanno rispetto

di una funzione, allora per fare questo se da un lato si esercitano le capacità anche

tipiche di un copywriter e quindi le capacità di scrittura sono sempre più importanti anche

quelle di digital PR perché nel tempo così come nella comunicazione onlife anche il sottile

confine tra comunicazione interna esterna è sempre più labile. Oggi sempre più i

dipendenti l'azienda sono in media più credibile di un'azienda e quindi raccontano di sé e

del lavoro che fanno all'esterno e questo è un sottile confine di come io racconto

dentro le nostre strategie, la nostra visione di come le possiamo creare insieme ai nostri

colleghi e di come quindi i colleghi poi potranno riversare anche verso l'esterno. Per cui l'attenzione

è a tutti i canali della corporate culture perché sono interni ea volte esterni ma che

di nuovo si fondano su tutte queste golden rules che abbiamo tirato fuori durante questa

intervista, perché dall'ascolto, al rispetto, alla capacità anche di scegliere di stare

in silenzio su alcune cose sicuramente tutte queste cose fanno parte integrante di questo

ruolo.

C: Quindi possiamo dire che dalle skills si arriva anche ad un cambiamento di mindset

che dobbiamo un po' tutti abbracciare o che forse dobbiamo partire da un cambiamento di

mindset per poi sviluppare queste skills?

L: Sì un cambiamento di mindset secondo me utile all'era della comunicazione onlife è

quello della attitudine a condividere. A condividere ciò che è utile per il proprio network.

Questo non vuol dire necessariamente condividere la foto di ciò che ho fatto ieri sera nella

storia o vuol dire anche questo se io ne ho voglia, ma l'attitudine a condividere significa

allenare e sfruttare le nuove possibilità che il mondo ci mette a disposizione. Perché

farlo? Perché la condivisione arricchisce anche te. È un po' il discorso che facevamo

prima. Se voglio che gli altri mi diano qualcosa io devo dare qualcosa. Se io sono solo quello

che guarda e in qualche modo “lucro” sulla condivisione degli altri mi diverto con la

condivisione degli altri da me non si saprà mai nulla ecco quanto questo è in linea con

il mondo che cambia. E soprattutto in questo mondo che cambia saper utilizzare questi mezzi

di comunicazione governandoli, cioè non sono loro che devono governare noi, sono io che

devo scegliere cosa fare, quale usare e con quale obiettivo. Se io questa cosa la governo

appaio sicuramente una persona up -to-date, cioè comunque capace di stare nella propria

era. Ciò può contrastare anche l'antipatico fenomeno delle leggi che ci sono troppo spesso

troppe convinzioni limitanti rispetto a chi ha superato una certa età e alla sua capacità

di adattarsi al cambiamento. In parte può essere vero, in parte spetta a noi far capire

che siamo capaci di adattarsi al cambiamento. Io ho più di 50 anni e mi riconosco moltissimo

in una definizione che ha coniato un'imprenditrice digitale Gina Pell che dice che esistono “i

perenniall”. Ecco, io mi considero over 50 ma perenniall per dirla con le sue parole

che leggo “persone curiose, di tutte le età, che sono consapevoli di cosa sta accadendo

nel mondo, sono al passo con la tecnologia e hanno amici di ogni età”. Ecco, questo

mindset, perennial, al di là della definizione singola , è un mindset, un approccio che

deve in qualche modo guidare le nostre riflessioni dopodiché una volta che ho riflettuto, posso

anche scegliere di non stare al passo coi tempi, posso scegliere di non stare su alcuni

canali social, posso scegliere di non guardare la serie che va per la maggiore in questo

momento, ma lo faccio in maniera consapevole, e questo fa la differenza. Un mindset di capacità

di adattarsi a un cambiamento che oggi è sempre di più un onda e non un periodo, se

un'onda la cavalco riesco a sostenerla, altrimenti mi cadrà addosso.

C: se mi sento un pochino a disagio a condividere troppe cose, ho paura di essere esposto un

pochino troppo.. quindi ho la voglia di condividere ma sono frenato proprio perché magari sono

introverso di natura, quindi anche nella mia vita offline sono una persona abbastanza riservata,

che suggerimenti hai?

L: Beh intanto una rassicurazione: si ha il pieno diritto di non voler condividere per

forza e magari troppo. L'importante, come dicevo poco fa, è che sia una scelta. Si

può cominciare con modalità molto più coerenti con il proprio modo di sentire. Se ho un interesse

specifico che sia la maratona o un iper tecnicality di nuova generazione potrei comunque cominciare

a capire cosa si dice nei forum o nei luoghi più o meno fisici che si legano a quegli

interessi. E posso fare la scelta di comparire solo in alcune modalità, solo in alcune occasioni,

solo in alcuni canali. Posso fare anche la scelta di non esserci, l'importante è che

io ce l'abbia con me consapevole modalità di vita attuale

C: A ssolutamente. Luciana un consiglio per cominciare a curare la nostra digital reputation

o il nostro personal branding professionali?

L: Secondo me la cosa da cui partire, che va benissimo anche per chi non vuole stare

da nessuna parte, è un esercizio inventato da Adam Leipzig che consiste semplicemente

nel rispondere a cinque domande, anche di getto anche così in prima battuta, anche

in velocità. Domande che apparentemente potrebbero presentare, come dire, riflessioni per filosofiche

ma che in realtà possono permetterci concentrandoci anche in pochi minuti di tirare fuori l'essenza,

te le elenco. Prima domanda: chi sei. Seconda domanda: che cosa ami fare, quali

sono le tue passioni, cosa ti riesce bene, cosa fai magari per lavoro, quindi dentro

cosa ami fare c'è la parte professionale, c'è sicuramente anche quella personale a

seconda di quale il livello a questo rispondendo a queste domande.

Solo a questo punto passiamo alle ultime tre domande, la terza: per chi lo fai? Quindi

le cose che fai, le cose che ami fare a livello professionale, a chi sono rivolte, a chi si

rivolgono? Cosa desiderano, di cosa hanno bisogno queste persone cioè le persone per

cui lo fai, che desideri hanno, che bisogni, che esigenze hanno? E poi l'ultima, la quinta

apparentemente la più disruptive e filosofeggiante, che dice: come cambiano o si trasformano queste

persone grazie a ciò che fai? Spesso di fronte a questa domanda qualcuno pensa “cosa vuoi

che si trasformi per il solo fatto che io so fare una certa cosa o faccia un certo lavoro?”.

Allora che io sia alla cassa di un supermercato o in una gelateria o un trainer in una palestra

o che noi siamo l'amministratore delegato della più grande compagnia digitale del pianeta

in realtà dalle cose più piccole a quelle più grandi che noi esercitiamo quotidianamente

per lavoro o per passione, se sono rivolte a qualcuno fanno la differenza per quel qualcuno,

è che noi non ci soffermiamo mai a pensarlo. Che differenza farà per qualcuno ascoltare

i tuoi podcast, Cecilia? Tanta, poca non è importante quanto, è in che modo potrebbe

trasformare la vita di queste persone, grazie al fatto che in qualche modo va incontro ai

loro bisogni, ai loro desideri e alle loro esigenze perché quello che fai lo fai per

loro. Ecco se riguardiamo queste domande sono le

prime due riguardano noi stessi, cioè chi sei e cosa ami fare e tutte le altre tre sono

spostate sull'altro. Questo è in parte perché è in coerenza

con quello che abbiamo detto finora da ascolto al rispetto, in parte perché, non solo a

mio avviso evidentemente, ma il senso più profondo del lavorare è aiutare gli altri,

farlo per gli altri.

C: Bellissimo io sono senza parole, è stata una chiacchierata così bella che andrai avanti

all'infinito se ne avessimo la possibilità e voglio farti un ultima domanda di rito ma

prima voglio ricordare alle ragazze che sono in ascolto che tutti questi preziosissimi

punti, sottolineo preziosissimi punti, saranno anche suddivisi minuto per minuto nella pagina

web dedicata a questo episodio. Sapete che potete ascoltare o guardare la

puntata e sapete che trovate tutte le puntate al link

Biz-academy.it/podcast. Mi raccomando perché sono punti così pratici..

io questo esercizio lo farò adesso te lo dico dopo pranzo se farò questo esercizio

perché mi ha colpito moltissimo ed è effettivamente qualcosa che magari uno pensa di sapere, io

dico va beh le risposte le so, ma non mi sono mai effettivamente soffermata a mettere nero

su bianco e a rifletterci quindi grazie grazie grazie Luciana, è stato bellissimo! Domanda

di rito..

L: Grazie a te che per avermi dato questa occasione.. domanda di rito..

C: quale donna pensi dovrei intervistare dopo di te?

L: Ho in mente un paio di persone. Per rispetto non voglio dire i nomi qui, una è una mia

collega, una è uno di quegli incroci fortunati della vita che è altro da me, cioè una persona

molto diversa da me, che fa cose molto diverse e questo sicuramente arricchisce lo scambio.

Per rispetto per loro i loro nomi te li dirò in privato..

C: Assolutamente, approfondiremo e poi ragazze naturalmente vedrete le interviste quando

ci saranno.. Luciana, ancora grazie mille è un saluto e un abbraccio a te e a tutte

le ragazze in ascolto!

L: Grazie a te!

Questo è tutto per la puntata di oggi. Spero di averti dato qualche utile spunto che potrai

implementare sin da subito. Se crescere un business in cui credi sul web in modo autentico

e proficuo è parte dei tuoi piani e non sei ancora entrata a Biz Academy puoi farlo visitando

il sito Biz-academy.it Noi come sempre ci sentiamo e vediamo alla

prossima puntata di Impact Girl :)