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Il giornalino di Gian Burrasca - Vamba, Capitolo 2

Capitolo 2

6 ottobre.

Sono due settimane che non ho più scritto una parola nel mio giornale, perché mi sono ammalato da quel giorno famoso che fui per affogare e che scappai dal letto mentre sudavo. Collalto è venuto su a vedermi due volte al giorno; ed è stato così buono con me, che quasi sento rimorso di averlo fatto spaventare quella sera. Quanto tempo mi ci vorrà per guarire?... Stamani sentivo Ada e Virginia che parlavano insieme nel corridoio: com'è naturale, mi sono messo ad ascoltare quello che dicevano. Pare che ci sarà, nientemeno, che una festa da ballo in casa nostra. Virginia diceva che era contentissima che io sia a letto; così si sentiva più tranquilla, ed era sicura della riuscita della festa. Essa spera che io debba rimanere in camera un mese intero. Non so capire perché le sorelle maggiori non vogliano bene ai fratelli più piccoli... Ed io, invece, sono così buono con Virginia... Quando sto bene vado anche due volte al giorno alla posta, a prenderle e ad impostarle le lettere; qualche volta, non dico, ne avrò perduta qualcuna; ma ella non l'ha mai saputo, e non ha nessuna ragione di avercela con me! Oggi mi sentivo così bene, che mi è venuta la voglia di levarmi. Verso le tre ho sentito venir su per le scale Caterina che mi portava la merenda; sono sgusciato dal letto, mi sono nascosto dietro l'uscio di camera, tutto imbacuccato in uno sciallone nero della mamma, e mentre la cameriera stava per entrare, le sono saltato addosso, abbaiando come un cane... Che credi che abbia fatto quella stupida?... Dalla paura ha lasciato cascare in terra il vassoio che reggeva con tutt'e due le mani... Che peccato!.. Il bricco di porcellana celeste è andato in mille pezzi; il caffè e latte si è rovesciato sul tappetino che la mamma mi aveva comprato ieri; e quella sciocca ha cominciato a urlare così forte, che il babbo, la mamma, le mie sorelle, la cuoca e Giovanni sono corsi su tutti spaventati, per vedere quello che era successo... Ci può essere una ragazza più oca di quella?... Al solito, io sono stato gridato... Ma... appena sono guarito, voglio scappare da questa casa, e andare lontano lontano, così impareranno a trattare i ragazzi come si deve!...

7 ottobre.

Finalmente stamani ho avuto il permesso di alzarmi... Ma era possibile che un ragazzo come me potesse star fermo su una poltrona, con una coperta di lana sulle gambe? C'era da morire di noia; così mentre Caterina era andata giù un momento a prendermi un bicchiere di acqua inzuccherata, lesto lesto, butto via ogni cosa, e me ne vo in camera di Luisa a guardare tutte quelle fotografie che tiene dentro la cassetta della sua scrivania. Le mie sorelle erano in salotto con un'amica, la signorina Rossi. Caterina, appena tornata col bicchiere e lo zucchero, mi cerca dappertutto, inutilmente... Sfido!... Mi ero nascosto dentro l'armadio... Che risate matte ho fatto, con quei ritratti!... Su uno c'era scritto : Un vero imbecille!... Su un altro: Oh, carino davvero!... Su un altro: Mi ha chiesto, ma... fossi minchiona! E in altri : Simpaticone!!!... oppure : Che bocca!... In uno poi c'era scritto: Ritratto di un ciuco!... In tutti c'era una frase di questo genere. Io mi sono impossessato di circa una dozzina di fotografie delle persone che conosco, per fare qualche burletta innocente, appena uscirò di casa; poi ho richiuso per benino la cassetta, in modo che Luisa non si accorgerà di nulla... Ma io non avevo voglia di ritornare nella mia stanzaccia tutta sporca e in disordine; non avevo voglia di annoiarmi. - Se mi mascherassi da donna? - Ho pensato a un tratto. Ho trovato un busto vecchio di Ada, una sottana bianca inamidata con lo strascico, ho preso dall'armadio il vestito di batista color di rosa di Luisa a tramezzi di trina, e ho cominciato a vestirmi. La gonnella era un po' stretta alla vita e ho dovuto appuntarla con gli spilli. Mi sono bene unto le gote con una pomata color di rosa di un vasettino, e mi sono guardato allo specchio... Misericordia!... non ero più io... Che bella signorina ero diventato!... - Che invidia, che invidia, avranno di me le mie sorelle! - ho esclamato, al colmo della contentezza. E così dicendo, ero arrivato in fondo alle scale proprio quando la signorina Rossi stava per andarsene. Che chiasso! - Il mio vestito di batista rosa! - ha urlato Luisa, facendosi smorta in viso dalla stizza. La signorina Bice mi ha preso per un braccio rivolgendomi alla luce, e: - "Come mai ti sono venute quelle belle gote rosse, eh, Giannino?" - mi ha detto in aria di canzonatura. Luisa mi ha fatto cenno che non parlassi; ma io, facendo finta di non vederla, ho risposto: - "Ho trovato una pomata in una cassetta..." E quella signorina ha cominciato a ridere in un modo così malizioso, che non so quello che le avrei fatto. Mia sorella, dopo, ha detto che Bice Rossi è una pettegola, che non le parrà vero di andare a raccontare a tutti che mia sorella si tinge la faccia: e questo poi non è vero, e io lo potrei giurare, perché quella pasta serve a colorire i fiori di seta che Luisa sa fare tanto bene per guarnire i cappelli. Stavo per ritornare in camera alla svelta, allorché mi sono fermato davanti a Luisa e, guardandola fissa, le ho strappato una gala in fondo al vestito. Non l'avessi mai fatto!... È diventata una furia, e mi ha dato uno schiaffo... - Ah, signorina!... - ho detto fra me e me. - Se sapesse che le ho preso i ritratti! - Le sorelle credono che le gote dei ragazzi sieno fatte apposta per essere schiaffeggiate... Se sapessero, invece, i pensieri disperati che ci vengono in mente quando fanno così!... Sono stato zitto, ma... a domani!

8 ottobre.

Ah, come mi sono divertito oggi a andare a trovare tutti gli originali delle fotografie che presi alle mie sorelle! Ho cominciato da Carlo Nelli, il padrone di quel bel negozio di mode che è nel Corso e che va vestito sempre tutto per l'appunto, e che cammina sempre in punta di piedi perché ha le scarpe troppo strette, il quale appena mi ha visto entrare mi ha detto: - Oh, Giannino, sei guarito bene? - Io gli ho detto di sì, e poi ho risposto per bene a tutte le domande che mi faceva; ed egli mi ha regalato una bella cravatta tutta rossa.

Io l'ho ringraziato come era mio dovere, e siccome lui ha cominciato a rivolgermi delle interrogazioni sulle mie sorelle, io ho creduto bene che quello fosse il momento buono per tirar fuori la fotografia. Sotto c'era scritto a penna: vecchio gommeux; ma non so che cosa volesse dire. Di più gli erano stati allungati i baffi e allargata la bocca fino alle orecchie. Lui nel vedere il suo ritratto ridotto a quel modo, è diventato rosso come un peperone e ha detto subito: - Ah! sei stato tu, eh, brutto birbante? - Io gli ho risposto di no, che avevo trovato le fotografie a quel modo in camera delle mie sorelle, e sono scappato via perché aveva un viso da far paura, e poi non volevo più perder tempo con lui a dargli altre spiegazioni, avendo da distribuire le altre fotografie che avevo preso. Infatti sono andato subito in farmacia da Pietrino Masi. Come è brutto, povero Pietrino, con quei capellacci rossi e con quella faccia gialla tutta butterata! Ma lui non se lo figura nemmeno... - Buon giorno, Pietro, - gli ho detto. - O Giannino! - mi ha risposto. - E a casa stanno tutti bene? - Sì, e tanti saluti da tutti. - Lui allora ha tirato giù dallo scaffale un bel barattolo di vetro bianco e mi ha detto: - Che ti piacciono le pasticche di menta? E senza aspettare che gli rispondessi, me ne ha date una manciata di tutti i colori. È proprio vero che i ragazzi che hanno la fortuna d'avere delle sorelle simpatiche ricevono sempre mille attenzioni dai giovanotti! Io ho preso tutte le pasticche, poi ho tirato fuori la fotografia, e facendogli l'occhio pio, gli ho detto: - Guarda qui: l'ho trovata in casa stamani. - Fammi vedere! - E Pietrino Masi ha steso la mano, ma io non gli volevo dare il ritratto a nessun costo; però lui me l'ha preso per forza, e così ha potuto leggere quel che c'era scritto di dietro col lapis blù. “Ha chiesto la mia mano, ma fossi minchiona!” Pietrino è diventato bianco come questo foglio, e lì per lì credevo perfino che gli venisse uno svenimento. Ma invece ha detto digrignando i denti: - È una vergogna che le tue sorelle piglino così in giro le persone per bene, hai capito? - Benché io avessi capito benissimo, lui per spiegarmelo meglio ha alzato una gamba per appiccicarmi un calcio, ma io ho fatto una cilecca e ho infilato svelto svelto la porta, e mi c'è entrato anche di pigliare un'altra manciata di pasticche di menta che erano rimaste sparse sul banco. E sono andato da Ugo Bellini.

Ugo Bellini è un avvocato giovanissimo: avrà ventitré anni, e stava nello studio insieme al suo babbo, che è avvocato anche lui, ma di quelli bravi, in Via Vittorio Emanuele al numero 18. Ugo, a vederlo camminare, par che sia chi sa chi; va via tutto impettito, col naso per aria, e quando discorre ha una voce da basso profondo, che pare se la faccia venir su dalle suola delle scarpe. È proprio buffo, e le mie sorelle hanno ragione; ma io, nel presentarmi a lui, avevo un po' di tremarella, perché è un tipo che non vuole scherzi. Mi sono affacciato all'uscio e gli ho detto: - Scusi, sta qui il Vecchio Silva Stendere? - Ma che hai? - ha risposto. - Ecco, ho qui una fotografia per lui! - E gli ho consegnato il suo ritratto sotto il quale era scritto: Pare il Vecchio Silva Stendere! Come è buffo! Ugo Bellini l'ha preso, e io via, di corsa! Gli deve aver fatto un grande effetto; perché, mentre scendevo le scale, l'ho sentito urlare col suo vocione terribile: - Maleducate! Pettegole! Sguaiate! - Ah! Ma se seguitassi a scrivere tutte le scene di stamani, stasera non anderei più a letto! Che facce spaurite facevano tutti quei giovanotti appena avevano sott'occhio la loro fotografia, mentre io invece mi sentivo scoppiar dal ridere, vedendo tutte le smorfie che facevano! Ma quello che mi ha fatto ridere più di tutti è stato Gino Viani quando gli ho dato la sua fotografia dove in fondo era scritto: “Ritratto d'un ciuco”. Poveretto! Gli son venute le lacrime agli occhi e ha detto con un filo di voce: - La mia vita è spezzata! - Ma non era vero niente, perché se gli si fosse spezzata la vita non avrebbe potuto camminare in su e in giù per la stanza come faceva, borbottando una quantità di parole senza senso comune.


Capitolo 2 Kapitel 2 Chapter 2 Capítulo 2 Глава 2

6 ottobre.

Sono due settimane che non ho più scritto una parola nel mio giornale, perché mi sono ammalato da quel giorno famoso che fui per affogare e che scappai dal letto mentre sudavo. Collalto è venuto su a vedermi due volte al giorno; ed è stato così buono con me, che quasi sento rimorso di averlo fatto spaventare quella sera. Quanto tempo mi ci vorrà per guarire?... Stamani sentivo Ada e Virginia che parlavano insieme nel corridoio: com'è naturale, mi sono messo ad ascoltare quello che dicevano. Pare che ci sarà, nientemeno, che una festa da ballo in casa nostra. Virginia diceva che era contentissima che io sia a letto; così si sentiva più tranquilla, ed era sicura della riuscita della festa. Essa spera che io debba rimanere in camera un mese intero. Non so capire perché le sorelle maggiori non vogliano bene ai fratelli più piccoli... Ed io, invece, sono così buono con Virginia... Quando sto bene vado anche due volte al giorno alla posta, a prenderle e ad impostarle le lettere; qualche volta, non dico, ne avrò perduta qualcuna; ma ella non l'ha mai saputo, e non ha nessuna ragione di avercela con me! Oggi mi sentivo così bene, che mi è venuta la voglia di levarmi. Verso le tre ho sentito venir su per le scale Caterina che mi portava la merenda; sono sgusciato dal letto, mi sono nascosto dietro l'uscio di camera, tutto imbacuccato in uno sciallone nero della mamma, e mentre la cameriera stava per entrare, le sono saltato addosso, abbaiando come un cane... Che credi che abbia fatto quella stupida?... Dalla paura ha lasciato cascare in terra il vassoio che reggeva con tutt'e due le mani... Che peccato!.. Il bricco di porcellana celeste è andato in mille pezzi; il caffè e latte si è rovesciato sul tappetino che la mamma mi aveva comprato ieri; e quella sciocca ha cominciato a urlare così forte, che il babbo, la mamma, le mie sorelle, la cuoca e Giovanni sono corsi su tutti spaventati, per vedere quello che era successo... Ci può essere una ragazza più oca di quella?... Al solito, io sono stato gridato... Ma... appena sono guarito, voglio scappare da questa casa, e andare lontano lontano, così impareranno a trattare i ragazzi come si deve!...

7 ottobre.

Finalmente stamani ho avuto il permesso di alzarmi... Ma era possibile che un ragazzo come me potesse star fermo su una poltrona, con una coperta di lana sulle gambe? C'era da morire di noia; così mentre Caterina era andata giù un momento a prendermi un bicchiere di acqua inzuccherata, lesto lesto, butto via ogni cosa, e me ne vo in camera di Luisa a guardare tutte quelle fotografie che tiene dentro la cassetta della sua scrivania. Le mie sorelle erano in salotto con un'amica, la signorina Rossi. Caterina, appena tornata col bicchiere e lo zucchero, mi cerca dappertutto, inutilmente... Sfido!... Mi ero nascosto dentro l'armadio... Che risate matte ho fatto, con quei ritratti!... Su uno c'era scritto : Un vero imbecille!... Su un altro: Oh, carino davvero!... Su un altro: Mi ha chiesto, ma...    fossi minchiona! E in altri : Simpaticone!!!... oppure : Che bocca!... In uno poi c'era scritto: Ritratto di un ciuco!... In tutti c'era una frase di questo genere. Io mi sono impossessato di circa una dozzina di fotografie delle persone che conosco, per fare qualche burletta innocente, appena uscirò di casa; poi ho richiuso per benino la cassetta, in modo che Luisa non si accorgerà di nulla... Ma io non avevo voglia di ritornare nella mia stanzaccia tutta sporca e in disordine; non avevo voglia di annoiarmi. - Se mi mascherassi da donna? - Ho pensato a un tratto. Ho trovato un busto vecchio di Ada, una sottana bianca inamidata con lo strascico, ho preso dall'armadio il vestito di batista color di rosa di Luisa a tramezzi di trina, e ho cominciato a vestirmi. La gonnella era un po' stretta alla vita e ho dovuto appuntarla con gli spilli. Mi sono bene unto le gote con una pomata color di rosa di un vasettino, e mi sono guardato allo specchio... Misericordia!... non ero più io... Che bella signorina ero diventato!... - Che invidia, che invidia, avranno di me le mie sorelle! - ho esclamato, al colmo della contentezza. E così dicendo, ero arrivato in fondo alle scale proprio quando la signorina Rossi stava per andarsene. Che chiasso! - Il mio vestito di batista rosa! - ha urlato Luisa, facendosi smorta in viso dalla stizza. La signorina Bice mi ha preso per un braccio rivolgendomi alla luce, e: - "Come mai ti sono venute quelle belle gote rosse, eh, Giannino?" - mi ha detto in aria di canzonatura. Luisa mi ha fatto cenno che non parlassi; ma io, facendo finta di non vederla, ho risposto: - "Ho trovato una pomata in una cassetta..." E quella signorina ha cominciato a ridere in un modo così malizioso, che non so quello che le avrei fatto. Mia sorella, dopo, ha detto che Bice Rossi è una pettegola, che non le parrà vero di andare a raccontare a tutti che mia sorella si tinge la faccia: e questo poi non è vero, e io lo potrei giurare, perché quella pasta serve a colorire i fiori di seta che Luisa sa fare tanto bene per guarnire i cappelli. Stavo per ritornare in camera alla svelta, allorché mi sono fermato davanti a Luisa e, guardandola fissa, le ho strappato una gala in fondo al vestito. Non l'avessi mai fatto!... È diventata una furia, e mi ha dato uno schiaffo... - Ah, signorina!... - ho detto fra me e me. - Se sapesse che le ho preso i ritratti! - Le sorelle credono che le gote dei ragazzi sieno fatte apposta per essere schiaffeggiate... Se sapessero, invece, i pensieri disperati che ci vengono in mente quando fanno così!... Sono stato zitto, ma... a domani!

8 ottobre.

Ah, come mi sono divertito oggi a andare a trovare tutti gli originali delle fotografie che presi alle mie sorelle! Ho cominciato da Carlo Nelli, il padrone di quel bel negozio di mode che è nel Corso e che va vestito sempre tutto per l'appunto, e che cammina sempre in punta di piedi perché ha le scarpe troppo strette, il quale appena mi ha visto entrare mi ha detto: - Oh, Giannino, sei guarito bene? - Io gli ho detto di sì, e poi ho risposto per bene a tutte le domande che mi faceva; ed egli mi ha regalato una bella cravatta tutta rossa.

Io l'ho ringraziato come era mio dovere, e siccome lui ha cominciato a rivolgermi delle interrogazioni sulle mie sorelle, io ho creduto bene che quello fosse il momento buono per tirar fuori la fotografia. Sotto c'era scritto a penna: vecchio gommeux; ma non so che cosa volesse dire. Di più gli erano stati allungati i baffi e allargata la bocca fino alle orecchie. Lui nel vedere il suo ritratto ridotto a quel modo, è diventato rosso come un peperone e ha detto subito: - Ah! sei stato tu, eh, brutto birbante? - Io gli ho risposto di no, che avevo trovato le fotografie a quel modo in camera delle mie sorelle, e sono scappato via perché aveva un viso da far paura, e poi non volevo più perder tempo con lui a dargli altre spiegazioni, avendo da distribuire le altre fotografie che avevo preso. Infatti sono andato subito in farmacia da Pietrino Masi. Come è brutto, povero Pietrino, con quei capellacci rossi e con quella faccia gialla tutta butterata! Ma lui non se lo figura nemmeno... - Buon giorno, Pietro, - gli ho detto. - O Giannino! - mi ha risposto. - E a casa stanno tutti bene? - Sì, e tanti saluti da tutti. - Lui allora ha tirato giù dallo scaffale un bel barattolo di vetro bianco e mi ha detto: - Che ti piacciono le pasticche di menta? E senza aspettare che gli rispondessi, me ne ha date una manciata di tutti i colori. È proprio vero che i ragazzi che hanno la fortuna d'avere delle sorelle simpatiche ricevono sempre mille attenzioni dai giovanotti! Io ho preso tutte le pasticche, poi ho tirato fuori la fotografia, e facendogli l'occhio pio, gli ho detto: - Guarda qui: l'ho trovata in casa stamani. - Fammi vedere! - E Pietrino Masi ha steso la mano, ma io non gli volevo dare il ritratto a nessun costo; però lui me l'ha preso per forza, e così ha potuto leggere quel che c'era scritto di dietro col lapis blù. “Ha chiesto la mia mano, ma fossi minchiona!” Pietrino è diventato bianco come questo foglio, e lì per lì credevo perfino che gli venisse uno svenimento. Ma invece ha detto digrignando i denti: - È una vergogna che le tue sorelle piglino così in giro le persone per bene, hai capito? - Benché io avessi capito benissimo, lui per spiegarmelo meglio ha alzato una gamba per appiccicarmi un calcio, ma io ho fatto una cilecca e ho infilato svelto svelto la porta, e mi c'è entrato anche di pigliare un'altra manciata di pasticche di menta che erano rimaste sparse sul banco. E sono andato da Ugo Bellini.

Ugo Bellini è un avvocato giovanissimo: avrà ventitré anni, e stava nello studio insieme al suo babbo, che è avvocato anche lui, ma di quelli bravi, in Via Vittorio Emanuele al numero 18. Ugo, a vederlo camminare, par che sia chi sa chi; va via tutto impettito, col naso per aria, e quando discorre ha una voce da basso profondo, che pare se la faccia venir su dalle suola delle scarpe. È proprio buffo, e le mie sorelle hanno ragione; ma io, nel presentarmi a lui, avevo un po' di tremarella, perché è un tipo che non vuole scherzi. Mi sono affacciato all'uscio e gli ho detto: - Scusi, sta qui il Vecchio Silva Stendere? - Ma che hai? - ha risposto. - Ecco, ho qui una fotografia per lui! - E gli ho consegnato il suo ritratto sotto il quale era scritto: Pare il Vecchio Silva Stendere! Come è buffo! Ugo Bellini l'ha preso, e io via, di corsa! Gli deve aver fatto un grande effetto; perché, mentre scendevo le scale, l'ho sentito urlare col suo vocione terribile: - Maleducate! Pettegole! Sguaiate! - Ah! Ma se seguitassi a scrivere tutte le scene di stamani, stasera non anderei più a letto! Che facce spaurite facevano tutti quei giovanotti appena avevano sott'occhio la loro fotografia, mentre io invece mi sentivo scoppiar dal ridere, vedendo tutte le smorfie che facevano! Ma quello che mi ha fatto ridere più di tutti è stato Gino Viani quando gli ho dato la sua fotografia dove in fondo era scritto: “Ritratto d'un ciuco”. Poveretto! Gli son venute le lacrime agli occhi e ha detto con un filo di voce: - La mia vita è spezzata! - Ma non era vero niente, perché se gli si fosse spezzata la vita non avrebbe potuto camminare in su e in giù per la stanza come faceva, borbottando una quantità di parole senza senso comune.