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Il giornalino di Gian Burrasca - Vamba, Capitolo 20

Capitolo 20

18 gennaio.

Mi convinco sempre più che è molto difficile per un ragazzo il prevedere le conseguenze di quello che fa, perché anche la burla più innocente può causare a volte delle complicazioni straordinarie, che neppure a esser grandi si saprebbero immaginare. Iersera, dunque, appena Ambrogio ritornò al suo solito tavolino e si mise le lenti sul naso, fece un atto di meraviglia: e dopo averle rigirate tra le dita e ben considerate da tutte le parti e averle appannate più volte col fiato e ben ben ripulite col suo fazzolettone a scacchi turchini ed essersele rimesse sul naso, incominciò a mugolare: - O Dio, o Dio, o Dio! Che diamine mai m'è accaduto? Non ci veggo più... Ah! Ho capito... questa è una conseguenza dello spavento di ieri! Vuol dire che sono ammalato grave... Pover' a me! Son rovinato... - E andò a rammaricarsi col Maralli, al quale chiese il permesso di assentarsi subito dallo studio per recarsi in una farmacia, perché sentiva dì non reggere e certo gli era per venire qualche cosa di molto serio. E questa è una conseguenza. L'altra è anche più strana e complicata. Stamani il signor Venanzio s'è messo nella poltrona per leggere come fa sempre il Corriere della Sera che, invece, gli arriva la mattina; ma appena s'è messo le lenti ha incominciato a dire: - Uh! mi si appannano le pupille... Uh! mi si confonde la vista... Mi gira la testa... Ah, ci siamo! Per carità, mandate subito a chiamare il medico... e un notaro, mi raccomando! Un notaro! - Allora in casa è successo una rivoluzione. Il Maralli è accorso al fianco dello zio e, ficcatogli il corno acustico nell'orecchio ha cominciato a dirgli - Coraggio, zio... Ci sono qui io, non tema di niente! Penso a tutto io... Non si spaventi, è un deliquio passeggero... - Ma il signor Venanzio aveva chiuso gli occhi ed era stato preso da un tremito che andava aumentando sempre più. Arrivato il medico l'ha visitato e ha detto che il malato era in condizioni disperate. A questa notizia il Maralli è diventato di tutti i colori, non poteva più star fermo, e non faceva che ripetere: -- Zio, coraggio... Sono qui io! - Per metter fine a questa scena tragica son corso nella stanza d'aspetto e ho preso le lenti d'Ambrogio (che egli aveva lasciato iersera sul suo tavolino) con l'intenzione di riportarle al signor Venanzio, e che avrebbero fatto il miracolo di guarirlo immediatamente. Ma quando son ritornato la porta era chiusa e di fuori stava mio cognato e Virginia. Il Maralli era piuttosto allegro, e ho sentito che diceva: - Ha detto al notaro che sarebbe stata una cosa lesta... e questo, capirai, è un buon segno perché vuol dire che ci saranno pochi legati... - E a me che avevo steso la mano per aprir la maniglia della bussola ha soggiunto: Lascia andare... Non si può entrare. [C'è il notaro]... fa il testamento... – Di lì a poco mio cognato se n'è andato nello studio perché gli è venuto un cliente, e anche Virginia è andata via, raccomandandomi di star lì e di avvertirla appena fosse uscito il notaro. Ma io, invece, quando il notaro è uscito sono entrato in camera e presa la trombetta ho gridato al signor Venanzio: - Non dia retta al dottore! Lei si è impaurito perché non ci vedeva più coi suoi occhiali... Ma si tratta probabilmente di un indebolimento di vista. Provi questi d'Ambrogio che sono più forti dei suoi... - E messegli sul naso le lenti che avevo con me gli ho presentato davanti agli occhi il Corriere della Sera. Il signor Venanzio allora, nel vedere che ci vedeva, s'è calmato subito, poi ha fatto il confronto fra le due paia di lenti, e abbracciandomi mi ha detto: - Ma tu, ragazzo mio, sei un portento! Tu hai un acume molto superiore alla tua età, e diventerai certamente qualcosa di grosso... E mio nipote dov'è? - Era lì fuori, ma ora è nel suo studio. - E che diceva? - Diceva che se lei si sbrigava presto col notaro era buon segno, perché significava che c'erano pochi legati. - A queste parole il vecchio ha dato in una tal risata che credo non ne abbia mai fatte di simili in tutta la sua vita, e poi regalandomi i suoi occhiali d'oro che gli avevo chiesto e che gli erano oramai inutili ha esclamato: - Ah, questa poi è la più carina di tutte! E ora non mi dispiace che di una cosa: di non potere, quando sarò morto, risuscitare per assistere all'apertura del testamento... Rimorirei dal ridere! È tornato Ambrogio, tutto impensierito perché il medico gli ha detto che ha una nevrastenìa acuta e gli ha ordinato di smettere di fumare e di mettersi in assoluto riposo. - Pensare - diceva quel pover'uomo - che non posso fare né una cosa né l'altra! Come fo a mettermi in riposo se ho bisogno di lavorare per vivere? E come farò io, disgraziato, a smettere di fumare... se non ho mai fumato in vita mia neppure una sigaretta? - Ma io l'ho tolto da ogni imbarazzo, e, presentandogli gli occhiali d'oro del signor Venanzio, gli ho detto : - Si provi un po' queste lenti, e vedrà che gli passerà la nevrastenìa... - Bisognava vedere la gioia d'Ambrogio! Pareva diventato pazzo e voleva sapere una quantità di come e di perché; ma io ho tagliato corto dicendogli: - Questi occhiali mi sono stati regalati dal signor Venanzio e io li regalo a lei. Se li tenga e non cerchi altro!... 19 gennaio.

Il Maralli da iersera è di un umore terribile. Prima di tutto se la prese con me perché non lo avevo avvertito, come mi era stato detto, quando il notaro era uscito dalla camera del signor Venanzio, e poi era molto preoccupato perché non riusciva a spiegarsi il miglioramento avvenuto nelle condizioni di salute di suo zio, così a un tratto, senza una causa, mentre il medico aveva detto prima che si trattava di una cosa grave. Stamani era anche più nero di iersera e me ne ha dette di tutti i colori perché gli buttai nel caminetto la sua vecchia cartella tutta strappata e scarabocchiata mettendogli invece sulla scrivania una cartella nuova, tutta dorata che è una bellezza. E questa è la gratitudine per avere avuto il gentile pensiero di fargli un regalo! Pare, a quanto ho potuto capire, che nella cartella vecchia vi fossero delle carte e dei documenti importantissimi che riguardavano un processo, e che ora, per la loro mancanza, il Maralli non sappia più dove sbattere la testa... Fortunatamente era l'ora della scuola e me sono andato via lasciando che si sfogasse con Ambrogio. Quando son tornato di scuola ho trovato mio cognato anche più nero di stamani. Il signor Venanzio gli aveva detto che ero stato io che l'avevo guarito dandogli le lenti d'Ambrogio e Ambrogio poi gli aveva raccontato d'essere stato guarito pure da me per avergli dato le lenti del signor Venanzio. - Voglio assolutamente sapere come sta questa faccenda! - ha detto il Maralli sgranandomi tanto d'occhi in faccia. - Ma io che c'entro? - C'entri benissimo. Com'è che mio zio non ci vede più con le sue lenti mentre ci vede con quelle d'Ambrogio? E com'è che Ambrogio non ci vede più con le sue e ci vede con quelle dello zio Venanzio? - Uhm! Bisognerebbe sentire un oculista... - In quel momento però è venuto Ambrogio, esclamando: - Tutto è spiegato! Guardi: lo vede questo sgraffietto in questa lente? Ebbene: da questo sgraffietto ora riconosco che la lente è mia... Queste sono le mie lenti che ho sempre avute: soltanto sono state messe nei cerchietti d'oro di suo zio... Capisce? - A questa rivelazione il Maralli ha cacciato un grido e ha fatto un passo verso di me, stendendo un braccio per afferrarmi, ma io ho fatto più presto di lui e son corso a chiudermi in camera. Che anche questo di cambiar le lenti a due paia d'occhiali sia stato uno scherzo di cattivo genere? Ma chi avrebbe potuto prevedere che per questo scherzo il signor Venanzio e Ambrogio si sarebbero ìmpauriti a quel modo? Ed è colpa mia se i loro medici per questo fatto hanno riscontrato nel primo un caso disperato e nel secondo una nevrastenìa acuta?

È un'ora che son chiuso in camera mia. Tanto per passare il tempo, con un bastoncino, una gugliata di refe e uno spillo ritorto, mi sono fabbricato una lenza e mi sono divertito a pescare nella mia catinella certi pesciolini ritagliati nella carta...

20 gennaio.

Stamani Virginia s'è intromessa nella questione tra me e il Maralli e pare che egli non mi riporti a casa mia come aveva minacciato di fare. - Che badi bene, però, - ha detto a mia sorella - che badi di rigar diritto! Io mi son già pentito di quel che ho fatto per lui, e ormai basta una goccia per far traboccare il vaso!... 21 gennaio.

Altro che goccia! Su quel vaso di mio cognato che era lì lì per traboccare c'è cascato addirittura un diluvio e... non so proprio di dove cominciare. Dovrei piangere dal dispiacere, strapparmi i capelli dalla disperazione... ma le disgrazie che mi son capitate ieri tra capo e collo sono tante e si sono scatenate così improvvisamente, tutte insieme, che io sono rimasto rimbecillito e mi par di sognare... Andiamo per ordine. La prima causa della mia rovina è stata la passione per la pesca. Ieri, appena ritornato da scuola, presi in camera mia quella lenza che mi ero fabbricato ieri l'altro e andai nella stanza del signor Venanzio con l'intenzione di pescare nella sua catinella per farlo divertire. Disgraziatamente il signor Venanzio dormiva; e dormiva in un modo curioso, con la testa arrovesciata sulla spalliera della poltrona e con la bocca spalancata dalla quale gli usciva un rantolino che andava a finire in un piccolo fischio... Allora cambiai idea. Dietro alla poltrona c'era una tavola, e io montatovi sopra, stando seduto su un panchettino, mi misi, per ridere, a pescare nella bocca del signor Venanzio, tenendo la lenza al disopra della sua testa e l'amo sospeso all'altezza della bocca spalancata... - Ora quando si sveglia - pensavo - chi sa come rimarrà sorpreso! - Disgraziatamente gli venne a un tratto da starnutire; e nello starnuto, avendo egli chinata la testa, l'amo andò a posarglisi sulla lingua e, avendo poi richiusa la bocca, gli restò dentro, mentre io senza accorgermene, per un semplice istinto di pescatore, detti una stratta alla lenza tirando in su... Si udì un grido acutissimo, e io vidi, con mia grande meraviglia, attaccato all'amo un dente con due barbe! Nello stesso tempo il signor Venanzio sputava una boccata di sangue... In quel terribile istante, preso da un grande sgomento, gettai la lenza e, sceso con un salto dalla tavola, scappai come un pazzo in camera mia. Dopo un'oretta è venuto mio cognato, seguito da mia sorella che gli raccomandava: - Riportalo a casa magari subito, ma non lo picchiare! - Picchiarlo? Se mi ci mettessi dovrei ammazzarlo! - rispondeva il Maralli. - No, no; ma voglio che sappia almeno quel che mi costa l'averlo tenuto una settimana in casa mia! - Quando mi fu dinanzi mi guardò ben bene in faccia e poi disse lentamente con una calma che mi faceva più paura che se avesse urlato come tante altre volte : - Sai? Ora sono convinto anche io che tu anderai a finire in galera... e t'avverto che io non sarò certo il tuo avvocato difensore... Io, vedi, ho conosciuto molta canaglia: ma tu hai nelle tue intraprese di delinquente delle risorse misteriose, ignote a tutti gli altri... Per esempio, come avrai fatto a fare un taglio alla lingua di mio zio Venanzio e a portargli via un dente che è stato trovato attaccato a uno spillo ricurvo legato a un filo di refe? E perché hai fatto questo? Chi lo sa! Ma quello che devi sapere è che mio zio vuole assolutamente andar via da casa mia, dove dice di non sentirsi sicuro, e che così, per causa tua, io vado a rischio di perdere una vistosa eredità della quale, senza di te, potevo dirmi sicuro. - Il Maralli s'è asciugato il sudore, mordendosi al tempo stesso le labbra; poi ha ripreso lentamente : - Tu mi hai dunque rovinato come uomo; ma aspetta, ché c'è dell'altro! E quest'altro, purtroppo, l'ho scoperto in tribunale, al processo, che è andato tutto a rotoli e che ha segnato la mia rovina nella mia professione e nella mia carriera politica. Tu parlasti quattro o cinque giorni fa con un contadino chiamato Gosto grullo? - Sì - confessai io. - E che gli dicesti? - A questo punto mi parve che la constatazione di una buona azione compiuta dovesse compensare il fallo rimproveratomi precedentemente e risposi con accento trionfale: - Gli dissi che in tribunale doveva dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità, come ho visto scritto nel cartello che è sulla testa del presidente. - Sicuro! E infatti l'ha detta! Egli ha raccontato che gli imputati avevan tirato dei sassi ai soldati e gli imputati sono stati condannati. Hai capito?... E gli hai fatti condannare te! E io che ero avvocato difensore ho perso la causa per te! E per te i giornali avversari mi attaccheranno ora con violenza, e per te il nostro partito avrà in paese meno credito di quel che aveva... Hai capito? Sei contento ora? Sei soddisfatto dell'opera tua? Vuoi far qualche cos'altro? Hai in mente altre rovine, altri cataclismi da compiere? Ti avverto che nel caso hai tempo fino a domattina alle otto, perché ora è troppo tardi per riaccompagnarti a casa tua. Io non capivo più nulla, non avevo la forza né di parlare né di muovermi... Il Maralli mi lasciò lì come inebetito; mia sorella mi disse: - Disgraziato! - e se ne andò anche lei. Ah sì, disgraziato: disgraziato io e più disgraziati tutti quelli che hanno a che far con me... Sono già le otto, caro giornalino: il Maralli mi aspetta nello studio per ricondurmi a mio padre che mi metterà subito in collegio! Si può essere più disgraziati di me! Eppure non mi riesce di piangere... Anzi! Con tutta la tremenda prospettiva del mio triste avvenire, non so levarmi dalla mente l'immagine di quel dente con quelle due barbe che ho pescato ieri nella bocca spalancata del signor Venanzio e ogni tanto mi scappa da ridere...


Capitolo 20 Kapitel 20 Chapter 20

18 gennaio.

Mi convinco sempre più che è molto difficile per un ragazzo il prevedere le conseguenze di quello che fa, perché anche la burla più innocente può causare a volte delle complicazioni straordinarie, che neppure a esser grandi si saprebbero immaginare. Iersera, dunque, appena Ambrogio ritornò al suo solito tavolino e si mise le lenti sul naso, fece un atto di meraviglia: e dopo averle rigirate tra le dita e ben considerate da tutte le parti e averle appannate più volte col fiato e ben ben ripulite col suo fazzolettone a scacchi turchini ed essersele rimesse sul naso, incominciò a mugolare: - O Dio, o Dio, o Dio! Che diamine mai m'è accaduto? Non ci veggo più... Ah! Ho capito... questa è una conseguenza dello spavento di ieri! Vuol dire che sono ammalato grave... Pover' a me! Son rovinato... - E andò a rammaricarsi col Maralli, al quale chiese il permesso di assentarsi subito dallo studio per recarsi in una farmacia, perché sentiva dì non reggere e certo gli era per venire qualche cosa di molto serio. E questa è una conseguenza. L'altra è anche più strana e complicata. Stamani il signor Venanzio s'è messo nella poltrona per leggere come fa sempre il Corriere della Sera che, invece, gli arriva la mattina; ma appena s'è messo le lenti ha incominciato a dire: - Uh! mi si appannano le pupille... Uh! mi si confonde la vista... Mi gira la testa... Ah, ci siamo! Per carità, mandate subito a chiamare il medico... e un notaro, mi raccomando! Un notaro! - Allora in casa è successo una rivoluzione. Il Maralli è accorso al fianco dello zio e, ficcatogli il corno acustico nell'orecchio ha cominciato a dirgli - Coraggio, zio... Ci sono qui io, non tema di niente! Penso a tutto io... Non si spaventi, è un deliquio passeggero... - Ma il signor Venanzio aveva chiuso gli occhi ed era stato preso da un tremito che andava aumentando sempre più. Arrivato il medico l'ha visitato e ha detto che il malato era in condizioni disperate. A questa notizia il Maralli è diventato di tutti i colori, non poteva più star fermo, e non faceva che ripetere: -- Zio, coraggio... Sono qui io! - Per metter fine a questa scena tragica son corso nella stanza d'aspetto e ho preso le lenti d'Ambrogio (che egli aveva lasciato iersera sul suo tavolino) con l'intenzione di riportarle al signor Venanzio, e che avrebbero fatto il miracolo di guarirlo immediatamente. Ma quando son ritornato la porta era chiusa e di fuori stava mio cognato e Virginia. Il Maralli era piuttosto allegro, e ho sentito che diceva: - Ha detto al notaro che sarebbe stata una cosa lesta... e questo, capirai, è un buon segno perché vuol dire che ci saranno pochi legati... - E a me che avevo steso la mano per aprir la maniglia della bussola ha soggiunto: Lascia andare... Non si può entrare. [C'è il notaro]... fa il testamento... – Di lì a poco mio cognato se n'è andato nello studio perché gli è venuto un cliente, e anche Virginia è andata via, raccomandandomi di star lì e di avvertirla appena fosse uscito il notaro. Ma io, invece, quando il notaro è uscito sono entrato in camera e presa la trombetta ho gridato al signor Venanzio: - Non dia retta al dottore! Lei si è impaurito perché non ci vedeva più coi suoi occhiali... Ma si tratta probabilmente di un indebolimento di vista. Provi questi d'Ambrogio che sono più forti dei suoi... - E messegli sul naso le lenti che avevo con me gli ho presentato davanti agli occhi il Corriere della Sera. Il signor Venanzio allora, nel vedere che ci vedeva, s'è calmato subito, poi ha fatto il confronto fra le due paia di lenti, e abbracciandomi mi ha detto: - Ma tu, ragazzo mio, sei un portento! Tu hai un acume molto superiore alla tua età, e diventerai certamente qualcosa di grosso... E mio nipote dov'è? - Era lì fuori, ma ora è nel suo studio. - E che diceva? - Diceva che se lei si sbrigava presto col notaro era buon segno, perché significava che c'erano pochi legati. - A queste parole il vecchio ha dato in una tal risata che credo non ne abbia mai fatte di simili in tutta la sua vita, e poi regalandomi i suoi occhiali d'oro che gli avevo chiesto e che gli erano oramai inutili ha esclamato: - Ah, questa poi è la più carina di tutte! E ora non mi dispiace che di una cosa: di non potere, quando sarò morto, risuscitare per assistere all'apertura del testamento... Rimorirei dal ridere! È tornato Ambrogio, tutto impensierito perché il medico gli ha detto che ha una nevrastenìa acuta e gli ha ordinato di smettere di fumare e di mettersi in assoluto riposo. - Pensare - diceva quel pover'uomo - che non posso fare né una cosa né l'altra! Come fo a mettermi in riposo se ho bisogno di lavorare per vivere? E come farò io, disgraziato, a smettere di fumare... se non ho mai fumato in vita mia neppure una sigaretta? - Ma io l'ho tolto da ogni imbarazzo, e, presentandogli gli occhiali d'oro del signor Venanzio, gli ho detto : - Si provi un po' queste lenti, e vedrà che gli passerà la nevrastenìa... - Bisognava vedere la gioia d'Ambrogio! Pareva diventato pazzo e voleva sapere una quantità di come e di perché; ma io ho tagliato corto dicendogli: - Questi occhiali mi sono stati regalati dal signor Venanzio e io li regalo a lei. Se li tenga e non cerchi altro!... 19 gennaio.

Il Maralli da iersera è di un umore terribile. Prima di tutto se la prese con me perché non lo avevo avvertito, come mi era stato detto, quando il notaro era uscito dalla camera del signor Venanzio, e poi era molto preoccupato perché non riusciva a spiegarsi il miglioramento avvenuto nelle condizioni di salute di suo zio, così a un tratto, senza una causa, mentre il medico aveva detto prima che si trattava di una cosa grave. Stamani era anche più nero di iersera e me ne ha dette di tutti i colori perché gli buttai nel caminetto la sua vecchia cartella tutta strappata e scarabocchiata mettendogli invece sulla scrivania una cartella nuova, tutta dorata che è una bellezza. E questa è la gratitudine per avere avuto il gentile pensiero di fargli un regalo! Pare, a quanto ho potuto capire, che nella cartella vecchia vi fossero delle carte e dei documenti importantissimi che riguardavano un processo, e che ora, per la loro mancanza, il Maralli non sappia più dove sbattere la testa... Fortunatamente era l'ora della scuola e me sono andato via lasciando che si sfogasse con Ambrogio. Quando son tornato di scuola ho trovato mio cognato anche più nero di stamani. Il signor Venanzio gli aveva detto che ero stato io che l'avevo guarito dandogli le lenti d'Ambrogio e Ambrogio poi gli aveva raccontato d'essere stato guarito pure da me per avergli dato le lenti del signor Venanzio. - Voglio assolutamente sapere come sta questa faccenda! - ha detto il Maralli sgranandomi tanto d'occhi in faccia. - Ma io che c'entro? - C'entri benissimo. Com'è che mio zio non ci vede più con le sue lenti mentre ci vede con quelle d'Ambrogio? E com'è che Ambrogio non ci vede più con le sue e ci vede con quelle dello zio Venanzio? - Uhm! Bisognerebbe sentire un oculista... - In quel momento però è venuto Ambrogio, esclamando: - Tutto è spiegato! Guardi: lo vede questo sgraffietto in questa lente? Ebbene: da questo sgraffietto ora riconosco che la lente è mia... Queste sono le mie lenti che ho sempre avute: soltanto sono state messe nei cerchietti d'oro di suo zio... Capisce? - A questa rivelazione il Maralli ha cacciato un grido e ha fatto un passo verso di me, stendendo un braccio per afferrarmi, ma io ho fatto più presto di lui e son corso a chiudermi in camera. Che anche questo di cambiar le lenti a due paia d'occhiali sia stato uno scherzo di cattivo genere? Ma chi avrebbe potuto prevedere che per questo scherzo il signor Venanzio e Ambrogio si sarebbero ìmpauriti a quel modo? Ed è colpa mia se i loro medici per questo fatto hanno riscontrato nel primo un caso disperato e nel secondo una nevrastenìa acuta?

È un'ora che son chiuso in camera mia. Tanto per passare il tempo, con un bastoncino, una gugliata di refe e uno spillo ritorto, mi sono fabbricato una lenza e mi sono divertito a pescare nella mia catinella certi pesciolini ritagliati nella carta...

20 gennaio.

Stamani Virginia s'è intromessa nella questione tra me e il Maralli e pare che egli non mi riporti a casa mia come aveva minacciato di fare. - Che badi bene, però, - ha detto a mia sorella - che badi di rigar diritto! Io mi son già pentito di quel che ho fatto per lui, e ormai basta una goccia per far traboccare il vaso!... 21 gennaio.

Altro che goccia! Su quel vaso di mio cognato che era lì lì per traboccare c'è cascato addirittura un diluvio e... non so proprio di dove cominciare. Dovrei piangere dal dispiacere, strapparmi i capelli dalla disperazione... ma le disgrazie che mi son capitate ieri tra capo e collo sono tante e si sono scatenate così improvvisamente, tutte insieme, che io sono rimasto rimbecillito e mi par di sognare... Andiamo per ordine. La prima causa della mia rovina è stata la passione per la pesca. Ieri, appena ritornato da scuola, presi in camera mia quella lenza che mi ero fabbricato ieri l'altro e andai nella stanza del signor Venanzio con l'intenzione di pescare nella sua catinella per farlo divertire. Disgraziatamente il signor Venanzio dormiva; e dormiva in un modo curioso, con la testa arrovesciata sulla spalliera della poltrona e con la bocca spalancata dalla quale gli usciva un rantolino che andava a finire in un piccolo fischio... Allora cambiai idea. Dietro alla poltrona c'era una tavola, e io montatovi sopra, stando seduto su un panchettino, mi misi, per ridere, a pescare nella bocca del signor Venanzio, tenendo la lenza al disopra della sua testa e l'amo sospeso all'altezza della bocca spalancata... - Ora quando si sveglia - pensavo - chi sa come rimarrà sorpreso! - Disgraziatamente gli venne a un tratto da starnutire; e nello starnuto, avendo egli chinata la testa, l'amo andò a posarglisi sulla lingua e, avendo poi richiusa la bocca, gli restò dentro, mentre io senza accorgermene, per un semplice istinto di pescatore, detti una stratta alla lenza tirando in su... Si udì un grido acutissimo, e io vidi, con mia grande meraviglia, attaccato all'amo un dente con due barbe! Nello stesso tempo il signor Venanzio sputava una boccata di sangue... In quel terribile istante, preso da un grande sgomento, gettai la lenza e, sceso con un salto dalla tavola, scappai come un pazzo in camera mia. Dopo un'oretta è venuto mio cognato, seguito da mia sorella che gli raccomandava: - Riportalo a casa magari subito, ma non lo picchiare! - Picchiarlo? Se mi ci mettessi dovrei ammazzarlo! - rispondeva il Maralli. - No, no; ma voglio che sappia almeno quel che mi costa l'averlo tenuto una settimana in casa mia! - Quando mi fu dinanzi mi guardò ben bene in faccia e poi disse lentamente con una calma che mi faceva più paura che se avesse urlato come tante altre volte : - Sai? Ora sono convinto anche io che tu anderai a finire in galera... e t'avverto che io non sarò certo il tuo avvocato difensore... Io, vedi, ho conosciuto molta canaglia: ma tu hai nelle tue intraprese di delinquente delle risorse misteriose, ignote a tutti gli altri... Per esempio, come avrai fatto a fare un taglio alla lingua di mio zio Venanzio e a portargli via un dente che è stato trovato attaccato a uno spillo ricurvo legato a un filo di refe? E perché hai fatto questo? Chi lo sa! Ma quello che devi sapere è che mio zio vuole assolutamente andar via da casa mia, dove dice di non sentirsi sicuro, e che così, per causa tua, io vado a rischio di perdere una vistosa eredità della quale, senza di te, potevo dirmi sicuro. - Il Maralli s'è asciugato il sudore, mordendosi al tempo stesso le labbra; poi ha ripreso lentamente : - Tu mi hai dunque rovinato come uomo; ma aspetta, ché c'è dell'altro! E quest'altro, purtroppo, l'ho scoperto in tribunale, al processo, che è andato tutto a rotoli e che ha segnato la mia rovina nella mia professione e nella mia carriera politica. Tu parlasti quattro o cinque giorni fa con un contadino chiamato Gosto grullo? - Sì - confessai io. - E che gli dicesti? - A questo punto mi parve che la constatazione di una buona azione compiuta dovesse compensare il fallo rimproveratomi precedentemente e risposi con accento trionfale: - Gli dissi che in tribunale doveva dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità, come ho visto scritto nel cartello che è sulla testa del presidente. - Sicuro! E infatti l'ha detta! Egli ha raccontato che gli imputati avevan tirato dei sassi ai soldati e gli imputati sono stati condannati. Hai capito?... E gli hai fatti condannare te! E io che ero avvocato difensore ho perso la causa per te! E per te i giornali avversari mi attaccheranno ora con violenza, e per te il nostro partito avrà in paese meno credito di quel che aveva... Hai capito? Sei contento ora? Sei soddisfatto dell'opera tua? Vuoi far qualche cos'altro? Hai in mente altre rovine, altri cataclismi da compiere? Ti avverto che nel caso hai tempo fino a domattina alle otto, perché ora è troppo tardi per riaccompagnarti a casa tua. Io non capivo più nulla, non avevo la forza né di parlare né di muovermi... Il Maralli mi lasciò lì come inebetito; mia sorella mi disse: - Disgraziato! - e se ne andò anche lei. Ah sì, disgraziato: disgraziato io e più disgraziati tutti quelli che hanno a che far con me... Sono già le otto, caro giornalino: il Maralli mi aspetta nello studio per ricondurmi a mio padre che mi metterà subito in collegio! Si può essere più disgraziati di me! Eppure non mi riesce di piangere... Anzi! Con tutta la tremenda prospettiva del mio triste avvenire, non so levarmi dalla mente l'immagine di quel dente con quelle due barbe che ho pescato ieri nella bocca spalancata del signor Venanzio e ogni tanto mi scappa da ridere...