7. La raccomandazione (Racconti romani)
Disoccupato e stanco, indossando sotto l'unica giacca, l'unica camicia e l'unica cravatta, aff amato, [...] ho pensato di chiedere consiglio a un amico mio.
Quest'amico si chiamava Pollastrini ed era autista presso due vecchie signorine che avevano una macchina più vecchia di loro che usavano sì e no due volte alla settimana: un posto ideale. L'ho trovato al garage [...] e gli ho spiegato la situazione. Lui si è grattato la testa, e pensieroso ha risposto: – È un brutto momento, non c'è lavoro e meno ce ne sarà in futuro; [...] però, io sai che faccio? Ti mando dall'avvocato Moglie, che tempo fa è stato tanto buono con me. Così dicendo, era andato alla cabina del garage e lì ha telefonato all'avvocato.
Il tram della circolare era pieno zeppo dentro e con la gente appesa fuori sui predellini. Mi sono attaccato anch'io e così appeso, ho fatto tutti i Lungoteveri fino a piazza Cavour.
Arrivo, scendo, corro, salgo le scale di un palazzo signorile, suono, una cameriera mi fa entrare [...]. Subito dopo l'avvocato si è aff acciato e mi ha invitato ad entrare dicendo: – Sei fortunato, mi hai preso in tempo, stavo per andare in Tribunale.
Era un uomo piccolo, con la faccia larga e gialla, e gli occhi neri come il carbone. Ha detto sfogliando non so che scartafaccio: – Dunque, tu ti chiami Rondellini Luigi.
Ho protestato con vivacità: – No, mi chiamo Cesarano Alfredo... ha telefonato per me Pollastrini... per una raccomandazione...
– E chi è Pollastrini?
– Pollastrini Giuseppe... l'autista delle signorine Condorelli.
L'avvocato si è messo a ridere, con un riso, per la verità, gentile, e ha detto: – Ma sì certo... devi aver pazienza... lui ha telefonato e io gli ho parlato… tutto vero… ma sai com'è?... gli ho parlato e risposto con la mente ad altro [...].
Dunque, se ben ricordo, Cesarano, tu vuoi una raccomandazione per diventare giardiniere al Comune?
Ho protestato di nuovo: – No, avvocato, sono autista, cerco un posto di autista. Lui ha detto, senza ascoltarmi: – Giardiniere al Comune: è una parola. Ha detto di nuovo, con forza: – Avvocato, sono autista... cerco un posto di autista. [...] Ha abbassato la testa, ha scritto in gran fretta qualche cosa, [...] e finalmente mi ha dato una busta dicendo: – Tieni, va' con questa lettera dall'avvocato Scardamazzi, lui qualche cosa potrà fare di certo per te... e prendi, intanto, ti faranno comodo –. Tolse dal portafogli un biglietto da cinquecento e me lo ha dato.
Ho protestato, per la forma che non li volevo: quindi ho accettato, ho fatto un inchino e sono uscito.
L'ufficio dell'avvocato Scardamazzi era negli edifici del Comune, a via del Mare. Mi sembrava strano, ma insomma quello era l'indirizzo scritto sulla busta. [...]
Scardamazzi [...] mi ha ascoltato fumando, poi ha osservato: – Mi dispiace, ma io non conosco quest'avvocato Moglie… e poi io non sono avvocato ma ragioniere e mi chiamo Giovanni e non Rodolfo... tutto quello che posso fare per lei è mandarla dal mio collega Merluzzi... forse lui ne sa qualche cosa.
Sono uscito per andare a cercare questo Merluzzi, ma subito ho capito che non sarebbe stato facile trovarlo. [...] mi sono ricordato ad un tratto che l'avvocato Moglie l'indirizzo di Scardamazzi l'aveva cercato in una sua agenda e ho capito che, nella fretta, aveva scritto un indirizzo al posto di un altro. Non mi sbagliavo; [...] l'avvocato Scardamazzi abitava in realtà a via Quintino Sella, all'altro capo della città. Ci sono andato.
L'avvocato Scardamazzi era molto diverso dal ragioniere Scardamazzi. Era un omaccione [...]. Aveva una voce forte e affettuosa ma fredda. Ha detto, dopo aver gettato un'occhiata alla lettera: – Siamo disoccupati, eh... cocco mio, farò per te quello che posso... siediti intanto e abbi pazienza per un momento.
Mi sono seduto e lui subito si è attaccato al telefono [...]. Finita questa telefonata, lui ne ha fatta un'altra. Finalmente ha chiuso il telefono, mi ha guardato male, con quei suoi occhiacci e ha domandato: – E tu che vuoi?
– La lettera... – ho incominciato.
– Ah sì, la lettera... naturalmente... ma dove diavolo è andata a finire? [...]
L'ha riletta e poi ha preso la penna e ha scritto rapidamente poche parole su un foglio di carta, lo ha messo in una busta e me lo ha dato: – Va' a quest'indirizzo... a quest'ora lo trovi... auguri.
Io mi ero alzato in piedi. Ho preso la busta, l'ho messa in tasca e sono uscito. Quando sono arrivato fuori, ho preso di tasca la busta per leggere l'indirizzo.
Sono rimasto a bocca aperta leggendo: “Avvocato Mauro Moglie, via Pierluigi da Palestrina, 20”.
Dunque, come nel gioco dell'Oca che, quando si sbaglia, si torna indietro... Ero tanto confuso, disperato e anche affamato che non ho saputo fare altro che prendere di nuovo l'autobus e ritornare in via Pierluigi da Palestrina.
L'avvocato poi ha detto: – Conosco l'avvocato Scardamazzi... è un mio caro amico... dunque tu ti chiami Francesetti e vorresti un posto di usciere al Tribunale... insomma la solita raccomandazione, eh?
Allora ho detto: – Avvocato, il mio nome è Cesarano Alfredo e faccio l'autista..., stamattina ho fatto telefonare a lei da Pollastrini che lei conosce, e poi sono venuto qui da lei e lei mi ha dato una lettera per l'avvocato Scardamazzi...
Alla fine del mio lamento, ho visto che la sua faccia si sdoppiava; e adesso di facce invece di una ce n'erano due, e allora sono caduto a sedere su una sedia, davanti al tavolo, prendendomi il viso in una mano.
Poi ho detto: – Mi scusi: è la debolezza.
E lui senza aspettare ha risposto in fretta: – Be' mi dispiace... ma siamo tutti così carichi di lavoro e i disoccupati sono tanti... facciamo così, allora: fin adesso la macchina me la guidavo da me... vuol dire che d'ora in poi me la guiderai tu... per ora, s'intende, fino a quando non avrai trovato un posto...