Come Lanciare un Nuovo Prodotto sul Mercato, con Mary Franzese - YouTube
C: Ciao sono Cecilia Sardeo, fondatrice di Biz Academy e ti do il benvenuto a una nuovissima
puntata di Impact Girl dedicata alle strategie di Marketing e Comunicazione di Successo per
riuscire a far partire la propria attività. In altre parole come possiamo sviluppare un
piano d'azione efficace che ci aiuti ad avviare un progetto imprenditoriale. Lo faremo, come
sempre, con un ospite d'eccezione. Ma prima di rivelarti di chi sto parlando ti invito
ad iscriverti al canale YouTube attivando le notifiche cliccando sulla campanellina
che trovi accanto alla scritta Iscriviti, oppure, se stai guardando questo video dal
sito Biz-academy.it/podcast ti invito ad iscriverti via mail per ricevere gli aggiornamenti relativi
ai nuovi podcast in uscita, così da non perderti neanche una puntata. Cominciamo!
Benvenute ad una nuovissima puntata di Impact Girl!
Oggi scopriamo insieme la Mappa che possiamo seguire per Sviluppare una strategia di Marketing
e di Comunicazione di Successo e come fare perché questa Mappa ci aiuti a raggiungere
la realizzazione di un grande sogno. Lo faremo con qualcuno che questa mappa l'ha creata
ed è riuscita a seguirla con grande successo: Mary Franzese. Ciao Mary!
M: Ciao Cecilia! Grazie Mille! C: Grazie per essere qui con noi!
M: Grazie a te per l'invito e soprattutto per l'opportunità di parlare della mia esperienza,
della nostra esperienza. C: La tua esperienza mi ha colpito davvero
molto, tu Mary sei Co-founder di Neuron Guard che è una Start Up di successo nel settore
biomedicale, un successo che è stato raggiunto per altro in pochi anni perché, se non sbaglio,
dal 2013 che avete cominciato ad ideare questo prototipo di cui di cui ci parlerai a breve.
E la cosa che mi ha colpito molto è stato il fatto che tu sia riuscita a raggiungere
questo successo insieme al tuo socio, in un settore così complesso, così articolato,
così poco femminile, peraltro. Tu sei riuscita a farlo non soltanto grazie alle caratteristiche
particolari estremamente efficaci del prodotto, quanto soprattutto attraverso una strategia
di comunicazione ben studiata e sicuramente, poi forse questo me lo confermerai, molto
costante quindi una strategia che hai sviluppato a tavolino ma che poi hai portato avanti con
estrema resilienza e con grande pazienza e che vi ha permesso di essere riconosciuti,
nel vostro sforzo, da varie autorità di settore fra cui anche l'Università di Cambridge.
M: Si confermo tutto. Faccio solo una piccola descrizione di quello che appunto abbiamo
creato. Noi siamo partiti ormai sei anni fa, io e il mio socio, Enrico Giuliani. Ci siamo
conosciuti durante un programma di accelerazione. Quindi prima non avevamo assolutamente idea
l'uno dell'altra e abbiamo inventato e brevettato un sistema di gestione della temperatura da
utilizzare in caso di danni cerebrali acuti, quindi mi riferisco al trauma cranico, l'ictus
o all'arresto cardiaco. In questi anni i passaggi che sono stati fatti sono molteplici dall'idea
all'implementazione, alla proprietà intellettuale, al fatto di, appunto, individuare degli interlocutori
che fossero in grado di aiutarci e sostenerci lungo questo percorso. Naturalmente quello
che ci ha insegnato questa esperienza in questi primi sei anni, a prescindere da un progetto
che sia medicale o che non sia medicale, il contatto continuo con gli interlocutori e
comunque avere una strategia di comunicazione di marketing ben definita sin dall'inizio
ti permette anche di superare tutti gli ostacoli che poi, di volta in volta, si incontrano
lungo il percorso. Naturalmente per fare degli esempi, per trasmettere
anche dei messaggi, noi inizialmente eravamo partiti da fare alcuni test in laboratorio
in Italia, e volevamo, una volta raggiunto un prototipo ben definito di dispositivo,
provare a testarlo sull'uomo. Questo però, per un dispositivo medico di classe B come
il nostro, non è stato possibile, perché ci sono alcuni comitati etici che non consentono
l'utilizzo di un dispositivo non certificato all'interno di uno studio. Quindi, grazie
al contatto, alle esperienze precedenti anche di Enrico in Inghilterra e al definire anche
una strategia di comunicazione globale internazionale sin dall'inizio, ci ha permesso poi di arrivare
all'Università di Cambridge e a diversi interlocutori. Questo anche grazie ad una partecipazione
nel 2014 di Enrico ad una fiera a Tel Aviv. Quindi, quanto è strano il mondo, siamo partiti
dall'Israele! Lì ha fatto visita lo stand delle Ncess, l'ente sanitario di riferimento
dell'Inghilterra e da lì poi sono partiti tutti i contatti. Quindi, della serie “homo
faber fortunae sue”. Quando si cercano delle opportunità, dalle opportunità poi possono
nascere tante di quelle occasioni che sta all'uomo poi sfruttarle in nuovi punti, nuovi
traguardi e nuovi obiettivi. C: Ti chiedo Mary, quanto della vostra Strategia
di Marketing e di comunicazione soprattutto di quella che tu hai sviluppato in prima persona
è stato pianificato prima di partire e quali sono le pietre miliari di questa pianificazione
e quanto invece è arrivato, come in questo caso, con la partecipazione a questa fiera,
quasi casualmente? M: Diciamo che è stata definita sin dall'inizio,
perché appunto Neuron Guard, essendo frutto di un programma d'accelerazione, una delle
cose, uno degli obiettivi da portare avanti era definire una strategia di comunicazione
dove individuare tutti i nostri clienti fornitori e gli interlocutori di riferimento. I cambiamenti
ci sono stati continuamente, anche perché noi partivamo da un progetto medicale, dove
i dispositivi da voler portare sul mercato erano due inizialmente, un collare terapeutico
e un sistema di infusione. Il collare terapeutico è un dispositivo medico. Un sistema di infusione
ha che fare più con il mondo “Pharma”, quindi gli interlocutori anche di riferimento
erano diversi, non solo le aziende medicali ma anche le aziende farmaceutiche. Quando
poi abbiamo deciso di concentrare la nostra attenzione tutto sul progetto medicale, naturalmente
gli interlocutori sono cambiati. Quindi c'è stata una ridefinizione della strategia di
comunicazione e della strategia di marketing. Il suggerimento che posso dare è quello di
adattarsi sempre a quello che è lo stato attuale dell'azienda, ovvero quali sono gli
obiettivi che sono stati raggiunti? E in funzione degli obiettivi raggiunti, sono
ancora coerente con la Strategia di Marketing che avevo definito?
Gli interlocutori che avevo deciso un mese fa, se c'è stato qualche cambiamento all'interno
del progetto, sono ancora quelli giusti? In un progetto come il nostro, dove il mercato,
il dispositivo ancora non è sul mercato, il rivedere la strategia è un elemento che
deve essere fatto continuamente. E, anche per le aziende che sono già sul mercato,
quando si cerca anche di fare qualche cambio di direzione e questo è comune, però nel
nostro caso ancora di più naturalmente avere le idee chiare, avere degli interlocutori
che possono essere definiti chiave, ma naturalmente essere sempre coerenti con quello che il mercato
chiede in quel momento. C: Assolutamente. Ci fa un esempio concreto
di che cosa della tua strategia di comunicazione hai cambiato quando hai capito che avevi un
interlocutore diverso a cui rivolgerti? M: è cambiato quando noi in questo momento,
grazie ai primi test che abbiamo condotto appunto sull'uomo, su dei volontari sani,
siamo riusciti ad individuare un altro mercato di riferimento, nel senso che la gestione
della temperatura ormai non è praticata solo a livello medicale ma anche in un ambito sportivo.
Ci sono tanti atleti che prima di qualunque competizione decidono di fare un raffreddamento,
tipo c'è la criotermia, l'immersione delle vasche di ghiaccio o ancora il voler mettere
degli indumenti in delle vasche di ghiaccio e poi indossarli, per avere una maggiore concentrazione.
Quando c'è stato questo cambiamento quindi e un interlocutore dell'ambito sportivo si
è avvicinato a noi, in quel momento siamo stati costretti a fare una pianificazione
completamente diversa, che comunque fosse linea sempre con la tecnologia ma dove gli
interlocutori di riferimento non erano più gli ospedali e le cliniche o i centri di ricerca
ma delle aziende interessate ad avere una nuova tecnologia come la nostra. E questo
è successo lo scorso anno. Naturalmente la strategia vera e propria è una strategia
organizzata, pianificata internamente, non ancora divulgata, anche perché questo è
un progetto ancora strettamente riservato. Ecco il motivo per il quale sono sempre molto
tengo molto alla riservatezza su questa cosa qui, perché è un progetto su cui noi teniamo
tanto, però quando partiremo poi con la strategia di comunicazione vera e propria, sui social
o sul sito internet potremmo dare riscontro di quello che appunto è stato fatto. Però
il segnale appunto questo quando l'interlocutore di riferimento cambia è giusto che ci sia
un adeguamento a quelle che sono le esigenze del mercato.
C: Fantastico! E da un punto di vista proprio super pragmatico, il raggiungere questi interlocutori
è avvenuto tramite, e ti faccio proprio una domanda basica, perché magari è proprio
lì che qualcuno dice “Oddio, aiuto, ma dove parto? Ho individuato i miei interlocutori,
ma che cosa faccio, li chiamo al telefono? Vado a suonarci il campanello? Mando loro
un kit particolare con determinate caratteristiche del mio prodotto? E dove inserisco la mia
call to action, in maniera tale che queste persone possano effettivamente dire ok questa
cosa ci può interessare?” M: Naturalmente quello che ci ha aiutato è
stato l'aver partecipato a diversi contest per start up o la partecipazione a fiere,
eventi dedicati o anche nelle tavole rotonde, dove i nostri interlocutori di riferimento
partecipano. Quello deve essere un primo momento in cui io riesco, anche mediante una domanda
o anche lo scambio di un bigliettino da visita per un intervento che c'è stato durante
una tavola rotonda o altro, è un modo per cercare di avvicinarsi a questo interlocutore.
Il consiglio che do sempre è quello di fare rete, conoscere quante più persone possibili,
perché il network, o comunque la condivisione della propria esperienza senza la paura che
qualcuno possa rubarcela, è la cosa principale in questo settore, a prescindere dal settore,
anzi, perché un contatto che magari oggi noi definiamo non utile o comunque utile non
è la parola giusta, ma non affine a quello che stiamo facendo, un domani si potrebbe
rivelare in realtà il contatto chiave. Quindi condivisione continua della propria idea mediante
la partecipazione eventi o anche la condivisione della propria esperienza professionale con
le altre persone, conoscere sempre nuovi utenti e non fermarsi mai solo al mercato italiano,
perché quello naturalmente dipende dal settore di riferimento, ma pensare globalmente sin
dall'inizio, sin dal primo giorno in cui la prima penna viene messa appunto su un foglio
è un punto chiave per il successo di un progetto. C: Quindi qui stiamo pensando che spesso i
suggerimenti che ho ricevuto quando sono partita erano invece di natura opposta. Comincia a
livello locale e poi pensa ad espanderti a livello globale, perché altrimenti rischi
di disperderti, di scoraggiarti perché parti subito con una prospettiva molto più ampia.
Invece tu ci stai dicendo che partire da una prospettiva più ampia ci apre gli orizzonti.
Poi però ci si può anche scoraggiare, perché magari cominciamo a ricevere i primi no, cominciamo
a ricevere le prime obiezioni a quello che è il nostro sogno, a quel punto quando è
il momento, dove capisci e dove hai capito, quando è successo a te, se era il caso di
ascoltare quelle obiezioni e riceverle come feedback e magari cambiare strada o dire “No,
questa è la mia strada e io continuo, a prescindere da tutte le difficoltà che posso incontrare”
M: Beh il nostro approccio è stato sempre top-down, nel senso che parto dal grande,
dal più ampio per poi scendere man mano a cascata e raggiungere appunto di riferimento
quello più piccolino. I feedback che abbiamo ricevuto sono stati
molteplici sia da un punto di vista di fund raising o di contatti anche con gli ospedali
di riferimento ancora con i centri e cerca o con qualche azienda con la quale volevamo
appunto chiudere qualche collaborazione che poi non si è rivelata non siamo riusciti
a chiudere il mio suggerimento è quello di ascoltare sempre tutti i feedback che riceviamo
perché qualunque feedback messo in relazione a quello che è il nostro piano di azione
appunto ci consente di capire se è coerente o non è coerente con quello che stiamo facendo.
Poi io credo ma anche molto nella patto generazionale nel senso che le persone che hanno molta più
esperienza di noi hanno sempre qualcosa da insegnarci, ed è una cosa è reciproca. Quando
c'è un confronto, anche una chiacchierata, bisogna sempre porsi in un'ottica win-win,
ovvero ho qualcosa da condividere con questa persona, questa persona qualcosa da condividere
con me, cerchiamo di trovare una relazione che ci consenta quindi di fare in modo che
questo dialogo possa essere quanto più utile possibile. Quindi feedback negativi ricevuti
sono stati ad esempio, proprio per portare una cosa un esempio pragmatico nel nostro
caso è quando un fondo di investimento ha deciso di non chiudere nei nostri confronti
appunto un primo round. Per quale motivo? Perché la proprietà intellettuale era ancora..
mancavano ancora degli elementi di proprietà intellettuale, ora abbiamo sei brevetti, mancavano
ancora gli studi e anche il laboratorio. In quel momento non abbiamo visto quei feedback
come negativi o come un ostacolo ma come a dire “Ok, facciamo in modo di trovare le
risorse necessarie per raggiungere questi obiettivi per poi ripresentarci a questi interlocutori
in un modo molto più forte”. Naturalmente io credo ok ostacolo? Non esistono ostacoli,
esistono delle opportunità o comunque dei gradini che di volta in volta noi decidiamo
di salire per raggiungere la vetta più alta della nostra scalinata.
C: Come trovi o hai trovato anche in passato la motivazione a, mi viene da dire ad andare
avanti, nel “Ok ho ricevuto questi feedback, per riuscire ad integrarli tutti mi ci vorrà
un certo arco temporale. Come hai mantenuto la motivazione? Io sono una persona molto
impaziente soprattutto nell'approccio che ho a tutti i progetti imprenditoriali che
porto avanti. Non so se è tipico femminile, non ne ho la più pallida idea o se è semplicemente
una caratteristica personale però faccio molta fatica, devo fare proprio uno sforzo
consapevole per integrare i feedback e soprattutto per accettare l'arco temporale che richiederà
integrarli tutti prima di riprovare la stessa strada.
M: Io ero una persona fortemente impaziente, anche perché secondo me rientra un pò nel
“Modus Operandi” della donna. Vogliamo tutto e subito perché quando ci dedichiamo
ad una cosa sappiamo di metterci il massimo in quello che stiamo facendo. Ma il settore
medicale è un settore con tempi così tanto lunghi che è impossibile essere impaziente,
scusate il gioco di parole, ma è veramente così. Per solo un'approvazione di uno studio
clinico, faccio un esempio, occorre non solo la stesura di un protocollo scientifico ma
anche l'approvazione di un comitato etico, e passano mediamente dai tre ai sei mesi.
Lo studio poi dura altri sei mesi. E questo tempo in realtà, che qualcuno vede “morto”
e ci ha portato poi a riflettere, ci ha portati, intendo a me e il mio socio, che è un medico,
quindi è abituato a questi tempi, a decidere come sfruttare questo lasso di tempo. Quindi
l'unione, il fatto di lavorare sempre in team con delle persone che hanno delle competenze
diverse rispetto alle tue e hanno anche un modo di agire diverso, ci ha portato a pensare
ad altre applicazioni nel nostro progetto. Quindi mai essere impazienti, perché il nostro
interlocutore di riferimento potrebbe avere dei tempi che sono diversi dai nostri. Potremmo
anche rischiare di mancare di rispetto alle persone che potrebbero essere dei nostri interlocutori
di riferimento. Qualcuno in America parla di “soft pressure”.
Io credo molto in questo, cioè bisogna fare delle email di catch-up, tutto quello che
vogliamo, però senza essere troppo pressanti perché altrimenti trasmettiamo quell'impazienza
che spesso viene vista come un mancato contatto con il mercato e quindi con l'interlocutore
e un mancato anche una mancata forma di rispetto. Contare fino a dieci, sempre, anche se i risultati
tutti vorremmo raggiungere subito ma fare sempre un riferimento al settore in cui decidiamo
appunto di intervenire. C: Mi piace moltissimo questa della goccia
che continua a colpire la pietra che prima o poi comunque la modella, la modifica però
con dei tempi che sono, se vogliamo, quasi impercettibili ed è in effetti uno splendido
suggerimento pratico per togliere un pò quella sensazione di star perdendo tempo aspettando
e invece come utilizzare, diciamo l'idea è quella di pensare che come posso utilizzare
questo tempo per fare che cosa oltre che a continuare a fare gocciolare la goccia? Che
cos'altro avete fatto con quel tempo a disposizione? Avete magari utilizzato quel tempo per migliorare
ulteriormente il prodotto, per sviluppare una strategia parallela? In che altro modo hai
sfruttato questi cinque-sei mesi di tempo che ogni volta magari chi si profilavano di
fronte? M: Naturalmente per cercare sempre di controllare
e di verificare la strategia che avevamo appunto definito in precedenza un lavoro di revisione
non fa mai male, non è mai una perdita di tempo. Poi io ho la fortuna di lavorare in
modalità smart working. L'azienda è basata a Modena, abbiamo una collaborazione con Cambridge
in Inghilterra, lavorando sempre da remoto in qualunque punto ormai perché riesco trascorrere
solo due giorni a settimana ormai a Modena, questo ci ha anche permesso di trovare il
modo di dedicarci anche al nostro tempo, perché poi, ricordiamoci una cosa, va bene la revisione,
va bene essere concentrati sui nostri progetti imprenditoriali consulenziali quelli che siano,
va bene anche concentrarsi su se stessi e cercare il contatto anche con quello che ci
fa stare bene. Quando ci sono stati anche dei tempi morti, non lo nego, io mi sono dedicata
a qualche viaggio, che poi mi ha aiutata anche ad avere delle nuove idee. Mi sono dedicata
alla mia famiglia perché la mia famiglia è lontana. Ho trovato sempre dei modi in
cui trovare come impiegare quel tempo, per fare in modo di raggiungere appunto un mio
benessere personale perché se stiamo bene noi naturalmente in azienda si sta bene, si
sta bene con i propri partner sia professionali che nella vita privata, si sta bene con tutti
gli interlocutori che abbiamo di fronte. Quindi mai vedere il tempo come una perdita di tempo
ma sempre come un modo per sfruttare quel tempo anche buca per dire: “Ok provo a rigenerarmi
e provo appunto a fare una revisione di quello che è stato fatto finora.
C: Questo è ottimo, soprattutto per chi come spesso succede o a donne in carriera o a donne
imprenditrici, non si stacca mai perché ormai è un'abitudine cercare di riempire quel poco
tempo che abbiamo per noi con qualcos'altro. L'idea di stare sedute sul divano a fare nulla
anche se non siamo in vacanza ma semplicemente fare una pausa e berci una tisana è impossibile
perché intanto rispondiamo alle mail, guardiamo Whatsapp, controlliamo che ci sia arrivato,
non lo so, quel messaggio che stavamo aspettando e la cosa continua all'infinito ed è ormai
un'abitudine. Quindi mi piace molto il fatto di dire “Beh, se non posso crearmi dello
spazio perché magari la mia tendenza è quella di non staccare mai, appena mi arriva un tempo
morto forzato, perché comunque devo aspettare punto e basta, dire ok questo tempo lo posso
utilizzare senza troppi sensi di colpa, visto che comunque è arrivato lui per appunto rigenerarmi”
e senza vederla, come dici tu, come una perdita di tempo ma come un investimento in se stesse,
che poi ci genera tempo perché ci da energie creative e ci dà molta più ispirazione e
motivazione. M: Questo è verissimo, ma anche la lettura.
Una lettura che anche non è necessariamente collegata a quello che stiamo facendo o l'ascolto
della musica. Non bisogna mai essere schiavi della propria vita, io lo dico sempre, ma
trovare sempre un motivo valido per svegliarsi la mattina con il sorriso e andare a letto
la sera con un altro sorriso. ancora e dire “Questa giornata è stata positiva e proficua
per me”. Lo dico anche perché in passato ho avuto delle esperienze lavorative che non
mi hanno permesso di avere sempre questo senso positivo ma era più un senso di obbligo quasi,
come a dire “Ok devo portare a casa la mia busta paga a fine mese” ed era quasi un'imposizione
che mi davo. Vivere di imposizioni non fa bene e sicuramente trovare sempre una motivazione
valida per tutto quello che si fa è il modo giusto per agire, e io dico sempre. Nel nostro
caso abbiamo un progetto medicale, quindi c'è anche la parte etica, la parte sociale
che ci spinge sempre di più ad andare avanti. Ma anche per un progetto sportivo c'è la
volontà di migliorare le performance di un utente quindi ci vuole sempre quel feedback
positivo in grado di dire “Ok sto facendo la cosa giusta o se non sto facendo la cosa
giusta cosa posso fare per migliorarla?” Si cresce sempre, come ho detto in altre occasioni
“Tutto segna ma tutto insegna” quindi da tutto è giusto trarre un insegnamento
per migliorarsi giorno dopo giorno. C: Ti sei mai svegliata una mattina pensando
sto sbagliando tutto? M: Sì, mi è successo prima di iscrivermi
al Master, appunto, nel 2013 e quindi anche prima di conoscere il mio attuale socio. Io
ero in provincia di Napoli, ero tornata dai miei genitori dopo l'esperienza all'estero
anche universitaria. Gestivo una cooperativa erogante i servizi al supporto ai centri riabilitativi.
L'ho fatto per due anni, ma non ero motivata. Quindi un bel giorno, una mattina non ero
motivata e mi sentivo quasi come la classica figlia di papà, a casa con i propri genitori,
tornata, che non ha il problema di dover trovare soldi per un rifornimento, c'era il rifornimento
sempre tutti i sabato, che mio padre prendeva la macchina, non avevo il problema di andare
a fare la spesa, di pagare le utenze e non ero potuto motivata nel lavoro che era sempre
un lavoro nel socio sanitaria assistenziale però mi sentivo più vittima e schiava di
quel lavoro e non ero motivata affatto. Un bel giorno mi sono svegliata e ho detto ai
miei genitori: “Io mollo tutto e vado su a Milano perché ho trovato un Master in Imprenditorialità
e Strategia Aziendale e mi hanno dato della matta. Ma della matta-fuori di testa mi è
stato dato anche quando poi ho conosciuto Enrico e ho deciso di investire in Neuron
Guard. Quindi la mia vita è fatta di pazzie! E se qualcuno non mi dà della matta vuol
dire che non sto facendo la cosa giusta in quel momento!
C: Quindi, ti chiedo a questo punto, diciamo che tu hai sognato in grande fin dall'inizio,
nel senso che poi dopo, quando hai deciso appunto di abbracciare questo nuovo progetto
è stata un'incognita con la I maiuscola. Ci sono situazioni a tuo avviso in cui sognare
in grande, soprattutto per chi di noi vuole creare qualcosa, può rivelarsi controproducente?
O meglio, ti riforumulo la domanda: come possiamo sognare in grande in maniera tale da non ingannarci,
da non illuderci, da non inseguire un miraggio, che comunque rischia di farci svegliare un
giorno, guardarci indietro e dire “Oddio se avessi fatto qualcos'altro, se avessi accettato
i feedback che mi arrivavano, se fossi guarita dalla mia pazzia forse non sarei qui oggi..”
? M: Non perdendo mai il contatto con la realtà,
ma nemmeno con se stessi e non essere mai presuntuosi. Quello che paga molto nel mondo
professionale o comunque in generale nella vita è l'umiltà. L'umiltà di saper accettare
anche un commento negativo e di saper affrontare quelli che sono degli ostacoli ad un progetto.
Sempre parlando con degli esempi pratici, in riferimento al nostro progetto noi partiamo
come un collare refrigerante quindi inizialmente il nostro collare doveva essere utilizzato
solo per ipotermia terapeutica. Poi il mercato si è spostato sempre di più verso la gestione
della temperatura quindi un'esigenza di dire è giusto fare prima una temperatura mirata
al freddo e poi portare sul mercato un dispositivo che consenta al paziente anche di tornare
a quella situazione di normotermia. Se noi avessimo continuato a pensare al nostro dispositivo
solo come a un collare in grado di fare freddo, detta molto semplicemente, avremmo sicuramente
perso il contatto con il mercato e quindi con la realtà. È bene essere innamorati
di quello che si fa ma non essere troppo vincolati all'idea iniziale. È un pò come i bambini.
I bambini quando crescono bisogna lasciarli andare, bisogna lasciarli cadere e bisogna
lasciare appunto che possano fare delle esperienze di vita. Nel nostro caso è la stessa identica
cosa: è giusto commettere degli errori perché si commettono degli errori ma sempre trovare
da quell'errore una lezione di vita che poi possa aiutarci a migliorare sempre di più
quello che è il nostro progetto. In soldoni appunto mai essere presuntuosi, sempre tanta
umiltà e un continuo contatto con la realtà e con gli interlocutori di riferimento, perché
i feedback aiutano sempre in qualunque momento. C: Importantissimo questo, soprattutto per
chi crea appunto un progetto e se ne innamora, hai usato una parola giustissima. Ci sono
molti imprenditori e imprenditrici, in genere non ha importanza, ma che proprio considerano
e chiamano il loro progetto il proprio figlio, il proprio bambino. E tu hai usato una metafora
splendida perché poi, anche se fosse davvero un bambino, comunque ad un certo punto devi
modificare anche le modalità di comunicazione col tuo bambino, devi modificare il tuo approccio
il bambino cresce ha delle caratteristiche così anche il progetto quindi quest'idea
di fare pivot continua di cambiare direzione che non significa appunto rinunciare ma potrebbe
voler dire anche tornare sui propri passi e ripartire. Mi piace sempre dire che cambiare
direzione mentre ci stiamo già muovendo molto più semplice che non pianificare l'impossibile
e poi e non partire mai perché non c'è mai il momento perfetto, non c'è mai l'interlocutore
ideale, non c'è mai abbastanza un budget, non c'è mai un mercato sufficientemente grande
e l'inerzia cresce cresce cresce a un certo punto muoversi diventa impossibile. Come quando,
dopo vent'anni di sedentarietà, decidiamo improvvisamente di correre una maratona..
è impossibile non ce la faremo mai. Quando invece piccoli passi ci permettono anche di
esplorare quella che può essere la potenzialità del nostro progetto, essendo piccoli possiamo
anche, come dire , fare pivot e modificare ma siamo già in moto, siamo già in movimento
e quindi facciamo molta meno fatica anche a fare un'inversione a u e ripartire.
M: Esatto. Io poi parto sempre dal rifiuto di mio padre, perché quando vivevo ancora
con i miei genitori a 18 anni, dall'età dei 14 anni seguivo sempre un pò l'azienda di
famiglia. Durante il periodo estivo, vivevo a pochi passi dalla costiera amalfitana però
trascorrevo le mie giornate più in azienda piuttosto che prendere il motorino e andare
appunto al mare. Ero così tanto innamorata del progetto aziendale di mio padre che avevo
intenzione di continuare quello che era stato fatto da lui in precedenza. Ma mio padre,
quando gliel'ho proposto, mi ha detto “No, questo non fa per te e mi raccomando: sei
hai un sogno fai di tutto per poterlo realizzare”. Questo rifiuto mi ha segnata sicuramente.
All'inizio non l'avevo capito perché mi sono sentita rifiutata, però in realtà è stato
il momento in cui ho capito di dover sempre accettare quello che veniva dato dagli altri.
Il cambiamento è necessario, soprattutto poi quando ci viene suggerito da chi ha più
esperienza di noi. Da lì ho iniziato a viaggiare, ho iniziato a fare esperienza e quindi ringrazio
sempre mio padre per avermi detto no a 18 anni e per avermi permesso, a distanza di
15 anni, di poter raccontare tanto della mia vita ma tanto anche dalla nostra esperienza
imprenditoriale, perché senza quel rifiuto e senza quel cambiamento io non sarei mai
arrivata a quella che sono oggi, alla persona che sono oggi, alla donna che sono oggi.
C: Mary, quali sono, a tuo avviso le minacce principali che vedi profilarsi all'orizzonte
nel momento in cui comincerete a divulgare questo progetto anche fuori dal suo contesto
di riferimento, quindi più ad un pubblico di massa, quindi a livello di strategia di
comunicazione? M: Uno l'abbiamo già toccato che è quello
del tempo, naturalmente. Quindi definirsi, definire un calendario temporale che sia allineato
con quella che appunto è la strategia comunicativa e con quelli che sono i messaggi che intendiamo
diffondere. La seconda minaccia sono le risorse finanziarie perché poi naturalmente, nel
nostro caso, veicolare un messaggio sbagliato con la mancanza delle risorse finanziarie
è quell'elemento che poi non ti consente di raggiungere l'interlocutore di riferimento.
Poi parlando in questo caso con degli ospedali, dei centri di riferimento, comunque con delle
aziende medicali che sono già player di riferimento in questo settore, senza risorse finanziarie
è veramente difficile da raggiungere. Terzo: competenze. Competenze mi riferisco all'affidarsi
a comunque persone che abbiano appunto delle competenze o comunque delle esperienze già
in questo settore. Mai affidarsi a chi non ha avuto alcuna esperienza perché altrimenti
si rischia appunto di non superare questa minaccia e di rendere questa minaccia un punto
di debolezza nostro interno che non riesce appunto ad essere superato.
C: Quindi minaccia tempo soluzione calendario cercando anche di creare un calendario equilibrato,
per cui non diventare vittime della propria comunicazione e essere risucchiati in un vortice
senza fine perché poi soprattutto quando utilizziamo i mezzi del web è un vortice
che ci risucchia e poi ci toglie anche l'ultima goccia di energia che possiamo avere per portare
avanti il progetto. Poi l'ultima di cui hai parlato appunto è evitare di affidarsi a
chi parla ma non sa, ahimè è molto diffusa questa tendenza, quindi soltanto persone che
potrebbero anche essere meno estroverse o meno abituate a comunicare, che però hanno
delle competenze tali per cui quando noi ci mettiamo a sviluppare una strategia di comunicazione
diventano degli assetti fondamentali M: Esatto il linguaggio è fondamentale in
questo senso. Bisogna sempre adottare un linguaggio che sia coerente con quello che è il mercato
di riferimento. Nel nostro caso poi la parte tempo è tanto una minaccia quanto in realtà
un'opportunità perché avendo ora un progetto che si sta sviluppando in due settori completamente
diversi, che tra di loro non comunicano, ci sta permettendo di appunto impostare e pianificare
una strategia che poi possa trovare anche delle sinergie, senza mai dimenticarsi che
Neuron Guard è un sistema di gestione della temperatura. Ora, che possa essere utilizzato
in ambito medico, piuttosto che in ambito sportivo, piuttosto che in ambito anche riabilitativo
è una strategia nostra, l'importante che l'interlocutore abbia sempre un messaggio
chiaro. Legga sempre un messaggio chiaro e capisca “Ok qui si sta parlando di Neuron
Guard”. Quindi linguaggio semplice, persone competenti, non estroverse ma l'importante
che appunto possano adottare un linguaggio che sia giusto con quello che è il messaggio
chiave che vogliamo appunto trasmettere agli altri.
C: Invece a livello budget, hai detto questa resta sempre una minaccia, quindi se ho ben
capito, il rischio potrebbe essere quello di utilizzare il budget per una strategia
comunicativa non efficace e a quel punto il budget si è esaurito. Il modo per aggirare
questo problema? M: Il modo per aggirare questo problema a
livello budget è quello di dire “Ok provo anche a fare dei nuovi progetti e crearne
degli altri” in modo che la cassa non possa mai andare in un livello dove troviamo altre
risorse finanziarie. Quello è una minaccia sicuramente anche non solo da un punto di
vista di strategia comunicativa ma da un punto di vista del progetto imprenditoriale medicale
nel complesso. Perché per la strategia comunicativa ormai ci sono così tanti strumenti che ci
consentono di raggirare questo ostacolo della difficoltà appunto finanziaria, ma parlando
nel complesso di Neuron Guard, progetto medicale naturalmente, la risorsa finanziaria quindi
i soldi è la cosa di cui abbiamo più bisogno per poter far crescere sempre di più il nostro
progetto. C: Quindi potremmo riassumere il tutto nel
dire evitiamo di mettere tutte le uova in un paniere, cerchiamo di diversificare un
minimo? M: Si
C: E vale per qualunque progetto imprenditoriale e poi la diversificazione non necessariamente
deve essere un nuovo progetto ma possono essere i canali di utilizzo. Il web, ad esempio,
offre delle modalità di comunicazione molto più economiche di quanto non possa essere
l'apparizione sul giornale stampato. M: Verissimo infatti noi abbiamo sempre rifiutato
interviste su carta stampata, quelle a pagamento. Ci siamo sempre affidati all'utilizzo dei
nostri social network o del nostro sito, quindi al web nel complesso, proprio trasmettere
i nostri messaggi e definendo noi una strategia chiara ed efficace e non affidandoci a dei
mezzi a pagamento o degli strumenti a pagamento che poi non ci permettevano di poter destinare
magari quella parte di budget in scopi di ricerca o anche nel pagamento di figure professionali
in grado di poter fare un certo lavoro. C: C'è un canale social, visto che hai nominato
gli aspetti sociali anche all'inizio della nostra chiacchierata, un canale che si sia
rivelato a tuo avviso si rivela particolarmente efficace per questa nicchia dove tu lavori,
che è molto peculiare mi verrebbe da dire non molto social media friendly? Non si parla
di moda, non si parla di cibo, non si parla di soldi.. quale potrebbe essere questa piattaforma
a tuo avviso? M: Nel corso dei nostri anni naturalmente
abbiamo utilizzato sempre tutte le piattaforme, da Linkedin, Facebook a Twitter. Nell'ambito
medicale credo funzioni molto Twitter. Twitter naturalmente anche un tweet, pochi, sono davvero
molto efficaci. In questo momento la nostra strategia comunicativa è molto al di là
dei social, e molto più partecipazione a eventi e fiere. Però l'ambito medicale tra
Linkedin e Twitter sono i social comunque di riferimento ma anche Facebook. Su Instagram
ancora non ho visto delle aziende medicali presenti con il prodotto medicale in sé,
ma piuttosto con delle strategie, con delle fondazioni collegate o comunque con degli
interventi con degli eventi a cui loro partecipano, in questo senso qui, si sicuramente, però
i social dipende sempre dall'interlocutore di riferimento ma credo che Twitter sia quello
migliore in questo momento per l'ambito medicale. C: Fantastico! Questa è una grande dritta,
anche perché ricordo sempre a chi ci ascolta che il tentativo di essere ovunque con il
proprio progetto è un'illusione, possiamo raggiungere chiunque e parlare a tutti, in
qualunque momento, più parliamo a tutti e cerchiamo di parlare a tutti, più finiamo
per non parlare a nessuno. Perché poi il messaggio si diluisce e appunto come dicevi
tu Instagram è un social network molto giovane. Per altro proprio per l'audience molto giovane
che vi partecipa noto proprio delle discrepanze enormi, a seconda della nicchia di riferimento
quindi per questo ti chiedevo, perché non esiste il social network che esiste. Certo,
quello che va più di moda adesso, piuttosto che quello che andava più di moda due anni
fa, ma di fatto in certi settori, certi social funzionano molto meglio di altri. A quel punto
conviene concentrare le nostre energie in pochi ma buoni piuttosto che cercare di essere
ovunque, di parlare tutte queste lingue diverse perché ogni social parla una lingua a sè,
adattarle alla comunicazione nostra e diventa un lavoro un lavoro enorme, che poi c'è anche
dal nostro controllo perché si diluisce senza motivo.
M: infatti quello che dico sempre è di non seguire la moda ma seguire quello che è il
nostro cliente di riferimento, vedere come si muove sui social, il tipo di comunicazione
che cerca di fare e trovare dei punti di collegamento, dei punti dove il nostro cliente riferimento
possa in qualche modo essere interessato a quello che noi stiamo comunicando. La moda
in questo momento si è assolutamente Instagram ma anche gli altri social. Usati nel modo
giusto e con un linguaggio coerente con quello che è il nostro mercato possono dare dei
risultati significativi oggi e con un budget ridotto, lo sappiamo questo.
M: Assolutamente. Quindi mai puntare sul volume ma sempre sulla qualità. Quindi anche un
audience un pochino più ridotto ma esattamente l'audience che è interessato a quello che
stiamo facendo piuttosto che avere appunto milioni di followers che in realtà lasciano