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Pensieri & Parole, 64. La nascita di una parola

64. La nascita di una parola

Dal 2008 al 2018 sono entrate nel vocabolario Treccani 3505 parole nuove. Sono arrivate nelle pagine del vocabolario seguendo strade differenti. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che una lingua è un essere vivo e non rimane uguale nel tempo. Abbiamo già parlato della storia della lingua italiana e di come si sia evoluta nei secoli. Abbiamo anche parlato delle parole latine che sono arrivate fino a noi, che hanno superato la prova del tempo e sono entrate nell'italiano di tutti i giorni.

Oggi parliamo di parole nuove, parole create dai giornali, dalle persone, da autori famosi, da bambini. Parole che nascono quasi timidamente e diventano così popolari e ripetute da essere incluse nei dizionari.

Ma come nasce una parola? Quando nasce? Tutti possiamo creare nuove parole? Oggi rispondo a queste domande e osserviamo insieme alcune parole popolari degli ultimi anni.

Possiamo dire che tutte le parole, in origine, sono parole nuove. E molto spesso, sono parole antipatiche. Oggi alcuni di noi sentono la parola “selfie” e fanno una smorfia di disgusto. Molto spesso, quello che è nuovo è strano, bizzarro, inaccettabile, brutto.

Non pensare che questo succeda solo a noi, uomini e donne del 2020. Alcune parole che oggi sono normali per noi, cinquant'anni fa erano combattute e viste come parole brutte. Sto parlando, ad esempio, di parole come fantascienza, cantautore, telenovela. Oggi sono parole di tutti i giorni, ma non sono state benvenute quando sono arrivate nella lingua italiana.

Chi può inventare una parola nuova? Tutti noi. Tutti, quando ci sentiamo a nostro agio con la lingua, possiamo inventare una parola nuova. Ovviamente, la capacità di creare parole nuove cambia in base all'età, all'educazione, al gruppo culturale di appartenenza.

I bambini inventano parole per descrivere desideri oppure per nominare cose di cui non sanno il nome. Abbiamo già parlato della storia di “petaloso”, la parola inventata da un bambino delle elementari, Matteo.5 Matteo ha semplicemente creato una parola per esprimere un'idea che non poteva esprimere in un altro modo. Sapeva che in italiano il suffisso -oso significa “pieno di” e ha applicato questa regola a una parola nuova. La margherita è “petalosa”, cioè piena di petali. Il papavero, un po' meno.

I giovani adulti e gli adolescenti inventano spesso parole per distanziarsi dagli adulti, per creare un linguaggio esclusivo e allontanarsi dalla norma. Una parola esempio degli ultimi anni, che è anche diventata titolo di un film, è la parola “Scialla” che significa “tranquillo, stai calmo”. È collegata a un'altra parola che però si usa fra i giovani già da un po' d'anni: sciallato. Una persona sciallata è una persona rilassata. Non essendo una Zoomer, una persona nata negli anni Duemila, non conosco le parole che sono usate fra i giovani nel 2020. Penso, però, che probabilmente non le capirei!

Gli adulti inventano parole spesso in modo ironico, allusivo, scherzoso. Vogliono prendere in giro qualcuno, fare ironia. In altri casi, le parole inventate dagli adulti sono polemiche e critiche verso una persona o un sistema. La parola “poltronaro”, ad esempio, è creata in modo polemico e critico. Arriva dalla parola “poltrona” e indica le persone che sono arrivate a un livello di potere, di solito politico, e non vogliono perderlo. Infatti, in italiano, chiamiamo le sedie in parlamento “poltrone”, probabilmente perché sono comode! Questa parola “poltronaro” è stata usata nel passato e ancora oggi è usata da tutti i partiti politici italiani per indicare parlamentari e politici nei gruppi opposti e avversari.

Possiamo inventare parole in molti modi, aggiungendo un prefisso, una parolina prima di una parola oppure un suffisso, cioè un pezzo dopo la parola, come il caso di poltronaro. Possiamo anche unire due parole insieme, intere oppure a pezzi, pensiamo ad esempio alla mitica macchina bianca del Papa. Sai come la chiamiamo in Italia? Bhe, la papamobile! Hai sentito bene, c'è la batmobile e la papamobile. Puoi anche usare questa parola quando vuoi scherzare o fare una battuta: fate largo, arriva la papamobile!

Ci sono tantissimi modi per inventare una parola, ma quando questa entra nei vocabolari?

In passato c'erano commissioni di linguisti che compilavano, cioè scrivevano, i vocabolari. Oggi non è più completamente così. L'informatica ha un ruolo fondamentale. Ci sono strumenti, infatti, che permettono di calcolare quante volte una parola è usata nella vita di tutti i giorni, nei testi, nelle pubblicazioni, ma anche nelle conversazioni virtuali dei social network.

Una parola, per entrare nel dizionario, deve essere molto diffusa, popolare. Deve esserlo per un tempo abbastanza lungo e, se possibile, deve essere presente in contesti diversi. In questo modo, non sopravvivono alla prova del tempo parole che sono popolari solo per pochi mesi o parole che sono comuni, ma solo in una zona d'Italia o in una città.

Una parola non è quindi bella o brutta, ma utile o no. Da cosa capiamo se una parola è utile? Dal fatto che la usiamo nella nostra comunicazione di tutti i giorni. L'ingresso di una parola nel vocabolario dipende, insomma, da noi. Siamo noi che scegliamo cosa passa e cosa no e lo facciamo con la lingua che parliamo tutti i giorni.

Ma adesso, voglio fare qualche altro esempio di parole nuove e comuni ai giorni nostri.

Una parola nuova può essere anche una parola che importiamo da un'altra lingua. Anche questa non è una cosa che succede solo adesso. Anche nel Seicento e nel Settecento entravano nell'italiano parole da altre lingue europee.

Sembra, però, che oggi grande spazio sia occupato dalle parole di origine inglese, soprattutto legate a un campo tecnologico o pubblicitario. Pensiamo ad esempio a selfie, marketing, banner, logo, pixel: tutte parole che usiamo in italiano, senza tradurle nella nostra lingua.

Ma facciamo di più. Sai che i verbi italiani terminano sempre in -are, -ere, -ire. Bene, va di moda trasformare verbi inglesi in verbi italiani. E, così, il verbo “to ban” inglese diventa “bannare”, il verbo “to post” inglese, diventa in italiano “postare”. Possiamo quindi taggare qualcuno su Facebook o bannarlo. Possiamo chattare con qualcuno, postare un selfie, linkare un articolo di giornale, zippare un file. E, se vogliamo cercare qualcosa su Google, cosa facciamo? Ma certo, googliamo! (Devo ammettere che la forma googlare, per me che sono una donna all'antica, suona ancora un po' troppo bizzarra, così dico semplicemente “cercare su Google”).

Questo tema delle parole inglesi è molto dibattuto. In particolare, in Italia si discute molto per parole inglesi che hanno un'alternativa italiana. Pensiamo, ad esempio, alla parola meeting che possiamo tradurre con “riunione” o “incontro”. Tu cosa ne pensi? Le parole nuove ti infastidiscono oppure le accetti senza problemi? E le parole che arrivano da altre lingue?

Dobbiamo dire, però, che molte parole italiane, soprattutto parole legate al cibo, sono entrate in dizionari di altre lingue. L' Oxford Dictionary ha inserito la parola “arancino” tra le parole nuove del 2019. Non sai cos'è l'arancino? È un cibo siciliano, una specie di polpetta ripiena di riso e altri ingredienti. Ricoperto di pangrattato e poi fritto, gustosissimo. Pensa che in Sicilia c'è un grande dibattito su questa parola, in alcune città usano la parola al maschile “arancino”, in altre al “femminile”, arancina. Il dizionario di Oxford ha deciso di includere la parola al maschile. Chissà cosa ne pensano i siciliani!

Abbiamo detto che le parole nuove nascono in un gruppo di riferimento, poi diventano popolari fino a raggiungere un gruppo più grande di persone.

Gli italiani sono un popolo di migranti, emigravano nel passato ed emigrano oggi, anche se in modo diverso. Bene, anche nelle comunità di italiani in altri paesi la lingua ha avuto la sua evoluzione propria, spesso mescolandosi con la lingua del paese di destinazione. Faccio un esempio.

Un giorno stavo parlando in italiano con un amico di San Francisco, Dennis. Parlando di piatti italiani, lui mi dice che conosce un piatto italiano che mangiava a San Francisco e che si chiama “cioppino”. In quel momento ci ho pensato e ho detto a Dennis che non conosco un piatto italiano di nome cioppino.

Però, in Italia abbiamo tantissimi piatti diversi, ogni piccolo paese o piccola città ha il suo piatto tradizionale. Ci sono in Italia centinaia di piatti diversi, di formaggi, di preparazioni tradizionali. Durante la nostra conversazione, ho pensato che il cioppino fosse un piatto di questo tipo. Un piatto forse del Sud che non conoscevo.

Così, ho fatto una ricerca su Google, ho googlato se voglio parlare da ragazza giovane, e ho scoperto una cosa fortissima! Il cioppino è una zuppa di pesce nata in California, proprio a San Francisco, nella comunità italo-americana.

Il piatto nacque nel 1800 tra una comunità di immigrati genovesi. Questi riprodussero a San Francisco un piatto della loro città che si chiamava “ciopin”. Il Cioppino di San Francisco, però, era diverso. Prima di tutto aveva ingredienti diversi, non i pesci del Mediterraneo. Poi, era un atto di condivisione. Quando un pescatore tornava dal lavoro a mani vuote, infatti, girava per le case degli altri pescatori con una pentola. Ogni pescatore metteva nella pentola quello che poteva offrire, e così era preparato il Cioppino. Una zuppa fatta da pezzi di pesce diverso che gli altri avevano donato.

Forse ha avuto successo negli anni anche perché la parola Cioppino è simile al suono della parola inglese “to chop” che significa proprio tagliare a pezzi.

Probabilmente ci sono altre storie così, dove l'italiano si è mescolato ad altre lingue e ha creato parole nuove. Se conosci parole così, puoi scrivermi un messaggio. Sarò felice di sentire e condividere queste parole.

Questo episodio ci insegna una cosa: la realtà non è una cosa statica, ma cambia in continuazione. E noi esseri umani abbiamo bisogno di nuove parole per descrivere il mondo intorno a noi che cambia.

Grazie per aver ascoltato fino a qui. Come sempre, trovi le trascrizioni di questi episodi, insieme a contenuti extra sul mio sito web. Un caro saluto, a presto.


64. La nascita di una parola 64. Die Geburt eines Wortes 64. The birth of a word 64. El nacimiento de una palabra 64. La naissance d'un mot 64. De geboorte van een woord 64. O nascimento de uma palavra 64. Рождение слова

Dal 2008 al 2018 sono entrate nel vocabolario Treccani 3505 parole nuove. Sono arrivate nelle pagine del vocabolario seguendo strade differenti. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che una lingua è un essere vivo e non rimane uguale nel tempo. Abbiamo già parlato della storia della lingua italiana e di come si sia evoluta nei secoli. Abbiamo anche parlato delle parole latine che sono arrivate fino a noi, che hanno superato la prova del tempo e sono entrate nell'italiano di tutti i giorni.

Oggi parliamo di parole nuove, parole create dai giornali, dalle persone, da autori famosi, da bambini. Parole che nascono quasi timidamente e diventano così popolari e ripetute da essere incluse nei dizionari.

Ma come nasce una parola? Quando nasce? Tutti possiamo creare nuove parole? Oggi rispondo a queste domande e osserviamo insieme alcune parole popolari degli ultimi anni.

Possiamo dire che tutte le parole, in origine, sono parole nuove. E molto spesso, sono parole antipatiche. Oggi alcuni di noi sentono la parola “selfie” e fanno una smorfia di disgusto. Molto spesso, quello che è nuovo è strano, bizzarro, inaccettabile, brutto.

Non pensare che questo succeda solo a noi, uomini e donne del 2020. Alcune parole che oggi sono normali per noi, cinquant'anni fa erano combattute e viste come parole brutte. Sto parlando, ad esempio, di parole come fantascienza, cantautore, telenovela. Oggi sono parole di tutti i giorni, ma non sono state benvenute quando sono arrivate nella lingua italiana.

Chi può inventare una parola nuova? Tutti noi. Tutti, quando ci sentiamo a nostro agio con la lingua, possiamo inventare una parola nuova. Ovviamente, la capacità di creare parole nuove cambia in base all'età, all'educazione, al gruppo culturale di appartenenza.

I bambini inventano parole per descrivere desideri oppure per nominare cose di cui non sanno il nome. Abbiamo già parlato della storia di “petaloso”, la parola inventata da un bambino delle elementari, Matteo.5 Matteo ha semplicemente creato una parola per esprimere un'idea che non poteva esprimere in un altro modo. Sapeva che in italiano il suffisso -oso significa “pieno di” e ha applicato questa regola a una parola nuova. La margherita è “petalosa”, cioè piena di petali. Il papavero, un po' meno.

I giovani adulti e gli adolescenti inventano spesso parole per distanziarsi dagli adulti, per creare un linguaggio esclusivo e allontanarsi dalla norma. Una parola esempio degli ultimi anni, che è anche diventata titolo di un film, è la parola “Scialla” che significa “tranquillo, stai calmo”. È collegata a un'altra parola che però si usa fra i giovani già da un po' d'anni: sciallato. Una persona sciallata è una persona rilassata. Non essendo una Zoomer, una persona nata negli anni Duemila, non conosco le parole che sono usate fra i giovani nel 2020. Penso, però, che probabilmente non le capirei!

Gli adulti inventano parole spesso in modo ironico, allusivo, scherzoso. Adults invent words often in ironic, allusive, joking ways. Vogliono prendere in giro qualcuno, fare ironia. In altri casi, le parole inventate dagli adulti sono polemiche e critiche verso una persona o un sistema. La parola “poltronaro”, ad esempio, è creata in modo polemico e critico. Arriva dalla parola “poltrona” e indica le persone che sono arrivate a un livello di potere, di solito politico, e non vogliono perderlo. Infatti, in italiano, chiamiamo le sedie in parlamento “poltrone”, probabilmente perché sono comode! Questa parola “poltronaro” è stata usata nel passato e ancora oggi è usata da tutti i partiti politici italiani per indicare parlamentari e politici nei gruppi opposti e avversari.

Possiamo inventare parole in molti modi, aggiungendo un prefisso, una parolina prima di una parola oppure un suffisso, cioè un pezzo dopo la parola, come il caso di poltronaro. Possiamo anche unire due parole insieme, intere oppure a pezzi, pensiamo ad esempio alla mitica macchina bianca del Papa. Sai come la chiamiamo in Italia? Bhe, la papamobile! Hai sentito bene, c'è la batmobile e la papamobile. Puoi anche usare questa parola quando vuoi scherzare o fare una battuta: fate largo, arriva la papamobile!

Ci sono tantissimi modi per inventare una parola, ma quando questa entra nei vocabolari?

In passato c'erano commissioni di linguisti che compilavano, cioè scrivevano, i vocabolari. Oggi non è più completamente così. L'informatica ha un ruolo fondamentale. Ci sono strumenti, infatti, che permettono di calcolare quante volte una parola è usata nella vita di tutti i giorni, nei testi, nelle pubblicazioni, ma anche nelle conversazioni virtuali dei social network.

Una parola, per entrare nel dizionario, deve essere molto diffusa, popolare. Deve esserlo per un tempo abbastanza lungo e, se possibile, deve essere presente in contesti diversi. In questo modo, non sopravvivono alla prova del tempo parole che sono popolari solo per pochi mesi o parole che sono comuni, ma solo in una zona d'Italia o in una città.

Una parola non è quindi bella o brutta, ma utile o no. Da cosa capiamo se una parola è utile? Dal fatto che la usiamo nella nostra comunicazione di tutti i giorni. L'ingresso di una parola nel vocabolario dipende, insomma, da noi. Siamo noi che scegliamo cosa passa e cosa no e lo facciamo con la lingua che parliamo tutti i giorni.

Ma adesso, voglio fare qualche altro esempio di parole nuove e comuni ai giorni nostri.

Una parola nuova può essere anche una parola che importiamo da un'altra lingua. Anche questa non è una cosa che succede solo adesso. Anche nel Seicento e nel Settecento entravano nell'italiano parole da altre lingue europee.

Sembra, però, che oggi grande spazio sia occupato dalle parole di origine inglese, soprattutto legate a un campo tecnologico o pubblicitario. Pensiamo ad esempio a selfie, marketing, banner, logo, pixel: tutte parole che usiamo in italiano, senza tradurle nella nostra lingua.

Ma facciamo di più. Sai che i verbi italiani terminano sempre in -are, -ere, -ire. Bene, va di moda trasformare verbi inglesi in verbi italiani. E, così, il verbo “to ban” inglese diventa “bannare”, il verbo “to post” inglese, diventa in italiano “postare”. Possiamo quindi taggare qualcuno su Facebook o bannarlo. Possiamo chattare con qualcuno, postare un selfie, linkare un articolo di giornale, zippare un file. E, se vogliamo cercare qualcosa su Google, cosa facciamo? Ma certo, googliamo! (Devo ammettere che la forma googlare, per me che sono una donna all'antica, suona ancora un po' troppo bizzarra, così dico semplicemente “cercare su Google”).

Questo tema delle parole inglesi è molto dibattuto. In particolare, in Italia si discute molto per parole inglesi che hanno un'alternativa italiana. Pensiamo, ad esempio, alla parola meeting che possiamo tradurre con “riunione” o “incontro”. Tu cosa ne pensi? Le parole nuove ti infastidiscono oppure le accetti senza problemi? E le parole che arrivano da altre lingue?

Dobbiamo dire, però, che molte parole italiane, soprattutto parole legate al cibo, sono entrate in dizionari di altre lingue. L' Oxford Dictionary ha inserito la parola “arancino” tra le parole nuove del 2019. Non sai cos'è l'arancino? È un cibo siciliano, una specie di polpetta ripiena di riso e altri ingredienti. Ricoperto di pangrattato e poi fritto, gustosissimo. Pensa che in Sicilia c'è un grande dibattito su questa parola, in alcune città usano la parola al maschile “arancino”, in altre al “femminile”, arancina. Il dizionario di Oxford ha deciso di includere la parola al maschile. Chissà cosa ne pensano i siciliani!

Abbiamo detto che le parole nuove nascono in un gruppo di riferimento, poi diventano popolari fino a raggiungere un gruppo più grande di persone.

Gli italiani sono un popolo di migranti, emigravano nel passato ed emigrano oggi, anche se in modo diverso. Bene, anche nelle comunità di italiani in altri paesi la lingua ha avuto la sua evoluzione propria, spesso mescolandosi con la lingua del paese di destinazione. Faccio un esempio.

Un giorno stavo parlando in italiano con un amico di San Francisco, Dennis. Parlando di piatti italiani, lui mi dice che conosce un piatto italiano che mangiava a San Francisco e che si chiama “cioppino”. In quel momento ci ho pensato e ho detto a Dennis che non conosco un piatto italiano di nome cioppino.

Però, in Italia abbiamo tantissimi piatti diversi, ogni piccolo paese o piccola città ha il suo piatto tradizionale. Ci sono in Italia centinaia di piatti diversi, di formaggi, di preparazioni tradizionali. Durante la nostra conversazione, ho pensato che il cioppino fosse un piatto di questo tipo. Un piatto forse del Sud che non conoscevo.

Così, ho fatto una ricerca su Google, ho googlato se voglio parlare da ragazza giovane, e ho scoperto una cosa fortissima! Il cioppino è una zuppa di pesce nata in California, proprio a San Francisco, nella comunità italo-americana.

Il piatto nacque nel 1800 tra una comunità di immigrati genovesi. Questi riprodussero a San Francisco un piatto della loro città che si chiamava “ciopin”. Il Cioppino di San Francisco, però, era diverso. Prima di tutto aveva ingredienti diversi, non i pesci del Mediterraneo. Poi, era un atto di condivisione. Quando un pescatore tornava dal lavoro a mani vuote, infatti, girava per le case degli altri pescatori con una pentola. Ogni pescatore metteva nella pentola quello che poteva offrire, e così era preparato il Cioppino. Una zuppa fatta da pezzi di pesce diverso che gli altri avevano donato.

Forse ha avuto successo negli anni anche perché la parola Cioppino è simile al suono della parola inglese “to chop” che significa proprio tagliare a pezzi.

Probabilmente ci sono altre storie così, dove l'italiano si è mescolato ad altre lingue e ha creato parole nuove. Se conosci parole così, puoi scrivermi un messaggio. Sarò felice di sentire e condividere queste parole.

Questo episodio ci insegna una cosa: la realtà non è una cosa statica, ma cambia in continuazione. E noi esseri umani abbiamo bisogno di nuove parole per descrivere il mondo intorno a noi che cambia.

Grazie per aver ascoltato fino a qui. Come sempre, trovi le trascrizioni di questi episodi, insieme a contenuti extra sul mio sito web. Un caro saluto, a presto.