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Il giornalino di Gian Burrasca - Vamba, Capitolo 1

Capitolo 1

Luna piena. Mercoledì 20 settembre. Sant'Eustachio soldato. 1870: entrata delle truppe italiane in Roma. 1897: nascita di Giannino.

Ecco fatto. Ho voluto ricopiare qui in questo mio giornalino il foglietto del calendario d'oggi, che segna l'entrata delle truppe italiane in Roma e che è anche il giorno che sono nato io, come ci ho scritto sotto, perché gli amici che vengono in casa si ricordino di farmi il regalo. Ecco intanto la nota dei regali avuti finora: 1. Una bella pistola da tirare al bersaglio che mi ha dato il babbo; 2. Un vestito a quadrettini che mi ha dato mia sorella Ada, ma di questo non me ne importa nulla, perché non è un balocco; 3. Una stupenda canna da pescare con la lenza e tutto l'occorrente e che si smonta e diventa un bastone che mi ha dato mia sorella Virginia, e questo è il regalo che mi ci voleva, perché io vado matto per la pesca; 4. Un astuccio con tutto l'occorrente per scrivere, e con un magnifico lapis rosso e blù, regalatomi da mia sorella Luisa; 5. Questo giornalino che mi ha regalato la mamma e che è il migliore di tutti. Ah sì! La mia buona mamma me ne ha fatto uno proprio bello, dandomi questo giornalino perché ci scriva i miei pensieri e quello che mi succede. Che bel libro, con la rilegatura di tela verde e tutte le pagine bianche che non so davvero come farò a riempire! Ed era tanto che mi struggevo di avere un giornalino mio, dove scriverci le mie memorie, come quello che hanno le mie sorelle Ada, Luisa e Virginia che tutte le sere prima d'andare a letto, coi capelli sulle spalle e mezze spogliate, stanno a scrivere delle ore intere. Non so davvero dove trovino tante cose da scrivere, quelle ragazze! Io, invece, non so più che cosa dire; e allora come farò a riempire tutte le tue pagine bianche, mio caro giornalino? Mi aiuterò con la mia facilità di disegnare, e farò qui il mio ritratto come sono ora all'età di nove anni finiti. Però in un giornalino bello come questo, bisognerebbe metterci dei pensieri, delle riflessioni... Mi viene un'idea! Se ricopiassi qui un po' del giornalino di Ada che giusto è fuori insieme alla mamma a far delle visite? Ecco qui: sono andato su in camera di Ada, ho aperto la cassetta della sua scrivania, le ho preso il suo giornale di memorie, e ora posso copiare in pace. "Oh, se quel vecchiaccio del Capitani non tornasse più! ed invece, è venuto anche stasera. È impossibile! non mi piace! Non mi piace, e non mi piacerà mai, mai... La mamma ha detto che è molto ricco; e che se mi chiedesse in moglie, dovrei sposarlo. Non è una crudeltà, questa? Povero cuore mio! Perché ti mettono a tali torture?! Egli ha certe mani grandi e rosse, e col babbo non sa parlare d'altro che di vino e di olio, di campi, di contadini e di bestie; e se lo avessi veduto, almeno una volta vestito a modo... Oh, se questa storia finisse! Se non tornasse più! Mi metterei l'anima in pace... Iersera, mentre l'accompagnavo all'uscio, ed eravamo soli nella stanza d'ingresso, voleva baciarmi la mano; ma io fui pronta a scappare, e rimase con un palmo di naso... Ah no! Io amo il mio caro Alberto De Rienzis. Che peccato che Alberto non sia altro che un misero impiegatuccio... Mi fa continuamente delle scenate, e io non ne posso più! Che delusione! Che delusione è la vita... Mi sento proprio infelice!!!..." E ora basta, perché ho empito due pagine. Ti riapro prima d'andare a letto, giornalino mio, perché stasera m'è successo un affare serio. Verso le otto, come al solito, è venuto il signor Adolfo Capitani. È un coso vecchio, brutto, grosso grosso e rosso... Le mie sorelle hanno proprio ragione di canzonarlo! Dunque io ero in salotto col mio giornalino in mano, quando ad un tratto lui mi dice con quella sua vociaccia di gatto scorticato: - Cosa legge di bello il nostro Giannino? - Io, naturalmente, gli ho dato subito il mio libro di memorie, ed egli si è messo a leggerlo forte, davanti a tutti. Da principio la mamma e le mie sorelle ridevano come matte. Ma appena ha incominciato a leggere il pezzo che ho copiato dal giornalino di Ada, questa si è messa a urlare e faceva di tutto per strapparglielo di mano, ma lui duro; ha voluto arrivar fino in fondo, e poi serio serio mi ha detto: - Perché hai scritto tutte queste sciocchezze? Io gli ho risposto che non potevano essere sciocchezze, perché le aveva scritte nel suo libro di memorie Ada, che è la mia sorella maggiore, e perciò ha più giudizio di me e sa quello che dice. Appena detto questo, il signor Capitani si è alzato serio serio, ha preso il cappello e se n'è andato via senza salutare nessuno. Bella educazione! E allora la mamma, invece di pigliarsela con lui, se l'è presa con me, gridando e minacciando, e quella stupida di Ada si è messa a piangere come una fontana! Andate a far del bene alle sorelle maggiori! Basta! Sarà meglio andare a letto. Ma intanto son contento perché ho potuto empire tre pagine zeppe del mio caro giornalino!

21 settembre.

Son proprio nato disgraziato! In casa non mi possono più soffrire, e tutti non fanno altro che dire che per colpa mia è andato all'aria un matrimonio che per i tempi che corrono era una gran fortuna, che un marito come il signor Capitani, con ventimila lire di rendita, non si trova tutti i giorni, che Ada sarà condannata a restare zittella tutta la vita come la zia Bettina, e via e dàlli, una quantità di storie che non finiscono mai. Io vorrei sapere che gran male ho fatto alla fin fine, per copiare un pensiero dallo scartafaccio di mia sorella! Oh! ma da ora in avanti, o bene o male, giuro che il giornalino lo scriverò tutto da me, perché queste scempiaggini delle mie sorelle mi dànno ai nervi.

Dopo il fatto di ieri sera, pareva che stamani fosse successa a casa una gran disgrazia. Era già sonato da un bel pezzo mezzogiorno, e non c'era nemmeno l'idea di mettersi a tavola a far colazione come gli altri giorni. Io non ne potevo più dalla fame; zitto zitto sono andato in salotto da pranzo, ho preso dalla credenza tre panini, un bel grappolo d'uva, un'infinità di fichi dottati, e con la lenza sotto il braccio mi sono avviato verso il fiume per mangiare in pace. Dopo mi son messo a pescare, e non pensavo che ad acchiappare i pesciolini, quando ad un tratto, ho sentito dare uno strappone alla canna che reggevo in mano; forse mi sarò proteso un po' troppo in avanti, perché... giù, pùnfete! sono cascato nell'acqua! Pare incredibile: ma in quel momento non ho potuto fare a meno di pensare fra me e me: - Ecco, i miei genitori e le mie sorelle saranno contenti ora di non avermi più tra i piedi! Ora non diranno più che son la rovina della casa! Non mi chiameranno più Gian Burrasca di soprannome, che mi fa tanta rabbia! - Affondavo giù giù nell'acqua, e non capivo più nulla, quando mi son sentito tirar su da due braccia d'acciaio. Ho respirato a pieni polmoni l'aria fresca di settembre, e subito, sentendomi meglio, ho domandato al barcaiuolo che mi teneva in collo, se aveva pensato di mettere in salvo anche la mia povera lenza! Non so perché la mia mamma abbia pianto tanto, quando Gigi mi ha riportato a casa fradicio mézzo. Io stavo benissimo e glielo dicevo, ma le mie parole erano dette al vento, perché le lacrime della mamma pareva che non finissero mai. Come ero contento di essere cascato nel fiume, e di avere corso rischio di affogare! Se no, non avrei avuto tanti complimenti, né tutte quelle moine. Luisa mi ha messo subito a letto; Ada mi ha portato una tazza di brodo caldo bollente; e tutti, anche le persone di servizio, sono stati intorno a me, fino all'ora di andare a desinare. Poi, lasciandomi così infagottato nelle coperte, da farmi davvero morire di soffocazione, sono andati giù, raccomandandomi di star buono e di non muovermi. Ma era possibile questo, per un ragazzo della mia età? Che cosa ho fatto appena son rimasto solo? Mi sono levato, ho tirato fuori dall'armadio il mio vestitino buono a quadrettini, mi son vestito, e scendendo pian piano le scale per non farmi sentire, sono andato a nascondermi sotto la tenda della finestra, in salotto. Se mi avessero scoperto, quante gridate avrei avuto!... Non so come sia andata che mi sono addormentato quasi subito; forse avevo sonno, o ero stanco. Il fatto è, che dopo una buona dormita, ho aperto gli occhi; e da una fessura della tenda ho veduto Luisa seduta sul sofà, accanto al dottor Collalto, che chiacchieravano a voce bassa. Virginia strimpellava il piano, in un angolo della stanza. Ada non c'era; era andata certo a letto, perché sapeva che il Capitani non veniva. - Ci vorrà almeno un anno - diceva lui. - Il dottor Baldi, sai, comincia a diventar vecchio, e mi ha promesso di prendermi come suo aiuto. Ti dispiace di aspettare, amor mio? - Oh no: e a te? - ha risposto Luisa, e tutt'e due si son messi a ridere. - Ma non lo dire ancora a nessuno, - ha continuato lui. - Prima di dichiararci fidanzati in pubblico, voglio avere una posizione sicura... - Oh ti pare? sarebbe una sciocchezza... - Mia sorella aveva appena finito di dire così, che si alzò a un tratto, attraversò il salotto e si mise a sedere lontana dal dottor Collalto. In quel momento appunto entravano nella stanza le Mannelli.

Tutti non facevano che domandare con grande interesse come stava il povero Giannino, quando la mamma si precipita in salotto, con un viso bianco da far paura, urlando che ero scappato dal letto, che mi aveva cercato dappertutto, ma che non mi aveva potuto trovare. Allora, perché non si affannasse di più, che cosa fo io? esco dal nascondiglio cacciando un grande urlo. Che paura hanno avuto tutti ! - Giannino, Giannino! - si lamentava la mamma piangendo - mi farai ammalare... - Come! Sei stato tutto questo tempo dietro la tenda? - mi ha domandato Luisa, facendosi di mille colori. - Certo: mi predicate sempre di dire la verità; e allora, perché non dite alle vostre amiche che siete promessi sposi? - ho risposto rivolgendomi a lei e al dottore. Mia sorella mi ha preso per un braccio, trascinandomi fuori della stanza, - Lasciami! Lasciami! - gridavo. - Vado da me solo. Perché ti sei rizzata in piedi quando hai sentito toccare il campanello? Collalto... - ma non ho potuto finire la frase, perché Luisa mi ha tappato la bocca, sbatacchiando l'uscio. - Avrei una gran voglia di bastonarti, - e cominciava a piangere. Collalto non te la perdonerà più - e singhiozzava, singhiozzava, poverina, come se avesse perduto il più gran tesoro del mondo. - Smetti di piangere, sorellina mia, - io le dicevo. - Ti pare che sarei venuto fuori dalla tenda senza dir nulla, se sapevo che il dottore è tanto pauroso? - In quella è venuta la mamma che mi ha riportato a letto, raccomandando a Caterina di non lasciarmi finché non fossi bene addormentato. Ma come avrei potuto dormire, giornalino mio caro, senza prima confidarti tutte le peripezie della giornata? Caterina non ne può più dal sonno, e ogni volta che sbadiglia, pare che la testa le debba cascare giù dal collo. Addio, giornalino, addio per stasera.


Capitolo 1 Kapitel 1 Κεφάλαιο 1 Chapter 1 Capítulo 1

Luna piena. Mercoledì 20 settembre. Sant'Eustachio soldato. 1870: entrata delle truppe italiane in Roma. 1897: nascita di Giannino.

Ecco fatto. Ho voluto ricopiare qui in questo mio giornalino il foglietto del calendario d'oggi, che segna l'entrata delle truppe italiane in Roma e che è anche il giorno che sono nato io, come ci ho scritto sotto, perché gli amici che vengono in casa si ricordino di farmi il regalo. Ecco intanto la nota dei regali avuti finora: 1\\. Una bella pistola da tirare al bersaglio che mi ha dato il babbo; 2\\. Un vestito a quadrettini che mi ha dato mia sorella Ada, ma di questo non me ne importa nulla, perché non è un balocco; 3\\. Una stupenda canna da pescare con la lenza e tutto l'occorrente e che si smonta e diventa un bastone che mi ha dato mia sorella Virginia, e questo è il regalo che mi ci voleva, perché io vado matto per la pesca; 4\\. Un astuccio con tutto l'occorrente per scrivere, e con un magnifico lapis rosso e blù, regalatomi da mia sorella Luisa; 5\\. Questo giornalino che mi ha regalato la mamma e che è il migliore di tutti. Ah sì! La mia buona mamma me ne ha fatto uno proprio bello, dandomi questo giornalino perché ci scriva i miei pensieri e quello che mi succede. Che bel libro, con la rilegatura di tela verde e tutte le pagine bianche che non so davvero come farò a riempire! Ed era tanto che mi struggevo di avere un giornalino mio, dove scriverci le mie memorie, come quello che hanno le mie sorelle Ada, Luisa e Virginia che tutte le sere prima d'andare a letto, coi capelli sulle spalle e mezze spogliate, stanno a scrivere delle ore intere. Non so davvero dove trovino tante cose da scrivere, quelle ragazze! Io, invece, non so più che cosa dire; e allora come farò a riempire tutte le tue pagine bianche, mio caro giornalino? Mi aiuterò con la mia facilità di disegnare, e farò qui il mio ritratto come sono ora all'età di nove anni finiti. Però in un giornalino bello come questo, bisognerebbe metterci dei pensieri, delle riflessioni... Mi viene un'idea! Se ricopiassi qui un po' del giornalino di Ada che giusto è fuori insieme alla mamma a far delle visite? Ecco qui: sono andato su in camera di Ada, ho aperto la cassetta della sua scrivania, le ho preso il suo giornale di memorie, e ora posso copiare in pace. "Oh, se quel vecchiaccio del Capitani non tornasse più! ed invece, è venuto anche stasera. È impossibile! non mi piace! Non mi piace, e non mi piacerà mai, mai... La mamma ha detto che è molto ricco; e che se mi chiedesse in moglie, dovrei sposarlo. Non è una crudeltà, questa? Povero cuore mio! Perché ti mettono a tali torture?! Egli ha certe mani grandi e rosse, e col babbo non sa parlare d'altro che di vino e di olio, di campi, di contadini e di bestie; e se lo avessi veduto, almeno una volta vestito a modo... Oh, se questa storia finisse! Se non tornasse più! Mi metterei l'anima in pace... Iersera, mentre l'accompagnavo all'uscio, ed eravamo soli nella stanza d'ingresso, voleva baciarmi la mano; ma io fui pronta a scappare, e rimase con un palmo di naso... Ah no! Io amo il mio caro Alberto De Rienzis. Che peccato che Alberto non sia altro che un misero impiegatuccio... Mi fa continuamente delle scenate, e io non ne posso più! Che delusione! Che delusione è la vita... Mi sento proprio infelice!!!..." E ora basta, perché ho empito due pagine. Ti riapro prima d'andare a letto, giornalino mio, perché stasera m'è successo un affare serio. Verso le otto, come al solito, è venuto il signor Adolfo Capitani. È un coso vecchio, brutto, grosso grosso e rosso... Le mie sorelle hanno proprio ragione di canzonarlo! Dunque io ero in salotto col mio giornalino in mano, quando ad un tratto lui mi dice con quella sua vociaccia di gatto scorticato: - Cosa legge di bello il nostro Giannino? - Io, naturalmente, gli ho dato subito il mio libro di memorie, ed egli si è messo a leggerlo forte, davanti a tutti. Da principio la mamma e le mie sorelle ridevano come matte. Ma appena ha incominciato a leggere il pezzo che ho copiato dal giornalino di Ada, questa si è messa a urlare e faceva di tutto per strapparglielo di mano, ma lui duro; ha voluto arrivar fino in fondo, e poi serio serio mi ha detto: - Perché hai scritto tutte queste sciocchezze? Io gli ho risposto che non potevano essere sciocchezze, perché le aveva scritte nel suo libro di memorie Ada, che è la mia sorella maggiore, e perciò ha più giudizio di me e sa quello che dice. Appena detto questo, il signor Capitani si è alzato serio serio, ha preso il cappello e se n'è andato via senza salutare nessuno. Bella educazione! E allora la mamma, invece di pigliarsela con lui, se l'è presa con me, gridando e minacciando, e quella stupida di Ada si è messa a piangere come una fontana! Andate a far del bene alle sorelle maggiori! Basta! Sarà meglio andare a letto. Ma intanto son contento perché ho potuto empire tre pagine zeppe del mio caro giornalino!

21 settembre.

Son proprio nato disgraziato! In casa non mi possono più soffrire, e tutti non fanno altro che dire che per colpa mia è andato all'aria un matrimonio che per i tempi che corrono era una gran fortuna, che un marito come il signor Capitani, con ventimila lire di rendita, non si trova tutti i giorni, che Ada sarà condannata a restare zittella tutta la vita come la zia Bettina, e via e dàlli, una quantità di storie che non finiscono mai. Io vorrei sapere che gran male ho fatto alla fin fine, per copiare un pensiero dallo scartafaccio di mia sorella! Oh! ma da ora in avanti, o bene o male, giuro che il giornalino lo scriverò tutto da me, perché queste scempiaggini delle mie sorelle mi dànno ai nervi.

Dopo il fatto di ieri sera, pareva che stamani fosse successa a casa una gran disgrazia. Era già sonato da un bel pezzo mezzogiorno, e non c'era nemmeno l'idea di mettersi a tavola a far colazione come gli altri giorni. Io non ne potevo più dalla fame; zitto zitto sono andato in salotto da pranzo, ho preso dalla credenza tre panini, un bel grappolo d'uva, un'infinità di fichi dottati, e con la lenza sotto il braccio mi sono avviato verso il fiume per mangiare in pace. Dopo mi son messo a pescare, e non pensavo che ad acchiappare i pesciolini, quando ad un tratto, ho sentito dare uno strappone alla canna che reggevo in mano; forse mi sarò proteso un po' troppo in avanti, perché... giù, pùnfete! sono cascato nell'acqua! Pare incredibile: ma in quel momento non ho potuto fare a meno di pensare fra me e me: - Ecco, i miei genitori e le mie sorelle saranno contenti ora di non avermi più tra i piedi! Ora non diranno più che son la rovina della casa! Non mi chiameranno più Gian Burrasca di soprannome, che mi fa tanta rabbia! - Affondavo giù giù nell'acqua, e non capivo più nulla, quando mi son sentito tirar su da due braccia d'acciaio. Ho respirato a pieni polmoni l'aria fresca di settembre, e subito, sentendomi meglio, ho domandato al barcaiuolo che mi teneva in collo, se aveva pensato di mettere in salvo anche la mia povera lenza! Non so perché la mia mamma abbia pianto tanto, quando Gigi mi ha riportato a casa fradicio mézzo. Io stavo benissimo e glielo dicevo, ma le mie parole erano dette al vento, perché le lacrime della mamma pareva che non finissero mai. Come ero contento di essere cascato nel fiume, e di avere corso rischio di affogare! Se no, non avrei avuto tanti complimenti, né tutte quelle moine. Luisa mi ha messo subito a letto; Ada mi ha portato una tazza di brodo caldo bollente; e tutti, anche le persone di servizio, sono stati intorno a me, fino all'ora di andare a desinare. Poi, lasciandomi così infagottato nelle coperte, da farmi davvero morire di soffocazione, sono andati giù, raccomandandomi di star buono e di non muovermi. Ma era possibile questo, per un ragazzo della mia età? Che cosa ho fatto appena son rimasto solo? Mi sono levato, ho tirato fuori dall'armadio il mio vestitino buono a quadrettini, mi son vestito, e scendendo pian piano le scale per non farmi sentire, sono andato a nascondermi sotto la tenda della finestra, in salotto. Se mi avessero scoperto, quante gridate avrei avuto!... Non so come sia andata che mi sono addormentato quasi subito; forse avevo sonno, o ero stanco. Il fatto è, che dopo una buona dormita, ho aperto gli occhi; e da una fessura della tenda ho veduto Luisa seduta sul sofà, accanto al dottor Collalto, che chiacchieravano a voce bassa. Virginia strimpellava il piano, in un angolo della stanza. Ada non c'era; era andata certo a letto, perché sapeva che il Capitani non veniva. - Ci vorrà almeno un anno - diceva lui. - Il dottor Baldi, sai, comincia a diventar vecchio, e mi ha promesso di prendermi come suo aiuto. Ti dispiace di aspettare, amor mio? - Oh no: e a te? - ha risposto Luisa, e tutt'e due si son messi a ridere. - Ma non lo dire ancora a nessuno, - ha continuato lui. - Prima di dichiararci fidanzati in pubblico, voglio avere una posizione sicura... - Oh ti pare? sarebbe una sciocchezza... - Mia sorella aveva appena finito di dire così, che si alzò a un tratto, attraversò il salotto e si mise a sedere lontana dal dottor Collalto. In quel momento appunto entravano nella stanza le Mannelli.

Tutti non facevano che domandare con grande interesse come stava il povero Giannino, quando la mamma si precipita in salotto, con un viso bianco da far paura, urlando che ero scappato dal letto, che mi aveva cercato dappertutto, ma che non mi aveva potuto trovare. Allora, perché non si affannasse di più, che cosa fo io? esco dal nascondiglio cacciando un grande urlo. Che paura hanno avuto tutti ! - Giannino, Giannino! - si lamentava la mamma piangendo - mi farai ammalare... - Come! Sei stato tutto questo tempo dietro la tenda? - mi ha domandato Luisa, facendosi di mille colori. - Certo: mi predicate sempre di dire la verità; e allora, perché non dite alle vostre amiche che siete promessi sposi? - ho risposto rivolgendomi a lei e al dottore. Mia sorella mi ha preso per un braccio, trascinandomi fuori della stanza, - Lasciami! Lasciami! - gridavo. - Vado da me solo. Perché ti sei rizzata in piedi quando hai sentito toccare il campanello? Collalto... - ma non ho potuto finire la frase, perché Luisa mi ha tappato la bocca, sbatacchiando l'uscio. - Avrei una gran voglia di bastonarti, - e cominciava a piangere. Collalto non te la perdonerà più - e singhiozzava, singhiozzava, poverina, come se avesse perduto il più gran tesoro del mondo. - Smetti di piangere, sorellina mia, - io le dicevo. - Ti pare che sarei venuto fuori dalla tenda senza dir nulla, se sapevo che il dottore è tanto pauroso? - In quella è venuta la mamma che mi ha riportato a letto, raccomandando a Caterina di non lasciarmi finché non fossi bene addormentato. Ma come avrei potuto dormire, giornalino mio caro, senza prima confidarti tutte le peripezie della giornata? Caterina non ne può più dal sonno, e ogni volta che sbadiglia, pare che la testa le debba cascare giù dal collo. Addio, giornalino, addio per stasera.