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Viaggio al centro della Terra, Part (8)

Part (8)

Capitolo 15. Lo Sneffels è alto cinquemila piedi. Con il suo doppio cono sta alla fine di una fascia trachitica che si allontana dal sistema montuoso dell'isola. Dal nostro punto di partenza era impossibile vedere i suoi due picchi sullo sfondo grigio del cielo. Potevo vedere solo un grandissimo cappello di neve calato sulla fronte del gigante. Camminavamo in fila, preceduti dal cacciatore, il quale arrancava per gli stretti sentieri attraverso i quali due persone non avrebbero potuto camminare affiancate. Qualsiasi conversazione diventava per questo motivo pressoché impossibile. Oltre la muraglia di basalto del fiordo di Stapi ci imbattemmo, in un primo momento, in un terreno di torba erbacea e fibrosa, resto dell'antica vegetazione delle paludi della penisola; tutto quel combustibile non ancora sfruttato sarebbe sufficiente a scaldare per un secolo tutta la popolazione dell'Islanda; questo vasto giacimento di torba, misurato dal fondo di certi burroni, aveva in molti punti più di settanta piedi di profondità costituito da vegetali carbonizzati, separati da fasce sottili di tufo poroso. Degno nipote del professor Lidenbrock, sebbene fossi preoccupato, osservavo con vivo interesse le curiosità minerali messe in mostra in quell'immenso museo di storia naturale, e nello stesso tempo ripercorrevo dentro di me tutta la storia geologica dell'Islanda. Quest'isola, così strana, nacque dal fondo delle acque in un'epoca relativamente recente. E' possibile anzi che si alzi tutt'ora con un movimento impercettibile. Se è così, la sua origine deve essere ricercata nell'azione dei fuochi sotterranei. In questo caso la teoria di Humphry Davy, il documento di Saknussemm e le pretese dello zio sarebbero state completamente smentite. Questa ipotesi mi portò a studiare con attenzione la conformazione del terreno, e in poco tempo mi resi conto dei fenomeni che avevano contribuito alla sua formazione. L'Islanda, dal cui suolo sono assenti sedimentazioni di qualsiasi tipo, è formata esclusivamente da tufo di origine vulcanica, cioè da un insieme di rocce effusive a struttura porosa. Prima dell'esistenza dei vulcani era costituita da un terrazzo di trapps, sollevatosi a poco a poco fuori dall'acqua dietro la spinta di forze centrifughe. I fuochi interni non si erano ancora manifestati all'esterno. Più tardi una larga fessura si aprì diagonalmente da Sud-ovest a Nord-est dell'isola e da questa uscì poco a poco tutto il magma trachitico. Il fenomeno si manifestò allora senza violenza; lo sfogo d'uscita era grandissimo e le materie fuse espulse dall'interno della Terra si versarono pian piano in vasti strati o in masse tondeggianti. I minerali sfaldati, le sieniti e i porfidi apparvero in quest'epoca. Dopo tale fuoriuscita, lo spessore dell'isola aumentò enormemente e così la sua forza di resistenza. Si può immaginare quale quantità di fluidi elastici si immagazzinasse nel suo interno quando, dopo il raffreddamento della crosta trachitica, non presentò più alcuna uscita. Ci fu un momento in cui la potenza meccanica di questi gas fu tale che essi sollevarono la massiccia crosta e si aprirono altri varchi molto alti. Nacque così il vulcano generato dal sollevamento della crosta poi il cratere che si aprì subito dopo sulla vetta del vulcano. Quindi, dopo le eruzioni, ci furono i fenomeni vulcanici. Dai nuovi sfiatatoi uscirono in un primo momento detriti di basalto, dei quali la pianura che stavamo percorrendo offriva magnifici esemplari. Stavamo camminando sopra queste rocce di color grigio scuro, alle quali il raffreddamento aveva donato forme di prismi a base esagonale. Da lontano si vedevano coni schiacciati che un tempo erano stati bocche eruttanti fuoco. In epoca successiva, terminata l'eruzione di basalto, il vulcano, la potenza del quale era aumentata a causa dei crateri spenti, iniziò a espellere le lave e i tufi vulcanici dei quali riuscivo a vedere ancora le colate sparse sui fianchi come una ricca capigliatura. Questa fù la sequenza dei fenomeni che originarono l'Islanda e derivavano tutti dall'azione dei fuochi interni: e immaginare che la massa centrale non fosse in uno stato stabile di fluidità incandescente era una pazzia. E soprattutto era pazzia la pretesa di poter arrivare al centro della Terra! Così facendo mi rassicuravo circa l'esito del nostro viaggio, mentre andavo all'assalto dello Sneffels. Il cammino diveniva sempre più arduo, e l'ascesa sempre più faticosa; pezzi di roccia franavano e bisognava osservare le più scrupolose precauzioni per evitare cadute pericolose. Hans andava avanti con tranquillità come se si fosse trovato su di un terreno piano; talvolta spariva per qualche istante alla vista dietro le grandi rocce, ma un fischio acuto che faceva con la bocca ci indicava la direzione da seguire. Molte volte si fermava, raccoglieva delle pietre che poi disponeva in modo che potessero essere dei riferimenti per la via del ritorno. Attenzione in sé per sé buona, ma che tuttavia gli avvenimenti che seguirono resero inutile. Tre faticose ore di marcia ci avevano portato soltanto alla base della montagna. Là Hans ci fece segno di fermarci e consumammo tra di noi una frugale colazione. Lo zio mandava giù delle porzioni doppie per far prima. Ma poiché questa fermata per mangiare era anche sosta di riposo, dovette attendere il benestare della guida, che un'ora dopo diede il via per la partenza. I tre islandesi parlavano poco come il loro compagno cacciatore: non dissero parola e mangiarono con moderazione. Cominciavamo ora a scalare i fianchi dello Sneffels. La sua vetta piena di neve, a causa di un'illusione ottica frequente in montagna, mi sembrava molto vicina, invece quante lunghe ore prima di raggiungerla! E quanta fatica! Le pietre, non tenute da alcuna consistenza del terreno o di piante, franavano sotto ai nostri piedi e andavano a finire giù al piano veloci come valanghe. In certi punti i fianchi della montagna formavano con l'orizzonte un angolo di almeno 36°; non era possibile salire per quel versante, cosicché bisognava aggirare con molta difficoltà, quei pendii sassosi. Allora ci aiutavamo l'un con l'altro con i nostri bastoni. Devo ammettere che mio zio si teneva il più possibile vicino a me: non mi abbandonava un attimo con gli occhi e più d'una volta mi offrì un valido appoggio con il suo braccio. Lui aveva senza alcun dubbio in sé il senso dell'equilibrio e non barcollava mai. Gli islandesi, nonostante fossero carichi, salivano molto agilmente da esperti montanari. Guardando l'altezza della cima dello Sneffels, mi sembrava che fosse impossibile raggiungerla da quel versante, se l'angolo di inclinazione dei fianchi non fosse diventato meno ripido. Fortunatamente dopo un'ora di fatiche, al centro della vasta distesa nevosa che si stendeva lungo le pendici del vulcano, improvvisamente ci si presentò come una scalinata che facilitò di molto la nostra salita. Era formata da uno di quei torrenti di pietre espulsi dalle eruzioni, chiamati in islandese stina. Se quel torrente non fosse stato fermato nella sua discesa dalla forma dei fianchi della montagna, sarebbe andato a finire in mare e vi avrebbe creato nuove isole. Così com'era ci fu molto utile. La ripidezza della salita aumentava, tuttavia i gradini di pietra ci concedevano di salire con facilità e rapidamente tanto che, essendomi attardato un momento indietro mentre i miei compagni continuavano la salita, li vidi diventare da lontano di proporzioni infinitesimali. Alle sette di sera avevamo superato i duemila gradini della scalinata e dominavamo un falsopiano della montagna, una specie di basamento sul quale si poggiava il cono del cratere. Il mare si distendeva a più di tremiladuecento piedi sotto di noi. Avevamo superato il limite delle nevi perenni, che in Islanda non sono molto in alto a causa dell'umidità costante del clima. Faceva molto freddo e il vento soffiava con forza. Ero al limite delle mie forze. Il professore si accorse che le mie gambe non funzionavano e malgrado la voglia di arrivare decise di fermarsi. Così fece segno al cacciatore il quale scosse il capo dicendo: Ofvanfor. Sembra che si debba salire ancora, disse mio zio. Quindi chiese a Hans il perché della sua risposta. Mistour, rispose la guida. Ja, mistour, ripeté uno degli islandesi con spavento. Che cosa vuole dire questa parola? domandai preoccupato. Guarda, disse lo zio. Indirizzai lo sguardo verso la pianura. Un'immensa nuvola di polvere di pietra pomice, di sabbia e di polvere si alzava roteando come una tromba: il vento la portava contro il fianco dello Sneffels, al quale, noi ci tenevamo aggrappati; quella nube opaca stesa davanti al sole, formava un'immensa ombra sulla montagna. Se la tromba si fosse piegata, ci avrebbe inevitabilmente avvinghiato nelle sue spire. Quel fenomeno, che accade molto spesso quando soffia il vento dei ghiacciai, ha in islandese il nome di mistour. Hastigt! Hastigt! gridò la nostra guida. Pur non comprendendo il danese, intuii che dovevamo seguire Hans, e subito. Egli cominciò a girare attorno al cono del cratere, ma di traverso, tanto da rendere più agevole la via. Poco dopo la tromba s'abbattè contro la montagna, che tremò sotto la spinta: le pietre avvolte nei vortici del vento girarono in una pioggia di schegge come durante un'eruzione. Noi eravamo per fortuna sul lato opposto e al riparo da ogni pericolo; tuttavia senza la vigile attenzione della guida i nostri corpi strappati e resi polvere sarebbero andati a finire assai lontano, come il prodotto di qualche meteora ignota. Ma Hans non ritenne opportuno trascorrere la notte sui fianchi del monte, e voleva arrivare in vetta, per raggiungere la quale impiegammo quasi cinque ore; i giri, le ascensioni in diagonale e i ritorni indietro avevano allungato il cammino di almeno tre leghe. Non ce la facevo più; ero sfinito dal freddo e dalla fame, e l'aria un pochino più rarefatta non era più sufficiente per i miei polmoni. Alla fine, verso le undici di sera, nel buio completo, arrivammo sulla vetta dello Sneffels, e prima di andare a ripararmi all'interno del cratere, feci in tempo a vedere il sole di mezzanotte, nella fase più bassa del suo cammino, lanciare i suoi pallidi raggi sull'isola silenziosa ai miei piedi. Capitolo 16. La cena fu consumata velocemente e la compagnia si mise a posto alla meglio. Il letto era duro, il riparo poco sicuro, la nostra situazione molto difficile, a cinquemila piedi sopra il livello del mare. Ma il mio sonno fu calmo nel corso della notte, una delle migliori che avessi passato da lungo tempo. Neanche sognai. Il giorno dopo ci destammo quasi infreddoliti per l'aria pungente ai raggi di un bel sole; abbandonai il mio letto di granito e andai a vedere lo stupendo panorama che si presentava ai miei occhi. Stavo sulla vetta di uno dei due picchi dello Sneffels quello Sud. Da lì la mia vista si stendeva sulla maggior parte dell'isola. Per un gioco ottico, normale a grandi altezza, le rive sembravano in rilievo, mentre le parti al centro parevano inghiottite. Come se una carta in rilievo di Helbesmer, il cartografo e geografo tedesco del XIX secolo, fosse stesa sotto i miei piedi. Vedevo le profonde valli intercalarsi in tutte le direzioni; i precipizi scavati come pozzi, i laghi tramutarsi in stagni, i fiumi diventare torrenti. Sulla mia destra era un susseguirsi di moltissimi ghiacciai e di numerose vette, alcune delle quali erano un poco avvolte di fumo. Le continue ondulazioni senza fine di queste montagne, che i loro tappeti di neve sembravano rendere ricche di schiuma, mi facevano tornare alla mente la superficie d'un mare in tempesta. Se guardavo verso Ovest, l'oceano si stendeva maestosamente, quasi fosse una continuazione di quelle vette biancheggianti; il mio occhio non riusciva quasi a distinguere dove finiva la terra e dove cominciavano le onde. Mi tuffai così in quello spettacolo affascinante che offrono le alte cime, e questa volta senza vertigine, perché mi abituavo, alla fine, a queste estasianti contemplazioni. Il mio sguardo abbacinato s'immergeva nel trasparente riflesso dei raggi solari; dimenticavo chi ero, dov'ero, per vivere la vita degli elfi o dei silfi, immaginarie creature della mitologia scandinava. Mi ubriacavo del piacere delle altezze senza pensare agli abissi nei quali il mio destino doveva gettarmi entro breve tempo. Tuttavia venni riportato alla realtà dall'arrivo del professore e di Hans, che mi raggiunsero sulla vetta. Vedo un vapore, una nebbia, un fantasma di terra che s'innalzava all'estremo limite delle onde, riferii al professore. La Groenlandia, disse. La Groenlandia? Sì, è distante meno di trentacinque leghe, e durante il disgelo, gli orsi bianchi giungono fino in Islanda attraverso i ghiacci del Nord. Tuttavia questo non interessa. Siamo sulla vetta dello Sneffels ed ecco due picchi l'uno a Sud, l'altro a Nord. Hans ci dirà con quale nome gli islandesi chiamano quello sul quale siamo. Interrogato, il cacciatore rispose: Scartaris. Lo zio mi lanciò uno sguardo di trionfo. Al cratere! disse. Il cratere dello Sneffels era a forma di cono rovesciato la cui bocca poteva avere mezza lega di diametro. Ritenevo che la sua profondità fosse sui duemila piedi. Si immagini lo stato di un simile cratere quando si riempiva di tuoni e di fiamme. La base dell'imbuto non doveva misurare più di cinquecento piedi di circonferenza, tanto che vi si poteva giungere facilmente attraverso un dolcissimo pendio. Pur non volendolo, paragonavo quel cratere a un grandissimo trombone, e il paragone m'impauriva. Scendere in un trombone, pensavo, che forse può essere carico e può sparare al più piccolo urto, è una cosa da pazzi. Tuttavia non mi era possibile tornare indietro; Hans, con aria indifferente, riprese il comando della compagnia e io lo seguii senza parlare. Per facilitare la discesa, Hans delineava nell'interno del cono alcune ellissi molto allungate. Si doveva avanzare in mezzo a rocce eruttive, delle quali alcune smosse dal loro posto andavano a cadere rimbalzando sino al fondo dell'abisso. La loro caduta creava echi dal suono strano. Alcune sezioni di cono formavano ghiacciai interni. In questi casi Hans avanzava con molta attenzione, saggiando il terreno con il bastone ferrato per trovare i crepacci; in certi punti pericolosi dovemmo legarci con una lunga corda cosicché, se a qualcuno fosse venuto a mancare un piede improvvisamente, si trovasse sorretto dai compagni. Questo della cordata era un buon accorgimento, tuttavia non escludeva il pericolo. Ma, nonostante le difficoltà della discesa in alcuni punti scoscesi di cui la guida non era a conoscenza, il cammino venne compiuto senza incidenti, a parte la caduta di un rotolo di corde che sfuggì dalle mani di un islandese e andò a finire sul fondo dell'abisso per la via più breve. A mezzogiorno eravamo arrivati. Alzai la testa e vidi l'entrata superiore del cono che incorniciava un pezzo di cielo dalla forma quasi perfetta di un cerchio, anche se di dimensioni singolarmente ridotte. In un punto soltanto si stagliava la vetta dello Scartaris per immergersi nell'infinito. In fondo al cratere s'aprivano tre bocche attraverso le quali, nelle eruzioni dello Sneffels, il focolare centrale emetteva le lave e i vapori. Tutte queste bocche avevano circa cento piedi di diametro. Erano là, aperte sotto di noi. Io non ebbi la forza di guardarvi dentro. Il professor Lidenbrock, invece, aveva fatto un rapido esame della loro disposizione; correva con affanno dall'una all'altra gesticolando e pronunciando parole incomprensibili. Hans e compagni, seduti su alcuni blocchi di lava, lo guardavano credendolo evidentemente pazzo. Improvvisamente lo zio lanciò un grido; credetti che avesse messo un piede in fallo e fosse precipitato in uno dei tre abissi. Ma no. Lo vidi con le braccia stese, le gambe aperte, in piedi davanti a una roccia granitica messa al centro del cratere come un gran piedistallo fatto per la statua di Plutone. Era nella posizione dell'individuo meravigliato, ma il suo sbigottimento lasciò il posto ben presto a una gioia irrefrenabile. Axel! Axel! gridò. Vieni! Vieni! Accorsi. Né Hans né gli islandesi si mossero. Guarda! mi disse il professore. E dividendo la sua meraviglia se non la sua gioia, lessi sul lato occidentale del macigno, in caratteri runici, quasi corrosi dal tempo, questo nome mille volte maledetto. Arne Saknussemm! esclamò mio zio. Hai ancora dubbi, adesso? Non risposi e ritornai abbattuto al mio sedile di lava. L'evidenza mi schiacciava. Per quanto tempo sia rimasto immerso nelle mie riflessioni, non so dire; so che, alzando la testa, vidi mio zio e Hans soli in fondo al cratere. Gli islandesi erano stati congedati e ora ridiscendevano i fianchi esterni dello Sneffels per ritornare a Stapi. Hans dormiva tranquillamente ai piedi di una roccia in una colata di lava nella quale aveva creato un letto. Mio zio si muoveva in fondo al cratere come una bestia feroce nella trappola di un cacciatore. Non trovai né la voglia né la forza d'alzarmi, e seguendo l'esempio della guida mi lasciai andare a un doloroso sopore con la sensazione di udire dei rumori e di sentire dei sussulti nei fianchi della montagna. Così trascorse la prima notte in fondo al cratere. Il giorno dopo una cappa grigia, nuvolosa, incombente, s'abbassò sulla punta del cono. Me ne resi conto non tanto per l'oscurità del baratro quanto per la collera dello zio. Ne capii il motivo e un'ultima speranza mi aprì il cuore. Ecco perché. Delle tre strade aperte ai nostri piedi, una sola era stata seguita da Saknussemm. E secondo quanto diceva lo scienziato islandese doveva essere riconosciuta da un fatto indicato dal crittogramma, e cioè che l'ombra dello Seartaris veniva a toccarne gli orli gli ultimi giorni del mese di giugno. Difatti quel picco aguzzo poteva essere considerato come l'ago di una gigantesca meridiana, l'ombra del quale, a un giorno determinato, veniva a indicare la strada per il centro della Terra. Quindi se il Sole fosse stato assente, sarebbe mancata l'ombra, e perciò l'indicazione. Eravamo al 25 giugno; se il cielo fosse rimasto coperto per sei giorni, si sarebbe dovuto rimandare a un altro anno l'osservazione. Rinuncio a descrivere la collera impotente del professor Lidenbrock. La giornata trascorse e nessuna ombra venne a disegnarsi sul fondo del cratere. Hans non si mosse dal suo posto, eppure doveva domandarsi che cosa attendessimo, concesso che si domandasse qualche cosa! Lo zio non mi rivolse mai la parola; i suoi sguardi, quasi sempre rivolti verso il cielo, si perdevano di fronte a quella cappa grigia e nebbiosa. Il 26 ancora nulla; una pioggia mista a neve cadde per tutto il giorno, Hans costruì una capanna con pezzi di lava, e io mi divertii a seguire con lo sguardo le migliaia di cascatelle improvvisate sui fianchi del cono e di cui ogni pietra aumentava l'assordante mormorio. Mio zio non sapeva più trattenersi; c'era infatti di che irritare anche l'uomo più paziente perché era proprio come arenarsi in un porto. Ma il cielo unisce ai grandi dolori le grandi gioie; e riservava al professor Lidenbrock una soddisfazione pari alle sue esasperanti noie. Il giorno successivo il cielo rimase ancora coperto; ma la domenica, 28 giugno, il terzultimo giorno del mese, con il cambiamento della Luna cambiò anche il tempo. Il Sole inondò con i suoi raggi il cratere. Ogni montagnola, ogni masso, ogni pietra, ogni rilievo ebbero la loro parte di emanazione di luce e allungarono immediatamente la loro ombra sul terreno. Tra tutte, quella dello Scartaris si stagliò come una freccia aguzza e prese impercettibilmente a girare con la stella luminosa. Lo zio si muoveva con lei. A mezzogiorno, quando era più breve, venne dolcemente a toccare l'orlo della bocca centrale. E là! esclamò il professore. E là! Al centro della Terra! aggiunse in danese. Forut! disse tranquillamente la guida. Avanti, rispose mio zio. Erano l'una e tredici minuti del pomeriggio. Capitolo 17. Iniziava il vero viaggio. Sino ad allora le fatiche avevano superato le difficoltà; ora queste dovevano nascere sotto i nostri passi. Non avevo ancora guardato dentro quel pozzo senza fondo in cui stavo per calarmi. Era giunto il momento; potevo ancora o partecipare all'impresa o rifiutarmi di tentarla. Ma mi vergognai di indietreggiare davanti al cacciatore. Hans affrontava così tranquillamente l'avventura, con tanta indifferenza e con così grande noncuranza d'ogni pericolo, che arrossii al pensiero di sembrare meno coraggioso di lui. Se fossi stato solo, avrei certamente fatto valere le mie più valide ragioni; ma davanti alla guida tacqui; andai indietro con la mente alla mia bella virlandese e mi avvicinai alla bocca centrale. Ho detto che doveva avere cento piedi di diametro ovvero trecento piedi di circonferenza. Mi chinai da una roccia a strapiombo e guardai dentro. Mi si rizzarono i capelli. Mi prese il senso del vuoto; sentii che il mio centro di gravità si spostava e la vertigine mi salì al capo come un'ebbrezza. Niente di più tremendo di questa attrazione dell'abisso; stavo per cadere, ma una mano mi trattenne: quella di Hans. Effettivamente non avevo preso sufficienti lezioni d'abisso alla Vor-Frelsers-Kirk di Copenaghen. Tuttavia, per poco che avessi osato guardare dentro quel pozzo, era stato sufficiente a permettere di rendermi conto della sua struttura. Le pareti tagliate a picco avevano molte prominenze che dovevano facilitare la discesa; ma anche se la scalinata non mancava, era assente la ringhiera. Una corda legata alla bocca superiore sarebbe stata sufficiente per tenerci; ma come toglierla quando si fosse giunti all'estremità inferiore? Mio zio usò un metodo molto semplice per superare questa difficoltà. Svolse una corda grossa come il pollice e lunga quattrocento piedi, ne lasciò scorrere la metà, la legò intorno a un masso sporgente di lava e lanciò nella bocca anche l'altra metà. Ora ognuno di noi poteva scendere, tenendo in mano le due metà della corda; una volta scesi per duecento piedi sarebbe stato assai facile recuperarla, abbandonando un capo e tirando l'altro. Quindi si sarebbe continuato questo sistema ad infinitum. E ora, disse mio zio dopo aver eseguito questi preparativi, occupiamoci dei bagagli. Li divideremo in tre involti e ognuno di noi se ne legherà uno alla schiena; intendo dire solo gli oggetti fragili. L'ardito professore evidentemente non riteneva che noi facessimo parte di quest'ultima categoria. Hans, continuò, prenderà gli utensili e una parte dei viveri; tu, Axel, un'altra parte dei viveri e le armi; io, la rimanenza dei viveri e gli strumenti delicati. Ma, feci io, e gli abiti, e questo mucchio di corde e di scale, chi li porterà giù? Scenderanno da soli. E come? Così. Lo zio usava volentieri e senza esitazione i grandi mezzi. A un suo gesto, Hans mise insieme in un solo fagotto gli oggetti non fragili, legò strettamente questo involto e lo lanciò, come la cosa più naturale, nell'abisso. Sentii il sonoro muggito, causato dallo spostamento degli strati d'aria; mio zio, curvo sul baratro, osservava con occhio soddisfatto la discesa dei suoi bagagli e si alzò solo dopo averli perduti di vista. Bene, disse. E ora, a noi. Chiedo a qualsiasi persona con un poco di sale in zucca se sarebbe stato possibile ascoltare parole del genere senza tremare di paura! Il professore si legò sulla schiena il pacco degli strumenti; Hans, quello degli utensili; io, quello delle armi. La discesa iniziò con quest'ordine: Hans, mio zio e io. Venne eseguita in un silenzio di tomba rotto solo dalla caduta dei frammenti di roccia che finivano nell'abisso. Mi lasciai scivolare, diciamo così, tenendo con forza con una mano la doppia corda e attaccandomi forte con l'altra per mezzo del bastone ferrato. Non avevo altro che un pensiero: la paura che cedesse il punto d'appoggio. La corda mi sembrava molto debole per sostenere il peso di tre persone, e la usavo il meno possibile compiendo miracoli di equilibrio, sopra le sporgenze di lava che il mio piede cercava di prendere come una mano. Quando uno di quei gradini scivolosi cedeva sotto i piedi di Hans, questi diceva con la sua voce calma: Gif akt! Attenzione! ripeteva mio zio. Dopo una mezz'ora eravamo arrivati su una roccia fortemente incassata nella parete della gola. Hans tirò la corda per uno dei capi; l'altro salì nell'aria e dopo aver superato la roccia in alto, ricadde tirandosi dietro pezzi di pietra e di lava, una specie di pioggia, o per meglio dire, di grandine assai pericolosa. Guardando all'esterno della nostra stretta terrazza, osservai che il fondo dell'abisso non era ancora visibile. Riprese la manovra della corda, e una mezz'ora più tardi eravamo scesi di altri duecento piedi. Non so se il più arrabbiato geologo avrebbe cercato di studiare, durante la discesa, il periodo geologico dei terreni che lo circondavano; per quanta mi riguarda non me ne preoccupai minimamente: che fossero pliocenici, miocenici, eocenici, cretacei, giurassici, triassici o archeanici, la cosa mi era del tutto indifferente. Tuttavia il professore fece le sue osservazioni perché, durante una delle soste, mi disse: Più proseguo e più aumenta la mia fiducia. La disposizione di questi terreni vulcanici dà decisamente ragione alla teoria di Davy; siamo in un terreno assolutamente primordiale, terreno in cui avvenne l'operazione chimica dei metalli infiammati al contatto dell'aria e dell'acqua. Rifiuto del tutto l'ipotesi del calore centrale; d'altra parte ce ne accorgeremo da soli. Sempre la stessa conclusione; è facile comprendere che non mi divertivo a parlare. Il mio silenzio venne scambiato per un'approvazione e la discesa proseguì. Tre ore dopo non vedevo ancora il fondo della gola; alzando il capo vedevo la sua bocca diventare sempre più piccola. Le pareti, per la loro lieve pendenza, tendevano ad avvicinarsi; l'oscurità si faceva sempre più fitta. Nonostante tutto continuavamo a scendere; mi pareva, però, che le pietre che si staccavano dalle pareti scendessero con un rumore più sordo e che dovessero incontrare assai presto il fondo dell'abisso. Dato che avevo avuto cura di tenere un conto esatto delle manovre della corda, mi feci un' idea esatta della profondità cui eravamo giunti e del tempo passato. Fino a quel momento avevamo ripetuto quattordici volte la manovra che durava una mezz'ora; c'erano dunque sette ore, più quattordici quarti d'ora di riposo, cioè tre ore e mezzo; in tutto, dieci ore e mezzo. Eravamo partiti all'una, dovevano dunque essere le undici. Quanto alla profondità cui eravamo scesi, le quattordici lunghezze di una corda di duecento piedi, davano duemila e ottocento piedi. A un certo momento sentimmo la voce di Hans: Alt! disse. Mi fermai proprio mentre stavo per toccare con i piedi la testa dello zio. Siamo giunti, disse questi. Dove? chiesi scivolando vicino a lui. In fondo al pozzo perpendicolare. Non c'è un'altra uscita? Sì, una specie di corridoio che vedo di sfuggita e che porta verso destra obliquamente. Domani vedremo. Per il momento ceniamo; quindi dormiremo. La notte non era ancora scesa completamente. Si aprì il sacco delle provviste, si mangiò, poi ognuno si adagiò alla meglio su un letto di pietre e di frammenti di lava. E quando, sdraiato supino, aprii gli occhi, vidi un punto risplendere alla fine di quel lungo tubo di quasi tremila piedi, mutato in un grandissimo cannocchiale. Era una stella mancante di qualsiasi brillantezza, e, secondo i miei calcoli, doveva essere Beta dell'Orsa Minore. Quindi mi prese un sonno profondo.


Part (8) Part (8) Parte (8) Partie (8) Parte (8)

Capitolo 15. Lo Sneffels è alto cinquemila piedi. Con il suo doppio cono sta alla fine di una fascia trachitica che si allontana dal sistema montuoso dell’isola. With its double cone it stands at the end of a trachytic belt that moves away from the mountain system of the island. Dal nostro punto di partenza era impossibile vedere i suoi due picchi sullo sfondo grigio del cielo. Kiindulópontunktól kezdve lehetetlen volt látni két csúcsát az ég szürke hátterén. Potevo vedere solo un grandissimo cappello di neve calato sulla fronte del gigante. Csak egy nagyon nagy hókalapot láttam ledobni az óriás homlokára. Camminavamo in fila, preceduti dal cacciatore, il quale arrancava per gli stretti sentieri attraverso i quali due persone non avrebbero potuto camminare affiancate. We walked in line, preceded by the hunter, who trudged along the narrow paths through which two people could not walk side by side. Sorban mentünk, megelőzve a vadászt, aki végigvonult a keskeny ösvényeken, amelyeken keresztül két ember nem tudott egymás mellett haladni. Qualsiasi conversazione diventava per questo motivo pressoché impossibile. Bármilyen beszélgetés emiatt szinte lehetetlenné vált. Oltre la muraglia di basalto del fiordo di Stapi ci imbattemmo, in un primo momento, in un terreno di torba erbacea e fibrosa, resto dell’antica vegetazione delle paludi della penisola; tutto quel combustibile non ancora sfruttato sarebbe sufficiente a scaldare per un secolo tutta la popolazione dell’Islanda; questo vasto giacimento di torba, misurato dal fondo di certi burroni, aveva in molti punti più di settanta piedi di profondità costituito da vegetali carbonizzati, separati da fasce sottili di tufo poroso. Beyond the basalt wall of the Stapi fjord, at first we came across a ground of herbaceous and fibrous peat, a remnant of the ancient vegetation of the peninsula's marshes; all that untapped fuel would be enough to warm the entire population of Iceland for a century; this vast deposit of peat, measured from the bottom of certain ravines, was in many places more than seventy feet deep, made up of charred plants, separated by thin bands of porous tuff. A Stapi-fjord bazaltfalán túl eleinte egy lágyszárú és rostos tőzeg talajára bukkantunk, amely a félsziget mocsarai ősi növényzetének maradványa; mindez a fel nem használt üzemanyag elegendő lenne Izland teljes lakosságának egy évszázadon át történő felmelegítésére; ez a hatalmas tőzeglerakódás bizonyos szakadékok aljától mérve sok helyen több mint hetven láb mély volt, elszenesedett növényekből állt, amelyeket vékony porózus tufa-szalagok választottak el. Degno nipote del professor Lidenbrock, sebbene fossi preoccupato, osservavo con vivo interesse le curiosità minerali messe in mostra in quell’immenso museo di storia naturale, e nello stesso tempo ripercorrevo dentro di me tutta la storia geologica dell’Islanda. Worthy nephew of Professor Lidenbrock, although I was concerned, I observed with keen interest the mineral curiosities displayed in that immense natural history museum, and at the same time I retraced within myself the whole geological history of Iceland. Lidenbrock professzor méltó unokája, bár aggódtam, élénk érdeklődéssel figyeltem meg az abban a hatalmas természettudományi múzeumban mutatott ásványi érdekességeket, ugyanakkor Izland teljes geológiai történelmét visszahallgattam magamban. Quest’isola, così strana, nacque dal fondo delle acque in un’epoca relativamente recente. Ez a furcsa sziget a víz fenekéről született viszonylag nemrégiben. E' possibile anzi che si alzi tutt’ora con un movimento impercettibile. Se è così, la sua origine deve essere ricercata nell’azione dei fuochi sotterranei. Ha igen, akkor a földalatti tüzek fellépésekor kell keresni az eredetét. In questo caso la teoria di Humphry Davy, il documento di Saknussemm e le pretese dello zio sarebbero state completamente smentite. In this case, Humphry Davy's theory, Saknussemm's document and his uncle's claims would have been completely disproved. Ebben az esetben Humphry Davy elméletét, Saknussemm dokumentumát és nagybátyjának állításait teljesen elutasították volna. Questa ipotesi mi portò a studiare con attenzione la conformazione del terreno, e in poco tempo mi resi conto dei fenomeni che avevano contribuito alla sua formazione. Ez a hipotézis arra késztetett, hogy alaposan tanulmányozzam a terep alakját, és rövid idő alatt rájöttem azokra a jelenségekre, amelyek hozzájárultak a kialakulásához. L’Islanda, dal cui suolo sono assenti sedimentazioni di qualsiasi tipo, è formata esclusivamente da tufo di origine vulcanica, cioè da un insieme di rocce effusive a struttura porosa. Prima dell’esistenza dei vulcani era costituita da un terrazzo di trapps, sollevatosi a poco a poco fuori dall’acqua dietro la spinta di forze centrifughe. A vulkánok létezése előtt a csapdák teraszából állt, amelyek a centrifugális erők nyomán fokozatosan emelkedtek ki a vízből. I fuochi interni non si erano ancora manifestati all’esterno. A belső tűz kívülről még nem nyilvánult meg. Più tardi una larga fessura si aprì diagonalmente da Sud-ovest a Nord-est dell’isola e da questa uscì poco a poco tutto il magma trachitico. Később egy nagy repedés nyílt átlósan a sziget délnyugatától északkelet felé, és fokozatosan az összes trachytikus magma kijött belőle. Il fenomeno si manifestò allora senza violenza; lo sfogo d’uscita era grandissimo e le materie fuse espulse dall’interno della Terra si versarono pian piano in vasti strati o in masse tondeggianti. A jelenség ekkor erőszak nélkül nyilvánult meg; a kimenet nagyon nagy volt, és a Föld belsejéből kiszorított olvadt anyagok lassan hatalmas rétegekben vagy lekerekített tömegben ömlöttek ki. I minerali sfaldati, le sieniti e i porfidi apparvero in quest’epoca. Pelyhesített ásványok, szienitek és porfírok jelentek meg ebben a korszakban. Dopo tale fuoriuscita, lo spessore dell’isola aumentò enormemente e così la sua forza di resistenza. E szivárgás után a sziget vastagsága rendkívül megnőtt, és ellenállási ereje is nőtt. Si può immaginare quale quantità di fluidi elastici si immagazzinasse nel suo interno quando, dopo il raffreddamento della crosta trachitica, non presentò più alcuna uscita. El lehet képzelni, mekkora mennyiségű rugalmas folyadékot tároltak a belsejében, amikor a trachitikus kéreg lehűlése után már nem mutatott semmilyen kijáratot. Ci fu un momento in cui la potenza meccanica di questi gas fu tale che essi sollevarono la massiccia crosta e si aprirono altri varchi molto alti. Volt idő, amikor ezeknek a gázoknak a mechanikai ereje olyan volt, hogy felemelték a hatalmas kérget és más nagyon magas járatokat nyitottak meg. Nacque così il vulcano generato dal sollevamento della crosta poi il cratere che si aprì subito dopo sulla vetta del vulcano. Így született meg a vulkán, amelyet a kéreg felemelése generált, majd az a kráter, amely közvetlenül a vulkán csúcsa után nyílt meg. Quindi, dopo le eruzioni, ci furono i fenomeni vulcanici. Dai nuovi sfiatatoi uscirono in un primo momento detriti di basalto, dei quali la pianura che stavamo percorrendo offriva magnifici esemplari. A bazalt törmelék először az új szellőzőnyílásokból bukkant elő, amelyeknek síksága, amelyen átkeltünk, csodálatos példányokat kínált. Stavamo camminando sopra queste rocce di color grigio scuro, alle quali il raffreddamento aveva donato forme di prismi a base esagonale. Da lontano si vedevano coni schiacciati che un tempo erano stati bocche eruttanti fuoco. In epoca successiva, terminata l’eruzione di basalto, il vulcano, la potenza del quale era aumentata a causa dei crateri spenti, iniziò a espellere le lave e i tufi vulcanici dei quali riuscivo a vedere ancora le colate sparse sui fianchi come una ricca capigliatura. A következő időszakban, a bazalt kitörése után, a vulkán, amelynek ereje a kihalt kráterek miatt megnőtt, elkezdte kiűzni a lávát és a vulkáni tufákat, amelyeknek még mindig láttam az oldalain szétszórt áramlást, mint egy gazdag haj. Questa fù la sequenza dei fenomeni che originarono l’Islanda e derivavano tutti dall’azione dei fuochi interni: e immaginare che la massa centrale non fosse in uno stato stabile di fluidità incandescente era una pazzia. This was the sequence of phenomena that originated Iceland and all derived from the action of the internal fires: and to imagine that the central mass was not in a stable state of incandescent fluidity was madness. Ez volt az a jelenség, amely Izlandtól eredt és mind a belső tűz hatására következett be: őrültség volt elképzelni, hogy a központi tömeg nincs stabil izzó folyékonyságban. E soprattutto era pazzia la pretesa di poter arrivare al centro della Terra! És mindenekelőtt az az állítás, hogy elérhetjük a Föld közepét, őrület volt! Così facendo mi rassicuravo circa l’esito del nostro viaggio, mentre andavo all’assalto dello Sneffels. Il cammino diveniva sempre più arduo, e l’ascesa sempre più faticosa; pezzi di roccia franavano e bisognava osservare le più scrupolose precauzioni per evitare cadute pericolose. Az ösvény egyre nehezebb lett, az emelkedő pedig egyre nehezebb; kődarabok összeomlottak, és a veszélyes zuhanások elkerülése érdekében a leggondosabb óvintézkedéseket kellett betartani. Hans andava avanti con tranquillità come se si fosse trovato su di un terreno piano; talvolta spariva per qualche istante alla vista dietro le grandi rocce, ma un fischio acuto che faceva con la bocca ci indicava la direzione da seguire. Molte volte si fermava, raccoglieva delle pietre che poi disponeva in modo che potessero essere dei riferimenti per la via del ritorno. Sokszor megállt, köveket gyűjtött, amelyeket aztán elrendezett, hogy referenciák legyenek a visszaútra. Attenzione in sé per sé buona, ma che tuttavia gli avvenimenti che seguirono resero inutile. Tre faticose ore di marcia ci avevano portato soltanto alla base della montagna. Három fárasztó óra járás csak a hegy tövébe vezetett minket. Là Hans ci fece segno di fermarci e consumammo tra di noi una frugale colazione. Lo zio mandava giù delle porzioni doppie per far prima. A bácsi dupla adagot nyelt, hogy hamarabb legyen. Ma poiché questa fermata per mangiare era anche sosta di riposo, dovette attendere il benestare della guida, che un’ora dopo diede il via per la partenza. De mivel ez az étkezési pihenő egyben pihenő is volt, meg kellett várnia az idegenvezető jóváhagyását, aki egy órával később megadta az indulási lehetőséget. I tre islandesi parlavano poco come il loro compagno cacciatore: non dissero parola e mangiarono con moderazione. Cominciavamo ora a scalare i fianchi dello Sneffels. La sua vetta piena di neve, a causa di un’illusione ottica frequente in montagna, mi sembrava molto vicina, invece quante lunghe ore prima di raggiungerla! E quanta fatica! Le pietre, non tenute da alcuna consistenza del terreno o di piante, franavano sotto ai nostri piedi e andavano a finire giù al piano veloci come valanghe. In certi punti i fianchi della montagna formavano con l’orizzonte un angolo di almeno 36°; non era possibile salire per quel versante, cosicché bisognava aggirare con molta difficoltà, quei pendii sassosi. Allora ci aiutavamo l’un con l’altro con i nostri bastoni. Devo ammettere che mio zio si teneva il più possibile vicino a me: non mi abbandonava un attimo con gli occhi e più d’una volta mi offrì un valido appoggio con il suo braccio. Be kell vallanom, hogy a nagybátyám a lehető legközelebb tartotta magát hozzám: egy pillanatra sem hagyott el a szemével, és nem egyszer felajánlotta a karjával az érvényes támogatást. Lui aveva senza alcun dubbio in sé il senso dell’equilibrio e non barcollava mai. Gli islandesi, nonostante fossero carichi, salivano molto agilmente da esperti montanari. Guardando l’altezza della cima dello Sneffels, mi sembrava che fosse impossibile raggiungerla da quel versante, se l’angolo di inclinazione dei fianchi non fosse diventato meno ripido. A Sneffels csúcsának magasságát nézve számomra úgy tűnt, hogy lehetetlen elérni azt az oldalt, ha az oldalak dőlésszöge nem lett annyira meredek. Fortunatamente dopo un’ora di fatiche, al centro della vasta distesa nevosa che si stendeva lungo le pendici del vulcano, improvvisamente ci si presentò come una scalinata che facilitò di molto la nostra salita. Era formata da uno di quei torrenti di pietre espulsi dalle eruzioni, chiamati in islandese stina. Se quel torrente non fosse stato fermato nella sua discesa dalla forma dei fianchi della montagna, sarebbe andato a finire in mare e vi avrebbe creato nuove isole. Così com’era ci fu molto utile. La ripidezza della salita aumentava, tuttavia i gradini di pietra ci concedevano di salire con facilità e rapidamente tanto che, essendomi attardato un momento indietro mentre i miei compagni continuavano la salita, li vidi diventare da lontano di proporzioni infinitesimali. The steepness of the climb increased, however the stone steps allowed us to climb with ease and quickly so that, having lingered a moment behind while my companions continued the climb, I saw them become infinitesimal proportions from afar. Az emelkedő meredeksége nőtt, azonban a kőlépcsők lehetővé tették számunkra, hogy könnyedén és gyorsan felmásszunk, így miután egy pillanatra lemaradtam, miközben társaim folytatták az emelkedést, láttam, hogy messziről végtelenül kis méretűvé válnak. Alle sette di sera avevamo superato i duemila gradini della scalinata e dominavamo un falsopiano della montagna, una specie di basamento sul quale si poggiava il cono del cratere. Este hétre elhaladtunk a lépcső kétezer lépcsőjénél, és domináltunk a hegy enyhe lejtőjén, egyfajta alapon, amelyen a kráter kúpja pihent. Il mare si distendeva a più di tremiladuecento piedi sotto di noi. A tenger több mint háromezer-kétszáz lábnyira húzódott alattunk. Avevamo superato il limite delle nevi perenni, che in Islanda non sono molto in alto a causa dell’umidità costante del clima. Túlléptük az évelő hóhatárot, amely Izlandon az éghajlat állandó páratartalma miatt nem túl magas. Faceva molto freddo e il vento soffiava con forza. Nagyon hideg volt, és erősen fújt a szél. Ero al limite delle mie forze. Erőm határán voltam. Il professore si accorse che le mie gambe non funzionavano e malgrado la voglia di arrivare decise di fermarsi. A professzor észrevette, hogy a lábaim nem működnek, és az érkezési vágy ellenére úgy döntött, hogy megáll. Così fece segno al cacciatore il quale scosse il capo dicendo: Ofvanfor. Így jelezte a vadásznak, aki megrázta a fejét, mondván: Ofvanfor. Sembra che si debba salire ancora, disse mio zio. Úgy tűnik, még fel kell mennünk - mondta a nagybátyám. Quindi chiese a Hans il perché della sua risposta. Aztán megkérdezte Hansot, miért válaszolt. Mistour, rispose la guida. Mistour - válaszolta a kalauz. Ja, mistour, ripeté uno degli islandesi con spavento. Ja, rossz közérzet - ismételte az egyik izlandi félve. Che cosa vuole dire questa parola? domandai preoccupato. Guarda, disse lo zio. Indirizzai lo sguardo verso la pianura. A síkságra fordítottam a tekintetemet. Un’immensa nuvola di polvere di pietra pomice, di sabbia e di polvere si alzava roteando come una tromba: il vento la portava contro il fianco dello Sneffels, al quale, noi ci tenevamo aggrappati; quella nube opaca stesa davanti al sole, formava un’immensa ombra sulla montagna. Se la tromba si fosse piegata, ci avrebbe inevitabilmente avvinghiato nelle sue spire. Ha a trombita meghajlik, az óhatatlanul belegabalyodik a tekercsekbe. Quel fenomeno, che accade molto spesso quando soffia il vento dei ghiacciai, ha in islandese il nome di mistour. Hastigt! Hastigt! gridò la nostra guida. Pur non comprendendo il danese, intuii che dovevamo seguire Hans, e subito. Egli cominciò a girare attorno al cono del cratere, ma di traverso, tanto da rendere più agevole la via. Poco dopo la tromba s’abbattè contro la montagna, che tremò sotto la spinta: le pietre avvolte nei vortici del vento girarono in una pioggia di schegge come durante un’eruzione. Shortly afterwards the trumpet struck the mountain, which shook under the thrust: the stones wrapped in the whirlwinds of the wind turned in a shower of splinters as during an eruption. Noi eravamo per fortuna sul lato opposto e al riparo da ogni pericolo; tuttavia senza la vigile attenzione della guida i nostri corpi strappati e resi polvere sarebbero andati a finire assai lontano, come il prodotto di qualche meteora ignota. Ma Hans non ritenne opportuno trascorrere la notte sui fianchi del monte, e voleva arrivare in vetta, per raggiungere la quale impiegammo quasi cinque ore; i giri, le ascensioni in diagonale e i ritorni indietro avevano allungato il cammino di almeno tre leghe. De Hans nem látta megfelelőnek az éjszakát a hegy oldalán tölteni, és el akart érni a csúcsra, amelyre majdnem öt órába kerültünk; a kanyarok, az átlós emelkedők és a visszamenőleg legalább három ligával meghosszabbították az utat. Non ce la facevo più; ero sfinito dal freddo e dalla fame, e l’aria un pochino più rarefatta non era più sufficiente per i miei polmoni. Már nem tudtam megtenni; Kimerültem a hidegtől és az éhségtől, és a vékonyabb levegő már nem volt elég a tüdőmnek. Alla fine, verso le undici di sera, nel buio completo, arrivammo sulla vetta dello Sneffels, e prima di andare a ripararmi all’interno del cratere, feci in tempo a vedere il sole di mezzanotte, nella fase più bassa del suo cammino, lanciare i suoi pallidi raggi sull’isola silenziosa ai miei piedi. Végül este tizenegy körül, teljes sötétségben megérkeztünk Sneffels csúcsára, és mielőtt a kráter belsejében menedéket kapnék, volt időm látni, hogy elinduljon az éjféli nap, útja legalsó szakaszában. sápadt sugarai a néma szigeten a lábam előtt. Capitolo 16. La cena fu consumata velocemente e la compagnia si mise a posto alla meglio. A vacsorát gyorsan megették, és a társaság a lehető legjobban letelepedett. Il letto era duro, il riparo poco sicuro, la nostra situazione molto difficile, a cinquemila piedi sopra il livello del mare. Az ágy kemény volt, a menedékhely nem biztonságos, a helyzetünk nagyon nehéz, ötezer méterrel a tengerszint felett. Ma il mio sonno fu calmo nel corso della notte, una delle migliori che avessi passato da lungo tempo. De az alvásom egész éjszaka nyugodt volt, az egyik legjobb, amit régóta kapok. Neanche sognai. Nem is álmodtam. Il giorno dopo ci destammo quasi infreddoliti per l’aria pungente ai raggi di un bel sole; abbandonai il mio letto di granito e andai a vedere lo stupendo panorama che si presentava ai miei occhi. Másnap szinte hidegen ébredtünk a csípős levegőtől a gyönyörű napsugarakban; Otthagytam a gránit ágyamat, és elmentem megnézni a csodálatos panorámát, amely a szemem elé tárult. Stavo sulla vetta di uno dei due picchi dello Sneffels quello Sud. Da lì la mia vista si stendeva sulla maggior parte dell’isola. Per un gioco ottico, normale a grandi altezza, le rive sembravano in rilievo, mentre le parti al centro parevano inghiottite. Come se una carta in rilievo di Helbesmer, il cartografo e geografo tedesco del XIX secolo, fosse stesa sotto i miei piedi. Vedevo le profonde valli intercalarsi in tutte le direzioni; i precipizi scavati come pozzi, i laghi tramutarsi in stagni, i fiumi diventare torrenti. Sulla mia destra era un susseguirsi di moltissimi ghiacciai e di numerose vette, alcune delle quali erano un poco avvolte di fumo. Le continue ondulazioni senza fine di queste montagne, che i loro tappeti di neve sembravano rendere ricche di schiuma, mi facevano tornare alla mente la superficie d’un mare in tempesta. Se guardavo verso Ovest, l’oceano si stendeva maestosamente, quasi fosse una continuazione di quelle vette biancheggianti; il mio occhio non riusciva quasi a distinguere dove finiva la terra e dove cominciavano le onde. Mi tuffai così in quello spettacolo affascinante che offrono le alte cime, e questa volta senza vertigine, perché mi abituavo, alla fine, a queste estasianti contemplazioni. Így belemerültem abba a lenyűgöző látványba, amelyet a magas csúcsok nyújtottak, és ezúttal szédülés nélkül, mert a végén megszoktam ezeket a magával ragadó elmélkedéseket. Il mio sguardo abbacinato s’immergeva nel trasparente riflesso dei raggi solari; dimenticavo chi ero, dov’ero, per vivere la vita degli elfi o dei silfi, immaginarie creature della mitologia scandinava. Mi ubriacavo del piacere delle altezze senza pensare agli abissi nei quali il mio destino doveva gettarmi entro breve tempo. Tuttavia venni riportato alla realtà dall’arrivo del professore e di Hans, che mi raggiunsero sulla vetta. Vedo un vapore, una nebbia, un fantasma di terra che s’innalzava all’estremo limite delle onde, riferii al professore. La Groenlandia, disse. La Groenlandia? Sì, è distante meno di trentacinque leghe, e durante il disgelo, gli orsi bianchi giungono fino in Islanda attraverso i ghiacci del Nord. Tuttavia questo non interessa. Siamo sulla vetta dello Sneffels ed ecco due picchi l’uno a Sud, l’altro a Nord. Hans ci dirà con quale nome gli islandesi chiamano quello sul quale siamo. Interrogato, il cacciatore rispose: Scartaris. Lo zio mi lanciò uno sguardo di trionfo. A bácsi diadalmas pillantást vetett rám. Al cratere! disse. Il cratere dello Sneffels era a forma di cono rovesciato la cui bocca poteva avere mezza lega di diametro. Ritenevo che la sua profondità fosse sui duemila piedi. Si immagini lo stato di un simile cratere quando si riempiva di tuoni e di fiamme. La base dell’imbuto non doveva misurare più di cinquecento piedi di circonferenza, tanto che vi si poteva giungere facilmente attraverso un dolcissimo pendio. The base of the funnel was not to measure more than five hundred feet in circumference, so that it could be reached easily through a very gentle slope. Pur non volendolo, paragonavo quel cratere a un grandissimo trombone, e il paragone m’impauriva. Annak ellenére, hogy nem akartam, összehasonlítottam ezt a krátert egy nagyon nagy harsonával, és az összehasonlítás megijesztett. Scendere in un trombone, pensavo, che forse può essere carico e può sparare al più piccolo urto, è una cosa da pazzi. Arra gondoltam, hogy harsonába szállok, hogy talán be lehet tölteni, és a legkisebb ütésnél is képes lőni. Tuttavia non mi era possibile tornare indietro; Hans, con aria indifferente, riprese il comando della compagnia e io lo seguii senza parlare. Visszafordulás azonban nem történt; Hans közömbösen folytatta a társaság vezetését, én pedig szó nélkül követtem. Per facilitare la discesa, Hans delineava nell’interno del cono alcune ellissi molto allungate. Az ereszkedés megkönnyítése érdekében Hans néhány nagyon hosszúkás ellipszist vázolt fel a kúp belsejében. Si doveva avanzare in mezzo a rocce eruttive, delle quali alcune smosse dal loro posto andavano a cadere rimbalzando sino al fondo dell’abisso. Előre kellett törni a feltörő sziklák között, amelyek közül néhány helyükről elmozdulva leesett és a mélység aljára pattant. La loro caduta creava echi dal suono strano. Bukásuk furcsa hangú visszhangokat váltott ki. Alcune sezioni di cono formavano ghiacciai interni. In questi casi Hans avanzava con molta attenzione, saggiando il terreno con il bastone ferrato per trovare i crepacci; in certi punti pericolosi dovemmo legarci con una lunga corda cosicché, se a qualcuno fosse venuto a mancare un piede improvvisamente, si trovasse sorretto dai compagni. Ezekben az esetekben Hans nagyon óvatosan haladt előre, és a vasvesszővel tesztelte a talajt a rések megtalálásához; bizonyos veszélyes pontokon meg kellett kötnünk magunkat egy hosszú kötéllel, hogy ha valaki hirtelen elveszíti a lábát, akkor társai támaszt találjanak. Questo della cordata era un buon accorgimento, tuttavia non escludeva il pericolo. A konzorcium jó intézkedése volt, de nem zárta ki a veszélyt. Ma, nonostante le difficoltà della discesa in alcuni punti scoscesi di cui la guida non era a conoscenza, il cammino venne compiuto senza incidenti, a parte la caduta di un rotolo di corde che sfuggì dalle mani di un islandese e andò a finire sul fondo dell’abisso per la via più breve. But, despite the difficulties of descending in some steep spots that the guide was not aware of, the journey was made without incident, apart from the fall of a coil of ropes that escaped from the hands of an Icelandic and ended up on the bottom of the abyss by the shortest way. A mezzogiorno eravamo arrivati. Alzai la testa e vidi l’entrata superiore del cono che incorniciava un pezzo di cielo dalla forma quasi perfetta di un cerchio, anche se di dimensioni singolarmente ridotte. In un punto soltanto si stagliava la vetta dello Scartaris per immergersi nell’infinito. A Scartaris csúcsa csak egy ponton tűnt ki a végtelenségbe. In fondo al cratere s’aprivano tre bocche attraverso le quali, nelle eruzioni dello Sneffels, il focolare centrale emetteva le lave e i vapori. A kráter alján három nyílás volt, amelyeken keresztül a Sneffels kitörésekor a központi kandalló a lávákat és gőzöket bocsátotta ki. Tutte queste bocche avevano circa cento piedi di diametro. Erano là, aperte sotto di noi. Io non ebbi la forza di guardarvi dentro. Il professor Lidenbrock, invece, aveva fatto un rapido esame della loro disposizione; correva con affanno dall’una all’altra gesticolando e pronunciando parole incomprensibili. Hans e compagni, seduti su alcuni blocchi di lava, lo guardavano credendolo evidentemente pazzo. Improvvisamente lo zio lanciò un grido; credetti che avesse messo un piede in fallo e fosse precipitato in uno dei tre abissi. Ma no. Lo vidi con le braccia stese, le gambe aperte, in piedi davanti a una roccia granitica messa al centro del cratere come un gran piedistallo fatto per la statua di Plutone. Era nella posizione dell’individuo meravigliato, ma il suo sbigottimento lasciò il posto ben presto a una gioia irrefrenabile. A meghökkent egyén helyzetében volt, ám ámulata hamar helyrehozhatatlan örömnek adott helyet. Axel! Axel! gridò. Vieni! Vieni! Accorsi. Rohantam. Né Hans né gli islandesi si mossero. Sem Hans, sem az izlandiak nem mozdultak. Guarda! mi disse il professore. E dividendo la sua meraviglia se non la sua gioia, lessi sul lato occidentale del macigno, in caratteri runici, quasi corrosi dal tempo, questo nome mille volte maledetto. And sharing his wonder if not his joy, I read on the western side of the boulder, in runic characters, almost corroded by time, this name a thousand times cursed. Y compartiendo su asombro, si no su alegría, leí en la cara occidental del peñasco, en caracteres rúnicos, casi corroídos por el tiempo, este nombre mil veces maldito. És megosztva csodálkozását, ha nem örömét, a szikla nyugati oldalán, rovásírásban olvastam, szinte korrodálva az idővel, ez a név ezerszer átkozódott. Arne Saknussemm! esclamò mio zio. Hai ancora dubbi, adesso? Non risposi e ritornai abbattuto al mio sedile di lava. Nem válaszoltam és csüggedten tértem vissza a lávahelyemre. L’evidenza mi schiacciava. A bizonyítékok összetörtek. Per quanto tempo sia rimasto immerso nelle mie riflessioni, non so dire; so che, alzando la testa, vidi mio zio e Hans soli in fondo al cratere. Gli islandesi erano stati congedati e ora ridiscendevano i fianchi esterni dello Sneffels per ritornare a Stapi. Az izlandiakat elengedték, és most lefelé ereszkedtek a Sneffelek külső szárnyain, hogy visszatérjenek Stapiba. Hans dormiva tranquillamente ai piedi di una roccia in una colata di lava nella quale aveva creato un letto. Mio zio si muoveva in fondo al cratere come una bestia feroce nella trappola di un cacciatore. Nagybátyám úgy mozgott a kráter alján, mint egy vadállat vadászcsapdában. Non trovai né la voglia né la forza d’alzarmi, e seguendo l’esempio della guida mi lasciai andare a un doloroso sopore con la sensazione di udire dei rumori e di sentire dei sussulti nei fianchi della montagna. Nem találtam sem a vágyat, sem az erőt, hogy felkeljek, és az útmutató példáját követve fájdalmas álmosságot engedtem magamnak azzal, hogy hallottam a zajokat és lökéseket hallottam a hegy oldalán. Così trascorse la prima notte in fondo al cratere. Il giorno dopo una cappa grigia, nuvolosa, incombente, s’abbassò sulla punta del cono. Me ne resi conto non tanto per l’oscurità del baratro quanto per la collera dello zio. Ne capii il motivo e un’ultima speranza mi aprì il cuore. Ecco perché. Delle tre strade aperte ai nostri piedi, una sola era stata seguita da Saknussemm. E secondo quanto diceva lo scienziato islandese doveva essere riconosciuta da un fatto indicato dal crittogramma, e cioè che l’ombra dello Seartaris veniva a toccarne gli orli gli ultimi giorni del mese di giugno. And according to what the Icelandic scientist said, it had to be recognized by a fact indicated by the cryptogram, namely that the shadow of the Seartaris came to touch its edges in the last days of June. Difatti quel picco aguzzo poteva essere considerato come l’ago di una gigantesca meridiana, l’ombra del quale, a un giorno determinato, veniva a indicare la strada per il centro della Terra. Quindi se il Sole fosse stato assente, sarebbe mancata l’ombra, e perciò l’indicazione. Eravamo al 25 giugno; se il cielo fosse rimasto coperto per sei giorni, si sarebbe dovuto rimandare a un altro anno l’osservazione. Rinuncio a descrivere la collera impotente del professor Lidenbrock. La giornata trascorse e nessuna ombra venne a disegnarsi sul fondo del cratere. Hans non si mosse dal suo posto, eppure doveva domandarsi che cosa attendessimo, concesso che si domandasse qualche cosa! Hans did not move from his seat, and yet he had to ask himself what we were waiting for, if he were to ask anything! Lo zio non mi rivolse mai la parola; i suoi sguardi, quasi sempre rivolti verso il cielo, si perdevano di fronte a quella cappa grigia e nebbiosa. Il 26 ancora nulla; una pioggia mista a neve cadde per tutto il giorno, Hans costruì una capanna con pezzi di lava, e io mi divertii a seguire con lo sguardo le migliaia di cascatelle improvvisate sui fianchi del cono e di cui ogni pietra aumentava l’assordante mormorio. On the 26th still nothing; a rain mixed with snow fell all day, Hans built a hut with pieces of lava, and I enjoyed watching the thousands of makeshift waterfalls on the sides of the cone and each stone increased the deafening murmur. Mio zio non sapeva più trattenersi; c’era infatti di che irritare anche l’uomo più paziente perché era proprio come arenarsi in un porto. Ma il cielo unisce ai grandi dolori le grandi gioie; e riservava al professor Lidenbrock una soddisfazione pari alle sue esasperanti noie. Il giorno successivo il cielo rimase ancora coperto; ma la domenica, 28 giugno, il terzultimo giorno del mese, con il cambiamento della Luna cambiò anche il tempo. Il Sole inondò con i suoi raggi il cratere. Ogni montagnola, ogni masso, ogni pietra, ogni rilievo ebbero la loro parte di emanazione di luce e allungarono immediatamente la loro ombra sul terreno. Tra tutte, quella dello Scartaris si stagliò come una freccia aguzza e prese impercettibilmente a girare con la stella luminosa. Lo zio si muoveva con lei. A mezzogiorno, quando era più breve, venne dolcemente a toccare l’orlo della bocca centrale. E là! esclamò il professore. E là! Al centro della Terra! aggiunse in danese. Forut! disse tranquillamente la guida. Avanti, rispose mio zio. Erano l’una e tredici minuti del pomeriggio. Capitolo 17. Iniziava il vero viaggio. Sino ad allora le fatiche avevano superato le difficoltà; ora queste dovevano nascere sotto i nostri passi. Non avevo ancora guardato dentro quel pozzo senza fondo in cui stavo per calarmi. Era giunto il momento; potevo ancora o partecipare all’impresa o rifiutarmi di tentarla. Ma mi vergognai di indietreggiare davanti al cacciatore. Hans affrontava così tranquillamente l’avventura, con tanta indifferenza e con così grande noncuranza d’ogni pericolo, che arrossii al pensiero di sembrare meno coraggioso di lui. Se fossi stato solo, avrei certamente fatto valere le mie più valide ragioni; ma davanti alla guida tacqui; andai indietro con la mente alla mia bella virlandese e mi avvicinai alla bocca centrale. Ho detto che doveva avere cento piedi di diametro ovvero trecento piedi di circonferenza. Mi chinai da una roccia a strapiombo e guardai dentro. Mi si rizzarono i capelli. Mi prese il senso del vuoto; sentii che il mio centro di gravità si spostava e la vertigine mi salì al capo come un’ebbrezza. Niente di più tremendo di questa attrazione dell’abisso; stavo per cadere, ma una mano mi trattenne: quella di Hans. Effettivamente non avevo preso sufficienti lezioni d’abisso alla Vor-Frelsers-Kirk di Copenaghen. Tuttavia, per poco che avessi osato guardare dentro quel pozzo, era stato sufficiente a permettere di rendermi conto della sua struttura. However, as little as I dared to look into that well, it was enough to allow me to realize its structure. Bármennyire is mertem belenézni ebbe a kútba, ez elég volt ahhoz, hogy megvalósíthassam a szerkezetét. Le pareti tagliate a picco avevano molte prominenze che dovevano facilitare la discesa; ma anche se la scalinata non mancava, era assente la ringhiera. Una corda legata alla bocca superiore sarebbe stata sufficiente per tenerci; ma come toglierla quando si fosse giunti all’estremità inferiore? A rope tied to the upper mouth would have been enough to hold us; but how to remove it when you have reached the lower end? A felső szájra kötött kötél elegendő lett volna, hogy megtartson minket; de hogyan lehet eltávolítani, amikor eléri az alsó véget? Mio zio usò un metodo molto semplice per superare questa difficoltà. Svolse una corda grossa come il pollice e lunga quattrocento piedi, ne lasciò scorrere la metà, la legò intorno a un masso sporgente di lava e lanciò nella bocca anche l’altra metà. He unwound a rope as thick as his thumb and four hundred feet long, let half of it slide, tied it around a protruding boulder of lava, and threw the other half into his mouth as well. Letekerte egy hüvelykujjnyi vastag és négyszáz méter hosszú kötelet, hagyta, hogy a fele megcsúszjon, egy kiálló lávakő köré kötözte, és a másik felét is a szájába dobta. Ora ognuno di noi poteva scendere, tenendo in mano le due metà della corda; una volta scesi per duecento piedi sarebbe stato assai facile recuperarla, abbandonando un capo e tirando l’altro. Most mindannyian leereszkedhettünk, a kötél két felét fogva; ha kétszáz métert lementem, nagyon könnyű lett volna visszaszerezni, elhagyva az egyik végét, a másikat pedig meghúzva. Quindi si sarebbe continuato questo sistema ad infinitum. E ora, disse mio zio dopo aver eseguito questi preparativi, occupiamoci dei bagagli. És most azt mondta a nagybátyám, miután elvégezte ezeket az előkészületeket, vigyázzunk a poggyászra. Li divideremo in tre involti e ognuno di noi se ne legherà uno alla schiena; intendo dire solo gli oggetti fragili. We will divide them into three bundles and each of us will tie one to the back; I mean only fragile items. Három kötegre osztjuk őket, és mindegyikünk egyet köt a hátához; Csak törékeny tárgyakat értek. L’ardito professore evidentemente non riteneva che noi facessimo parte di quest’ultima categoria. A merész professzor nyilván nem gondolta, hogy ebbe az utóbbi kategóriába tartozunk. Hans, continuò, prenderà gli utensili e una parte dei viveri; tu, Axel, un’altra parte dei viveri e le armi; io, la rimanenza dei viveri e gli strumenti delicati. Hans - folytatta - elveszi az edényeket és az ellátás egy részét; te, Axel, az élelem és a fegyverek másik része; én, a többi étel és a finom eszközök. Ma, feci io, e gli abiti, e questo mucchio di corde e di scale, chi li porterà giù? But, I did, and the clothes, and this pile of ropes and ladders, who will bring them down? De, én tettem, meg a ruhákat, és ezt a kötél- és létrakupacot, ki viszi le őket? Scenderanno da soli. They will go down by themselves. Maguktól fognak lemenni. E come? Così. Lo zio usava volentieri e senza esitazione i grandi mezzi. The uncle used the great means willingly and without hesitation. A nagybácsi készségesen és habozás nélkül használta a nagyszerű eszközöket. A un suo gesto, Hans mise insieme in un solo fagotto gli oggetti non fragili, legò strettamente questo involto e lo lanciò, come la cosa più naturale, nell’abisso. At his gesture, Hans put the non-fragile objects together in a single bundle, tied this bundle tightly and threw it, as the most natural thing, into the abyss. Az egyik gesztusára Hans egyetlen csomagba rakta össze a nem törékeny tárgyakat, szorosan megkötötte ezt a köteget, és a legtermészetesebb dologként a mélységbe dobta. Sentii il sonoro muggito, causato dallo spostamento degli strati d’aria; mio zio, curvo sul baratro, osservava con occhio soddisfatto la discesa dei suoi bagagli e si alzò solo dopo averli perduti di vista. Bene, disse. E ora, a noi. Chiedo a qualsiasi persona con un poco di sale in zucca se sarebbe stato possibile ascoltare parole del genere senza tremare di paura! I ask any person with a little salt in their noses if it would have been possible to hear such words without trembling with fear! Il professore si legò sulla schiena il pacco degli strumenti; Hans, quello degli utensili; io, quello delle armi. La discesa iniziò con quest’ordine: Hans, mio zio e io. Venne eseguita in un silenzio di tomba rotto solo dalla caduta dei frammenti di roccia che finivano nell’abisso. It was performed in a grave silence broken only by the fall of the rock fragments that ended in the abyss. Mi lasciai scivolare, diciamo così, tenendo con forza con una mano la doppia corda e attaccandomi forte con l’altra per mezzo del bastone ferrato. I let myself slip, so to speak, holding the double rope firmly in one hand and attaching myself firmly with the other by means of the iron cane. Non avevo altro che un pensiero: la paura che cedesse il punto d’appoggio. La corda mi sembrava molto debole per sostenere il peso di tre persone, e la usavo il meno possibile compiendo miracoli di equilibrio, sopra le sporgenze di lava che il mio piede cercava di prendere come una mano. Quando uno di quei gradini scivolosi cedeva sotto i piedi di Hans, questi diceva con la sua voce calma: Gif akt! Attenzione! ripeteva mio zio. Dopo una mezz’ora eravamo arrivati su una roccia fortemente incassata nella parete della gola. After half an hour we had arrived on a rock strongly embedded in the wall of the gorge. Hans tirò la corda per uno dei capi; l’altro salì nell’aria e dopo aver superato la roccia in alto, ricadde tirandosi dietro pezzi di pietra e di lava, una specie di pioggia, o per meglio dire, di grandine assai pericolosa. Hans pulled the rope for one of the ends; the other climbed into the air and after passing the rock at the top, he fell back, pulling pieces of stone and lava behind him, a kind of rain, or rather, of hail very dangerous. Guardando all’esterno della nostra stretta terrazza, osservai che il fondo dell’abisso non era ancora visibile. Riprese la manovra della corda, e una mezz’ora più tardi eravamo scesi di altri duecento piedi. Non so se il più arrabbiato geologo avrebbe cercato di studiare, durante la discesa, il periodo geologico dei terreni che lo circondavano; per quanta mi riguarda non me ne preoccupai minimamente: che fossero pliocenici, miocenici, eocenici, cretacei, giurassici, triassici o archeanici, la cosa mi era del tutto indifferente. Tuttavia il professore fece le sue osservazioni perché, durante una delle soste, mi disse: Più proseguo e più aumenta la mia fiducia. However, the professor made his observations because, during one of the stops, he said to me: The more I go on, the more my confidence increases. La disposizione di questi terreni vulcanici dà decisamente ragione alla teoria di Davy; siamo in un terreno assolutamente primordiale, terreno in cui avvenne l’operazione chimica dei metalli infiammati al contatto dell’aria e dell’acqua. Rifiuto del tutto l’ipotesi del calore centrale; d’altra parte ce ne accorgeremo da soli. I completely reject the central heat hypothesis; on the other hand we will realize it for ourselves. Sempre la stessa conclusione; è facile comprendere che non mi divertivo a parlare. Il mio silenzio venne scambiato per un’approvazione e la discesa proseguì. Tre ore dopo non vedevo ancora il fondo della gola; alzando il capo vedevo la sua bocca diventare sempre più piccola. Le pareti, per la loro lieve pendenza, tendevano ad avvicinarsi; l’oscurità si faceva sempre più fitta. A falak enyhe lejtésük miatt hajlamosak voltak megközelíteni; a sötétség egyre sűrűbb lett. Nonostante tutto continuavamo a scendere; mi pareva, però, che le pietre che si staccavano dalle pareti scendessero con un rumore più sordo e che dovessero incontrare assai presto il fondo dell’abisso. Dato che avevo avuto cura di tenere un conto esatto delle manovre della corda, mi feci un' idea esatta della profondità cui eravamo giunti e del tempo passato. Since I had been careful to keep an exact account of the maneuvers of the rope, I had an exact idea of the depth we had reached and of the time passed. Fino a quel momento avevamo ripetuto quattordici volte la manovra che durava una mezz’ora; c’erano dunque sette ore, più quattordici quarti d’ora di riposo, cioè tre ore e mezzo; in tutto, dieci ore e mezzo. Eravamo partiti all’una, dovevano dunque essere le undici. Quanto alla profondità cui eravamo scesi, le quattordici lunghezze di una corda di duecento piedi, davano duemila e ottocento piedi. A un certo momento sentimmo la voce di Hans: Alt! disse. Mi fermai proprio mentre stavo per toccare con i piedi la testa dello zio. Siamo giunti, disse questi. Dove? chiesi scivolando vicino a lui. In fondo al pozzo perpendicolare. Non c’è un’altra uscita? Sì, una specie di corridoio che vedo di sfuggita e che porta verso destra obliquamente. Domani vedremo. Per il momento ceniamo; quindi dormiremo. La notte non era ancora scesa completamente. Si aprì il sacco delle provviste, si mangiò, poi ognuno si adagiò alla meglio su un letto di pietre e di frammenti di lava. E quando, sdraiato supino, aprii gli occhi, vidi un punto risplendere alla fine di quel lungo tubo di quasi tremila piedi, mutato in un grandissimo cannocchiale. Era una stella mancante di qualsiasi brillantezza, e, secondo i miei calcoli, doveva essere Beta dell’Orsa Minore. Quindi mi prese un sonno profondo.